Russiagate, nuove ombre sul caso Barr su Conte: "Il governo forzò le regole"

Continua a far discutere la vicenda del procuratore generale Usa e il suo incontro con gli 007 italiani durante il governo Conte

Politica
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"Conte decise di forzare le regole su Barr"

Il Russiagate non si chiude mai. La vicenda legata alle visite italiane dell'ex procuratore generale degli Stati Uniti, William Barr, continua a proiettare qualche ombra sull'ex governo Conte e in particolare sullo stesso ex premier. Ne scrive oggi Repubblica, che sostiene come "la decisione di forzare le regole sul caso Barr era stata presa da Giuseppe Conte, nonostante le resistenze del ministero degli Esteri e dei capi delle due agenzie Aise e Aisi".

È la conclusione a cui porta la ricostruzione dei fatti di Repubblica, "che dovrebbe spingere il Copasir a riaprire l’indagine, nonostante il presidente Urso abbia in programma una visita a Washington in giugno", sostiene il quotidiano. Ecco la ricostruzione che fa Repubblica della vicenda: "L’Attorney General aveva contattato l’ambasciatore Armando Varricchio, per spiegare il “Russiagate” e chiedere un incontro con i servizi, insieme al procuratore John Durham. Varricchio aveva informato il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, ma la Farnesina aveva frenato, perché riteneva che la richiesta dovesse passare dal ministero della Giustizia. L’ambasciatore allora aveva informato Palazzo Chigi e Conte aveva deciso di occuparsi del caso, affidandolo al direttore del Dis Gennaro Vecchione, che lui aveva nominato. Così si era arrivati alla visita di Barr a Roma il 15 agosto, seguita dalla cena al ristorante Casa Coppelle. Quando il 27 settembre era tornato in Italia, per raccogliere le informazioni richieste a Ferragosto, Vecchione aveva chiesto ai direttori di Aise e Aisi, Luciano Carta e Mario Parente, di partecipare. Entrambi si erano opposti, perché ritenevano che il canale seguito non fosse corretto, e allora il capo del Dis aveva emesso un ordine scritto per obbligarli a venire. Carta e Parente avevano obbedito, ma si erano limitati a dire che non avevano nulla da aggiungere".

Prosegue Repubblica: "L’ex premier dice di non aver mai incontrato Barr, ma per confermarlo bisognerebbe quanto meno appurare l’agenda dell’Attorney General nella visita di settembre, quando in base ai documenti ufficiali del suo Dipartimento era partito per Roma alle 7 del mattino del 26 ed era andato via alle 10 del 28. Davvero aveva passato circa 36 ore nella capitale solo per vedere Vecchione? Conte dice che non sapeva della cena a Casa Coppelle e Vecchione ha spiegato che era solo cortesia istituzionale. Anche ammesso che sia così, resta una prassi assai singolare per i professionisti dell’intelligence".

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