Armi all'Ucraina, “Serviva delibera esplicita Italia Paese pacifista"
Armi all'Ucraina, "la delibera Onu manca ancora, però le armi girano sulle piattaforme Nato"
Armi italiane all'Ucraina, il costituzionalista Celotto: “Serviva una delibera esplicita”. Intervista
L'Italia invierà all'Ucraina sistemi anticarro e antiaereo, mitragliatrici e mortai. E' la prima volta che il nostro Paese effettua un trasferimento diretto di armi, munizioni e materiale bellico, anche letale, ad un altro stato sovrano. Tant'è che in queste ore ci interroga sulla legittimità di tale decisione, poiché l'articolo 11 della Costituzione italiana dispone il ripudio della guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli” e di tenersi lontano dai conflitti anche “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Proviamo a fare chiarezza sul tema con il contributo del Professor Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale all'Università Roma Tre, già capo ufficio legislativo e capo di gabinetto dei ministri Emma Bonino, Roberto Calderoli, Fabrizio Barca, Carlo Trigilia, Federica Guidi e Giulia Grillo.
Professore, l'invio di armi letali all'Ucraina è in contrasto con l'articolo 11 della Costituzione?
“Inizialmente nella Costituzione era scritto 'l'Italia rinuncia alla guerra'. Poi si discusse in Assemblea Costituente per dire che serviva un verbo ancora più forte, perché non basta rinunciare e allontanarsi dalla guerra, ma bisogna dire proprio che l'Italia la ripudia e non può in nessun modo legittimarla. Il punto è che c'è una legge del 1990, la 185, che in linea di massima vieta l'esportazione e la vendita di armi letali e stabilisce che il tutto è soggetto ad autorizzazioni e controlli dello Stato. Ma lascia anche la possibilità al Consiglio dei Ministri, in accordo con la Nato e l'Onu, di prendere provvedimenti diversi".
Dunque la decisione del governo è stata presa in base a quest'ultima norma...
“Sì, per questo motivo ieri il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge. Ovviamente l'Italia ha degli obblighi internazionali verso i Paesi della Nato e quindi è mediante la Nato che invia queste armi. Però serviva un atto legislativo per derogare alla legge del 1990. E' una vecchia questione. Già 30-40 anni fa si cominciò a discutere se l'Italia potesse partecipare alle missioni di pace dell'Onu. Ci si chiedeva: la Costituzione dice che l'Italia ripudia la guerra e poi andiamo in Afghanistan? Ci puoi andare, ma con una delibera esplicita ed in linea alle decisioni internazionali”.
La delibera però in questo caso non c'è stata...
“In questo caso la delibera Onu manca ancora, però le armi girano sulle piattaforme Nato. In questo caso l'Italia le armi non le dà all'Ucraina, le dà alla Nato. E' un tema sicuramente delicatissimo, perché l'Italia è un Paese pacifista. Non c'è solo l'articolo 11 della Costituzione, ma anche l'articolo 52 che parla del sacro dovere di difendere la patria”.
Va anche detto che negli ultimi anni l'Italia ha intensificato la vendita delle armi a Paesi che non fanno parte dell'Unione Europea e della NATO, tra cui proprio la Russia.
“Questi sono discorsi di politica commerciale. Non si dovrebbe mai trattare di armi letali. Nel caso dell'Ucraina invece stiamo parlando di fornitura di armi letali a un Paese in guerra”.
Che cosa comporta la decisione del governo italiano di dichiarare lo stato di emergenza, fino al 31 dicembre 2022, in relazione alla crisi Ucraina?
“Non c'entra nulla con lo Stato di emergenza a cui purtroppo ci siamo abituati in questi ultimi due anni. Questo è uno stato di emergenza bellico, che riguarda la mobilitazione di forze, di truppe, la partecipazione ad accordi internazionali, l'invio di militari alla Nato. Dobbiamo ricordarci che lo stato di emergenza non è solo quello del Covid, ma può riguardare terremoti, alluvioni e anche una guerra accanto a casa nostra”.
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