Elezioni comunali, il campo largo di Letta non decolla
Elezioni comunali: strada in salita a Genova, Palermo e Parma. Ecco perché
Elezioni comunali, il Pd tra ambizione (di vincere) e sogno (del campo largo)
“Dobbiamo avere l’ambizione di vincere e non l’istinto di sopravvivere”. E’ il training autogeno che l’allenatore Enrico Letta ha fatto in direzione ieri. Il problema casomai è come questa ambizione possa sposarsi con un altro obiettivo che l’inquilino del Nazareno persegue e cioè quello del campo largo. Quanto è fattibile questo progetto? L’orizzonte più lontano, ma neanche tanto, per testarlo sono le prossime elezioni politiche. Tuttavia, non bisognerà aspettare la fine della legislatura (e un eventuale nuova legge elettorale) per capire se ci saranno o meno i presupposti. Le amministrative di primavera saranno infatti il vero banco di prova. Una tornata elettorale che vedrà tra i comuni al voto anche 25 capoluoghi di provincia e quattro di regione. Parliamo di Genova, l’Aquila, Catanzaro e Palermo.
Elezioni comunali: il campo largo del Pd si restringe. A Genova si infrange contro il muro di Calenda. Non va meglio a Palermo dove è già in pista un candidato renziano
E basta guardare ai piedi della Lanterna e del Monte Pellegrino per cominciare ad annusare l’aria che tira. Che non è proprio aria da campo largo. Prima di cercare "gli occhi della tigre" nei candidati (copyright di Enrico Letta, citando Apollo Creed nella veste di coach di Rocky Balboa) infatti, il segretario del Pd deve fare i conti con i probabili alleati. Del resto, è stata sufficiente la sua partecipazione al congresso di Azione per scatenare le ire del Movimento cinque stelle. Così come gli è bastato ieri ribadire che l’alleanza con i pentastellati dura e durerà per vedersi chiudere le porte in faccia da Carlo Calenda. "Enrico Letta ha fatto una scelta chiara, è una cosa confortante”, ha detto il segretario di Azione a Skytg24. Ne consegue, è stato il suo ragionamento, che "ci sarà da una parte Pd, M5s e Leu e dall'altra una coalizione di centrodestra. Rispetto a queste due offerte dobbiamo costruirne un'altra, che sarà indipendente e cercherà di affermare una cultura di governo, che è un po' la linea che sta portando avanti Mario Draghi".
D’altronde, è ormai risaputo: dove ci sono i Cinque stelle, fatta eccezione per questa parentesi del governo Draghi, è quasi matematico che non ci sia Azione. La conferma, tanto per cominciare, arriva da Genova. L’ex ministro dello Sviluppo economico è stato chiaro: l’orientamento sarà quello di dare una netta indicazione di voto a favore del sindaco uscente di centrodestra Marco Bucci.
Nel capoluogo ligure, in realtà, il campo largo si infrange anche contro un altro muro, quello di Italia viva. Più volte la renziana ligure Raffaella Paita ha sollevato la questione dello stallo sulle opere, a cominciare dalla Gronda, tanto invisa ai Cinque stelle. Difficile quindi immaginare una qualsiasi alleanza Pd-M5s e Iv.
Proprio Italia viva in una città come Palermo poi ha già un candidato in pista che è Davide Faraone, attuale capogruppo del partito al Senato. Un campo largo, dunque, potrebbe esserci solo se stavolta fosse il Pd, col M5s al seguito, a convergere su questo nome.
E’ a Parma, invece, che un dialogo tra Pd e Iv al momento sta in piedi. Nessuna pedina, però, ancora è al suo posto. Tra l’altro qui, il sindaco uscente Federico Pizzarotti, alla fine del suo secondo mandato consecutivo, ha un suo peso. Se si decidesse di puntare sul suo delfino, l’attuale vicesindaco Marco Bosi, a far vacillare una futuribile alleanza ci penserebbe probabilmente il M5s. Il quadro, insomma, è ancora molto fluido, gran parte delle candidature sono da definire. Di certo, nel centrosinistra non aiuta la complicata impasse che sta paralizzando il Movimento con i vertici, Giuseppe Conte in testa, azzerati dal pronunciamento del Tribunale di Napoli. Ma non basta questo a giustificare i ritardi che si stanno accumulando.
Si dirà che nel centrodestra, schiacciato sotto il peso della frattura Lega-FdI, la situazione non è migliore. E’ vero. E pensare che fu proprio il leader del Carroccio Matteo Salvini, dopo la batosta delle scorse regionali, a fare autocritica sui candidati scelti in ritardo e ad assicurare che non sarebbe più accaduto: “Entro novembre dobbiamo scegliere con gli amici Giorgia e Silvio candidati civici o non civici, per avere almeno 5 mesi di tempo per presentarli e far conoscere i programmi", disse. Naturalmente non è stato così. Ma rimane una grama consolazione per il centrosinistra.
“La partita del Quirinale ha assorbito tutti i partiti - si sfoga un parlamentare dem con Affari -. E questa non è una scusa, ma la realtà”. Sul filo del realismo, però, nel Pd c’è pure chi, guardando alla partita delle amministrative, col nostro giornale ammette: “Una cosa è sicura: non c’è nessun campo largo. E’ una definizione giornalistica. Nulla più”. Prova che appunto questa formula tanto cara a Letta non fa tanti proseliti neppure nel corpaccione democratico. Men che meno piace fuori dal Nazareno. Il vicepresidente della Camera e coordinatore nazionale di Italia viva Ettore Rosato la mette così: “Più che un campo largo, si tratta di creare un campo vincente. Un campo in cui - dice al nostro giornale - ci sia un progetto valido sulle città. Il resto mi sembra solo retorica”.