Consiglio Ue, dai migranti all'asse franco-tedesco: Meloni ago della bilancia

Meloni fa da "mediatore" tra Ungheria e Polonia e nelle prossime elezioni europee non è scontato preconizzare una posizione di ancora maggiore autorevolezza

di Federica Rossi
Giorgia Meloni al Consiglio Europeo a Bruxelles
Politica

Consiglio europeo e la strategia della premier Meloni su migranti (e non solo). Analisi 

Polonia e Ungheria ci hanno provato fino all’ultimo, nella prima giornata del Consiglio europeo, a rimettere in discussione l’accordo sulla migrazione raggiunto l’8 giugno scorso a Lussemburgo dai ministri dell’Interno a maggioranza qualificata. La opposizione dei due paesi dell’est che da tempo sono quelli che devono sopportare gran parte del peso delle migrazioni da paesi come Siria ed adesso Ucraina, che appartengono senza dubbio alla tipologia dei rifugiati di guerra.

La loro posizione quindi non può che restare di attenzione verso atteggiamenti spesso mutevoli e poco responsabili da parte di altri paesi europei in tema di migranti. Senza contare poi il fatto che da tempo Polonia e soprattutto Ungheria vengono spesso messi all’indice dall’europa per una supposta scarsa tolleranza nel gestire libertà, diritti civili e principi democratici dei propri cittadini. I due paesi non accettano la politica di ricollocamenti decisa dall’Europa, che prevede anche il pagamento di ventimila euro in caso di rifiuto.

Era comprensibile e atteso il no dei due paesi, anche perché già annunciato. Giorgia Meloni ha provato fino all’ultimo a mediare, incontrando, di prima mattina, presso la nostra delegazione a Bruxelles, sia Orban che l’amico Morawiecki. Obiettivamente l’impresa appariva al limite dell’impossibile, e il risultato non è stato soddisfacente, ma il fatto che proprio lei si sia presa in carico questa delicato compito, apre certamente il discorso sul nuovo ruolo che il nostro paese sta assumendo in Europa, dopo decenni in cui, inutile nasconderci dietro ad un dito, il nostro paese era relegato ad un ruolo di poco più che comparsa.

Le vere decisioni erano prese seguendo quello che veniva deciso dall’asse franco-tedesco ( che raramente si riusciva a spezzare su qualche singola decisione) e per gli altri restava solo qualche contentino, giusto per non sfigurare troppo al proprio ritorno in Italia. Il siparietto di Conte che cerca di rassicurare una Merkel, che non si capisce se più incredula o divertita, sulle contorsioni della sua litigiosa maggioranza giallo verde. Una scena da operetta di cui il nostro paese può e deve tranquillamente farne a meno.

Adesso è assolutamente incontrovertibile che in questi primi otto mesi di politica internazionale più che convincente da parte della premier, il nostro paese, grazie anche ad una evidente incrinatura dell’asse franco tedesco, mai così debole come in questo momento, sta assumendo un ruolo certamente determinante. Durante il Consiglio si è espressamente citato l’esempio positivo degli accordi raggiunti da Meloni nel suo recente viaggio in Tunisia.

Il piano Mattei è apprezzato dal cancelliere tedesco Olaf Scholz, che proprio sui migranti sta perdendo consensi a iosa proprio in favore degli estremisti di destra di Afd, che ormai vengono dati stabilmente sopra il 20% da tutti i sondaggi. Ma anche lo stesso Macron ( anche in maniera meno evidente del suo omologo tedesco) l’olandese Rutte e soprattutto la presidente della commissione Von der Leyen incoraggiano la premier a proseguire su questo piano.

E fa specie proprio il nuovo rapporto creatosi con l’olandese Rutte ( che potrebbe essere secondo alcuni interessante anche in futura chiave elettorale alle prossime europee, dal momento che Rutte fa parte dei liberali di Renew, che sono alla finestra sul tema alleanze elettorali), mai così cordiale forse, come ora, nei confronti di un nostro premier. Ed ora il suo rapporto “ privilegiato” con Ungheria e soprattutto Polonia, il partito del premier Morawiecki fa parte dell’Ecr in Europa di cui la Meloni è stata pochi giorni fa confermata presidente, potrebbe certamente aiutare ad aumentare il suo peso negoziale e la sua leadership a livello europeo.

Il fatto che lei Mercoledì prossimo sia proprio a Varsavia da Morawiecki ( con una delegazione di eurodeputati tra cui il copresidente del gruppo Nicola Procaccini e il capo delegazione Carlo Fidanza) fa supporre che la trattativa con la Polonia continuerà in quell’occasione e in futuro per cercare quella mediazione, che adesso sembra lontana, ma che potrebbe diventare presto raggiungibile, anche in vista proprio del prossimo appuntamento elettorale europeo, che potrebbe cambiare gli equilibri in Europa e che potrebbe, in vista di un ambizioso progetto, far scendere a più miti consigli, anche gli ostici leader di Polonia ed Ungheria. Fa sorridere allora la retorica di sinistra e media italiani, che da mesi imputano il rapporto stretto della Meloni con polacchi ed ungheresi come una grande macchia, un abominio ed un disonore verso l’Europa.

Anche se almeno per quanto riguarda la Polonia non sembra che la pensino allo stesso modo, persino gli Stati Uniti del democratico Joe Biden, che da mesi ormai considerano proprio Morawiecki, come uno dei partner più strategici ed affidabili dell’intera Europa. Ecco allora che adesso di fronte alla Meloni si pongono delle sfide delicatissime ma che la rendono senza dubbio uno degli assi di questa nuova Europa, rimasta orfana dalla leadership della Merkel. ed ancora alla ricerca di una persona autorevole ed affidabile. Giorgia Meloni sta certamente muovendosi in Europa molto meglio dei suoi omologhi Schola e Macron, alle prese con grandi problemi interni e con una scarsa autorevolezza ormai nelle loro grigie leadership. Le prossime elezioni europee potrebbero regalare una nuova maggioranza in parlamento e a quel punto non è affatto esagerato preconizzare per la Meloni una posizione di ancora maggiore autorevolezza anche tra i grandi d’’Europa.

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