Dopo i tagli della BCE preparatevi al Draghi 2 con l’ammucchiata parlamentare

Si rischia l’assalto ai beni pubblici. Salari giù in 30 anni e ora c’è inflazione e guerra. La classe politica inerte ha messo in crisi il sistema industriale.

di Antonio Amorosi
Politica
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Campagna elettorale 2023 di grandi promesse per non riuscire dopo a fare un governo. E resuscitare “il Draghi che i mercati vogliono” per svendere quanto resta della cosa pubblica

La Banca Centrale Europea guidata da Christine Lagarde ha deciso che porrà fine agli acquisti dei titoli di Stato dei Paesi della UE, pratica introdotta nel 2015 da Mario Draghi governatore, per difendere l’euro dalla speculazione, poi mantenuta dalla stessa Lagarde vista la pandemia.

Ma grazie ai problemi energetici l’esplosione dell’inflazione, che una volta chiamavamo “carovita”, non è mai stata così galoppante negli ultimi 30 anni. A questo si aggiunge un debito pubblico da record mondiale, le nostre retribuzioni diminuite negli ultimi 30 anni (a differenza di ogni altro Paese Ocse) e una parte delle imprese al collasso. Prima che scoppiasse la guerra ed esplodesse il costo dell’energia Unimpresa ha calcolato oltre 700mila imprese a rischio insolvenza, per un crac possibile complessivo da 27 miliardi. Immaginate cosa può accadere oggi.

La mancanza di acquisto dei titoli di Stato rischia di procurare la tempesta perfetta, per giunta post Covid: di far crescere cioè lo spread, dando una fiammata speculativa alla nostra economia, come c’è stata nel 2011 quando c’era il governo Berlusconi, costretto a dimettersi. Arrivò poi Mario Monti con il suo piano di lacrime e sangue. Ma non cambiò nulla. Solo l’aumento delle lacrime e del sangue dei cittadini.

 

Elezioni 2023. Il prossimo governo come l'ultimo Berlusconi? Costretto a dimettersi?

Il governo prossimo venturo rischia di trovarsi nella medesima condizione dell’ultimo governo Berlusconi, dovendo mettere i sicurezza i conti pubblici. E visto che per le politiche 2023 appare incerta la vittoria netta di destra o sinistra, cosa c’è di meglio di una bella ammucchiata generale per salvare l’Italia? Come c’è oggi con l’Ucraina?

Il denaro da prendere, per far quadrare i conti, è quello in mano agli italiani. L’intero sistema dei servizi pubblici locali esautorerà gli enti locali, come detta il DDL Concorrenza già disegnato dall’attuale governo Draghi, e aprirà alla grande finanza, aumentando tutte le tariffe dei cittadini.

Questo perché quando si poteva, con la BCE che comprava i titoli di Stato, si è fatto un bel nulla per rinforzare i nostri fondamentali: facilitare la possibilità di costruire impresa, ridurre le tasse, abbassare la spesa improduttiva reinvestando quel risparmio in moltiplicatori economici.

Per tanto i titoli dei giornali di questi giorni non dovrebbero essere indirizzati a lamentarsi per la decisione della BCE di non acquistare titoli, ma dedicarsi al perché in questi anni la classe politica italiana abbia aumentato la spesa improduttiva, distruggendo il sistema industriale e della piccola impresa.

I limiti e le contraddizioni della BCE li conosciamo, così come le politiche arcaiche dell’Unione Europea, non in grado di pianificare una politica energetica comune neanche in tempo di guerra ma tanto abile in passato a decidere anche la curvatura dei cetrioli (poi quella norma venne abrogata perché anche il ridicolo ha un limite). Conosciamo anche la brutalità della BCE, come si è mostrata nella gestione della crisi Greca del 2015: va di pari passo con l’inconsistenza manifestata dalla UE durante la pandemia (riempiendoci di debiti) e la guerra in Ucraina. Ma la domanda resta: perché in questi anni di acquisto dei titoli di Stato da parte della BCE, per controllare gli spread, la politica non ha fatto nulla per aumentare il PIL? Non si poteva fare? E’ falso.

Le riforme di Portogallo e Spagna

I governi spagnoli e portoghesi, gli altri due Paesi che insieme a noi e Grecia vengono chiamati offensivamente Pigs, e che nel tempo si sono sempre dichiarati ostili ad un sovranità limitata dalla BCE, hanno invece effettuato riforme.

Non è un caso che in questi giorni nessuno sui giornali nazionali di questi due Stati si è dichiarato preoccupato del mancato acquisto dei titoli di Stato da parte della BCE. Negli ultimi anni Spagna e Portogallo hanno aumentato la produzione industriale e ridotto le spesa improduttiva.

La crescita del PIL del Portogallo è la più alta dell'UE nell’ultimo trimestre. L'economia è cresciuta dell'11,6%. Un graduale processo coinciso con la riduzione del debito pubblico, la riduzione della spesa pubblica con un reinvestimenti degli stessi risparmi in investimenti moltiplicativi, con il conseguente aumento dei salari e delle pensioni.

Stessa cosa ha fatto la Spagna che aveva già recuperato la condizione post crisi del 2008, arrivandoci prima della pandemia con l’occupazione iberica cresciuta del 3% in ciascuno dei quattro anni precedenti la stagione 2018-2019.

Ma noi abbiamo la nostra classe politica, immobile, sempre uguale a sé stessa, pronta all’ammucchiata purché si resti nei posti di potere, non certo quella di portoghesi e spagnoli.

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