Dai migranti alla religione, Papa Francesco è l'insospettato alleato di Meloni
Le parole dell’Angelus dal Papa sono le stesse che pronuncia la Meloni a Palazzo Chigi, solo qualche chilometro più in là. Analisi
Giorgia Meloni e il cattolicesimo, il rapporto della premier con la religione cristiana
Tutti ricordiamo il ritornello, “Sono Giorgia, sono una donna, sono cristiana…”. Cristiana e cattolica Giorgia lo è sicuramente ma che diventasse addirittura “franceschista” nel senso di seguace di Papa Francesco sicuramente meraviglia. Ma come vedremo, è una meraviglia solo superficiale.
Nella sua autobiografia forse troppo precoce (maggio 2021), e cioè “Io sono Giorgia” (Rizzoli), racconta la storia del suo costante (e complesso) rapporto con la religione. Racconta una storia di devozione che inizia con nonna Maria e i sabati pomeriggi passati con lei in una piccola Chiesa nel quartiere San Paolo, a Roma. Una chiesetta di periferia, ma consona alla devozione degli anziani.
Ma la vera svolta avviene con la parrocchia di San Filippo Neri alla Garbatella, con padre Guido Chiaravalli, “don Guido” per tutti gli abitanti. La sua fama si estendeva alla vicina Montagnola, terra asprigna confinante con la temibile Tor Marancia e lambiva i prati verdi e ben curati (allora) dell’EUR, peraltro un quartiere voluto dallo stesso Mussolini per l’Esposizione del 1942 che poi non si tenne a causa della guerra.
Lo definisce “un bergamasco piuttosto ruvido a all’occorrenza menava come un fabbro”, quindi una figura vicino a quel Don Camillo disegnato magistralmente da Giovannino Guareschi che passava il suo tempo a contrastare il sindaco comunista Peppone. Storie della Bassa, storie di fitte nebbie invernali e crudeli caldi estivi ma che poi si trovano un po’ in tutto lo Strapaese. Fu don Guido a imporre alla famiglia Meloni di battezzare le figlie già in età scolare.
Questo a causa del padre comunista ed “ateo impenitente” –come lei stessa lo definisce- che non voleva assolutamente, seguendo il dettato marxista. La sua devozione non è solo formale, diciamo così, ma Giorgia Meloni ha anche un Angelo custode di riferimento che ha anche un nome e a cui si riferisce costantemente. Il premier dice che “credo fermamente che gli angeli si manifestino con chiarezza nella vita di ciascuno di noi: “Basta saper ascoltare”. Intorno ai diciott’anni l’interesse per l’angiologia è così forte che comincia a collezionare statuette che infila ovunque.
Crescendo don Guido è sostituito dai Papi ed in una città come Roma il rapporto è strettissimo. Nel suo racconto il posto principale ce l’ha un “grandissimo uomo, un santo” e cioè Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla.
Racconta Giorgia che per lui pianse a piazza San Pietro il giorno della sua scomparsa. Certamente il ruolo anti-comunista del Papa polacco deve aver giocato un suo fascino, al di là della dottrina.
Ma anche un altro Papa è stato la guida della Meloni e cioè Benedetto XVI recentemente scomparso. Un Papa conservatore. E poi si arriva all’attuale pontefice, Papa Francesco. Di lui dice: “Ammetto di non averlo sempre compreso. A volte mi sono sentita una pecorella smarrita…vedo troppo atei che lo osannano e troppi fedeli confusi”. C’è da dire che Papa Francesco non è certo un Papa facile da capire e soprattutto da spiegare e da interpretare.
Trovata la chiave però poi il discorso si fa abbastanza semplice. Francesco è un Papa argentino, un Papa peronista, un Papa contradditorio perché contraddittorio fu ed è il peronismo. Francesco è un papa che può sembrare a volte di sinistra ma è di destra, diciamo un conservatore celato sotto mentite spoglie, e lo dimostra la sua vita e i suoi atti di quando stava in Argentina. E questo ha tratto in inganno anche la sinistra che, come dice la Meloni, lo seguiva e lo osannava per poi trovarsi improvvisamente di fronte a dichiarazioni tranchant e contradditorie.
L’incontro della Meloni con Papa Bergoglio, avvenuto ad inizio anno, deve aver sciolto molti dubbi visto che da allora la leader di Fratelli d’Italia ha trovato un insospettato alleato nella lotta all’Unione europea perché si prendesse cura anch’essa dei migranti che non può e non deve essere solo un problema italiano. E da qualche tempo le parole pronunciate la domenica all’Angelus in piazza San Pietro sono le stesse che pronuncia la Meoni a da Palazzo Chigi, solo qualche chilometro più in là.