Armi high tech italiane a Kiev: lista. Nuovi aiuti, Meloni preme gli alleati

Dai razzi ad alta tecnologia alle mitragliatrici: ecco tutte le armi mandate dall'Italia all'Ucraina. Ma sulla continuazione ci sono divisioni nel governo

Politica

Razzi ad alta tecnologia, cannoni e mitragliatrici: le armi italiane a Kiev

"MLRS: sono il sistema più avanzato in assoluto, versione potenziata dei celebri razzi Himars. Ogni semovente corazzato lancia 12 razzi, guidati sul bersaglio dalle coordinate gps. L’Italia ne donerà due". Repubblica fa il censimento delle armi ad alta tecnologia oppure di lungo corso che il nostro paese manda in Ucraina, mentre "tra Kiev e Roma comincia a rompersi la cortina del segreto che copre le forniture militari all’Ucraina, mostrando l’importanza del sostegno alla resistenza deciso dal governo Draghi".

Secondo Repubblica, si tratta di "un contributo rilevante soprattutto dal punto di vista tecnologico, perché sono stati donati i due sistemi bellici più potenti e più moderni in assoluto. Si tratta dei semoventi Mlrs e Pzh2000, decisivi per permettere alle truppe ucraine di surclassare l’artiglieria russa. Dietro le sigle tecniche infatti ci sono i mezzi migliori in dotazione al nostro Esercito e alle forze Nato". Di MLRS l'Italia ne possiede in tutto 12.

Per proseguire l'invio Meloni dovrà vincere le resistenze di Lega e Fi

Come scrive Repubblica, ci sono poi gli obici da 155 millimetri consegnati già a fine primavera. "Gli ucraini li hanno impiegati nell’offensiva per liberare la regione di Kharkiv e nei duelli con i cannoni russi nel Donbass". Ma sempre Repubblica chiarisce che "adesso tocca all’esecutivo Meloni stabilire i passi concreti per proseguire o meno su questa linea". Sì, perché per il quotidiano diretto da Maurizio Molinari ci sarebbero alcune divisioni nell'esecutivo. 

Come scrive Repubblica, "a fine anno scade il decreto legge che dà copertura all’invio delle armi, adottato da Mario Draghi dopo il via libera politico data dal Parlamento con una risoluzione. Per confermare la linea del sostegno all’Ucraina anche nel 2023 servirà dunque un’altra risoluzione, un nuovo voto parlamentare, da tradurre poi in una norma che proroghi il decreto in scadenza o in un nuovo decreto. Un passaggio non facile. Che potrebbe tramutare in dissenso quei distinguo che solcano la Lega e (più sottotraccia) FI".

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