Conte uomo del Pd, Schlein barricadera M5s: a sinistra si scambiano i ruoli

Le continue batoste elettorali mettono in crisi dem e grillini: Giuseppe Conte sempre più vicino al Pd, mentre Elly Schlein si atteggia da pentastellata

Di Giuseppe Vatinno
Giuseppe Conte Elly Schlein
Politica

Non solo grane a destra, anche a sinistra non se la passano bene: ecco perchè 

Il centro – destra è alle prese con le inevitabili tensioni in vista delle Europee 2024 ma il centro – sinistra non se la passa certo bene. Se Atene piange Sparta non ride. Il Partito democratico è infatti alle prese con una formidabile serie di batoste elettorali che hanno avuto inizio nello scorso settembre quando c’era ancora Enrico Letta, ora scomparso dai radar e che sono poi proseguite con il cambio di guida. Ora c’è Elly Schlein ma un anno pare proprio passato inutilmente visti i risultati elettorali incontrovertibili.

Ma dal punto di vista delle dinamiche interne si avverte una sorta di distorsione cognitiva nel comportamento dei due leader anche se l’obiettivo comune sarebbe quello del cosiddetto “campo largo” di zingarettiana memoria ora ripresentato come “campo semi – largo” per maggiore coerenza filologica.

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Resta il fatto è che il Pd e il Movimento Cinque Stelle, che prima si odiavano con Grillo che li chiamava “Pdl –l”, sono in totale confusione e continuano a perdere colpi tanto fa far pensare: “Ma non è che questi hanno sbagliato tutto e in realtà la Schlein dovrebbe guidare il Movimento e Conte il Pd?”. 

In fondo è una deduzione che ha il pregio della logica e di una freschezza deduttiva fulminante. Giuseppe Conte che, ricordiamolo, esordì nel 2018 come Presidente del Consiglio governo giallo – verde come “avvocato del popolo”, proviene dal Pd, almeno come elettore come lui stesso ha confermato e c’è anche un aneddoto di Matteo Renzi esemplificativo in tal senso in una intervista velenosa concessa a Vanity Fair nel 2018: "Conte me lo ricordo – racconta Renzi - quando ci mandava i messaggini tutto contento e entusiasta delle riforme che facevamo, della Buona Scuola, del referendum. A suo tempo, nel 2015 aveva tutta un'altra posizione sullo sforzo riformatore del governo Renzi. È legittimo cambiare idea, specie se ti offrono incarichi importanti. Io penso che le idee valgano più delle poltrone".

Poi si sa come è andata. Seguì il governo Conte 2 giallo –rosso con il Pd durante la pandemia Covid ed infine si dovette arrendere a Draghi di cui si vendicò poco tempo dopo spedendolo a casa ma aprendo la strada alla vittoria di Giorgia Meloni nelle elezioni anticipate dello scorso settembre.

Come contraltare, Elly Schlein non è mai stata “organica” -in senso gramsciano- al Pd, anzi. Il suo è stato un rapporto ambiguo e tormentato con gli eredi del PCI. Adagiata in una posizione inconsueta tra Prodi e il movimentismo sardiniano, nell’aprile del 2013, dopo l’agguato teso dallo stesso Pd a Romano Prodi per il Quirinale, decide di fondare #OccupyPD in cui lei occupa personalmente le sedi del Partito democratico per dare voce alla componente movimentista e giovanile del partito. Di fatto sfruttandone l’esistenza per farsi conoscere.

Per ringraziarla delle sberle prese il Pd la manda prima a fare l’Europarlamentare e poi la Vicepresidente dell’Emilia – Romagna ed infine Deputata nel 2022. Giuseppe Conte, avvocato civilista di chiara fama, abilissimo tessitore di trame, ha fatto fuori nell’ordine: Matteo Salvini, Luigi Di Maio, Beppe Grillo e cadde per mano solo di Matteo Renzi che però andò a casa pure lui.

Conte è il classico “uomo Pd”, un progressista pronto però ad allearsi con il nemico pur di andare avanti e portare a compimento i propri progetti politici. La Schlein invece è la classica barricadera Cinque Stelle, si ricordi appunto l’occupazione fisica delle sedi del Pd, che porta avanti una sorta di “populismo rosso” confuso ed inconcludente che non c’entra nulla con la storia del Partito democratico, dei Ds e del Pci ma neanche con la Margherita di Francesco Rutelli, coi Popolari e con la Democrazia cristiana. Insomma forse sarebbe meglio che i due si invertissero i ruoli per il bene dei rispettivi partiti e degli elettori.

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