Elezioni Spagna, la strategia anti Vox non paga: Feijòo perde la sua scommessa

I popolari hanno certamente vinto, registrando un risultato ben superiore alle elezioni del 2019, ma non hanno stravinto: gli scenari aperti

di Vincenzo Caccioppoli
Alberto Núñez Feijóo, Presidente del Partito Popolare
Politica

Elezioni in Spagna, Albert Nunez Fejioo dovrebbe fare autocritica sul deludente risultato del partito di Dx Vox. Ecco perchè 

Il contrasto tra i due principali protagonisti di questa tornata elettorale spagnola è stridente ed evidente. Emblematiche le rispettive apparizioni di fronte ai propri sostenitori, nella notte madrilena, dopo che il risultato del voto era ormai definitivo. Il premier Pedro Sánchez, consapevole di avere evitato una sconfitta sonora come tutti i sondaggi pronosticavano, esultante come se avesse stravinto. Feijòo, leader dei popolari, consapevole forse di avere sprecato l'occasione della vita, nervoso e tirato in volto come se avesse perso.

E’ tutto in questo paradosso il senso di una elezione, che sostanzialmente ha consegnato al paese una situazione di stallo, da cui non sarà affatto semplice uscirne. I popolari hanno certamente vinto, registrando un risultato ben superiore alle elezioni del 2019, ma non hanno stravinto come invece tutti i sondaggi della vigilia e il risultato delle amministrative, sembravano indicare.

Il leader popolare, una volta conosciuto il risultato, che ha indicato il suo partito come vincitore delle elezioni con 136 seggi (47 in più del 2019), ha reclamato il diritto e dovere di provare a formare un governo, ma considerando il risultato deludente del partito di destra Vox, appare un'impresa davvero disperata.

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Ed è su questo fatto che forse Albert Nunez Feijòo dovrebbe fare autocritica. Il fatto di essere per primo lui a temere un'alleanza con Vox, evidentemente non ha fatto altro che spaventare il proprio elettorato e mobilitare quello socialista e comunista. Forse l'unica piccolissima speranza per lui potrebbe essere rappresentata da quella ipotesi di grande coalizione (magari con l’astensione dei socialisti) che qualche analista aveva ipotizzato, in campagna elettorale.

Ma al di là di qualche barone del Psoe, che non vedrebbe male nemmeno questa soluzione pur di non rivedere alla Moncloa l’odiato Sánchez, il buon risultato del Psoe, che ha addirittura guadagnato due seggi rispetto al 2019, sembra escludere qualsiasi tipo di accordo. Anche il leader di Vox Santiago Abascal, che esce ridimensionato da questo voto, accusando Feijòo del “fallimento dell'alternativa”, in tono ironico si è congratulato con il leader popolare, non solo per aver vinto le elezioni, ma anche perché non dipenderà dal suo partito per arrivare alla Moncloa (il palazzo presidenziale spagnolo), "come voleva ". E si è chiesto se ora il presidente del PP manterrà la sua offerta al PSOE per astenersi e lasciarlo governare.

Il leader di Vox ha lamentato, non senza un pizzico di ragione, come il suo partito abbia dovuto subire una demonizzazione senza precedenti e una manipolazione dei sondaggi. Vox era diventato il grande nemico da sconfiggere, il grande paravento dietro al quale si sono nascoste le grandi contraddizioni di un'alleanza di governo come quella di Sánchez. La scelta di Feijòo di lasciare solo Abascal nell’ultimo dibattito di mercoledì 19 luglio, è parsa come una sorta di fuga dal confronto.

E i socialisti hanno avuto buon gioco nel sottolineare questo particolare contro di essere stato spiazzato anche dalla stessa campagna elettorale del leader popolare, che ha cercato in tutti i modi di allontanare ipotesi di governo con Vox. Il partito di destra ha perso nei suoi feudi storici, come Andalusia o Castilla y Leon, dove governa insieme ai popolari. Insomma certamente il clima non sembra affatto sereno ed attualmente la soluzione più probabile sembrerebbe essere quella di un ritorno al voto, come d’altra parte è già accaduto per lo stesso motivo nel 2019.

Difficile immaginare che Sanchez possa sottostare al ricatto che i due partiti indipendentisti catalani senza troppi giri di parola hanno fatto intendere “non daremo il governo a Sánchez in cambio di nulla” ha detto il leader Puidgemont, a cui queste elezioni hanno consegnato un ruolo chiave nella prossima eventuale formazione di un governo socialista. Ed è proprio dalla Catalogna che i socialisti di sanchez hanno guidato la remuntada.

19 dei 49 deputati che vengono dalla regione più ricca e più controversa della Spagna sono stati conquistati dai socialisti. Evidentemente i provvedimenti così contestati anche all'interno del partito socialista stesso, adottati da Sanchez per “tenere buoni” gli alleati di Erc, come quello di concedere indulto ai separatisti, hanno pagato in termini di consenso. I popolari che proprio in Catalogna speravano di conquistare i voti necessari ad una vittoria rotonda, sono invece stati sconfitti.

Forse a mente fredda nei popolari ci sarà, come qualcuno già lascia sottintendere, un processo al leader, da sempre accusato di essere poco carismatico, rispetto per esempio all’astro nascente del partito, quella Isabel Diaz Ayuso, che esce ancora più rafforzata da questo voto deludente del partito. Sánchez invece che era dato per morto, può dire di avere comunque vinto in un certo senso la sua scommessa. La sua decisione di andare ad elezioni anticipate era sembrata a molti come la mossa disperata di un politico, dopo una delle peggiori sconfitte della storia del suo partito alle amministrative di maggio.

Qualche maligno ha voluto sottolineare come questo risultato forse abbia deluso più qualche notabile socialista che i popolari. Inutile negare infatti che siano molti i nemici di Sánchez che si annidano all’interno dello stesso Psoe. Ed è per questo che immaginare un nuovo governo Sánchez magari con un compromesso al ribasso con chi, come il partito di Puidgemont rimane fermo nelle rivendicazioni indipendentiste del 2017, appare ipotesi assai improbabile. Ma sulla carta almeno il premier uscente potrebbe vantare i numeri per formare un governo, cosa che invece sembrano attualmente mancare al suo rivale popolare.

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