Governo, Draghi premier anche dopo le elezioni del 2023. Il piano clamoroso

Mezza Forza Italia (Brunetta e Carfagna) insieme al centro renziano

Di Alberto Maggi
Mario Draghi
Politica
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Draghi premier dopo il voto del 2023 anche senza la riforma proporzionale della legge elettorale


“Suggerisco di entrare in punta di piedi nel dibattito sulla legge elettorale. Primo, perché il Paese ha oggettivamente della altre priorità. Secondo, perché è un tema molto divisivo nella maggioranza di governo, come appare dalle primissime dichiarazioni. Non vorrei che dopo aver evitato il disastro sul presidente della Repubblica, qualcuno si cimenti in altro sabotaggio. Resta il fatto che una discussione si può certamente fare, ma chi contesta l'attuale legge deve ricordare che è stata approvata nonostante il voto segreto con la più ampia maggioranza della storia repubblicana. Le regole vanno scritte insieme”. Destano molto stupore le parole del Presidente di Italia Viva Ettore Rosato.

Tutti si erano immaginati che dopo la rielezione di Mattarella al Quirinale Renzi lanciasse la battaglia per tornare al proporzionale, ma così non sembra. In realtà, secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, Italia Viva non chiede ufficialmente il proporzionale perché sa che quando parla Renzi si scatena l'effetto esattamente contrario. E, comunque, i renziani sanno perfettamente che quello della legge elettorale è un tema estremamente divisivo e non ha alcuna possibilità di passare in Parlamento, pena una dolorosa crisi di governo.

Alla fine l'attuale Rosatellum ha soltanto un terzo di maggioritario e ben due terzi di proporzionale e quindi il progetto di Renzi si può tranquillamente realizzare anche senza modificare le regole di voto. Tutto sembra già scritto. Il Centrodestra, nonostante le liti e le polemiche di oggi, in qualche modo si ritroverà unito. Così come l'asse Pd-M5S (a prescindere che ci sia alla guida Giuseppe Conte o Luigi Di Maio) ai quali, oltre a ciò che resta di LeU, si unirà sicuramente anche il nuovo soggetto politico formato da Azione e +Europa. Poi ci sarà un centro, nel quale, forse, avrà un ruolo Pierferdinando Casini, mancato Capo dello Stato.

Oltre a Italia Viva e a pezzi di società civile, quasi certamente, nel nuovo centro lontano sia da Meloni sia da Conte/Di Maio entreranno anche diversi esponenti di Forza Italia che non vorranno confermare l'intesa con FdI e Lega. Tra loro, certamente, i ministri Mara Carfagna e Renato Brunetta. Punto interrogativo su Mariastella Gelmini. Ma il punto chiave della campagna elettorale (ecco perché Renzi non voleva Draghi al Quirinale) sarà l'indicazione del futuro premier. Il Pd lancerà Letta, il M5S Conte o Di Maio, la Lega Salvini e FdI Meloni.

Il nuovo centro renziano allargato, invece, indicherà come presidente del Consiglio Draghi, con il sostegno di tutti i giornali economico-finanziari internazionali (dall'Economist al Financial Times) e, implicitamente, di Mattarella e del vero kingmaker della sua rielezione, Ugo Zampetti. Oltre che del Vaticano e della Chiesa cattolica. Di fatto, i centristi renziani si intesteranno (e saranno gli unici a poterlo fare visto i due terzi del proporzionale del Rosatellum) la continuità dell'azione di governo con Draghi a Palazzo Chigi.

Le previsioni che si fanno in Parlamento? Considerando che alla Camera i deputati, dopo il taglio, saranno 400, il Centrodestra potrebbe arrivare a 170 o anche 180 e il Centrosinistra attorno ai 150-160. I 40-45 del nuovo centro renziano-brunettiano-carfagnano sarà quindi determinante per il nuovo esecutivo. Ovviamente con Draghi premier, Renzi kingmaker del governo e le ali estreme dei due poli all'opposizione. Il piano è lì, scritto ed evidente. Anche senza il ritorno del proporzionale.