“Fini e Napolitano volevano distruggere Berlusconi": ecco come sfumò il golpe

Laboccetta, l’ex braccio destro del leader di An, svela un retroscena inedito sulla figura dell'ex Presidente della Repubblica recentemente scomparso

Di Giuseppe Vatinno
Gianfranco Fini Giorgio Napolitano Silvio Berlusconi
Politica

“Fini e Napolitano volevano distruggere Berlusconi": la rivelazione choc sul tentato golpe contro il Cavaliere

Abbiamo parlato ieri della figura politica e istituzionale di Giorgio Napolitano:

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Tuttavia Napolitano prese parte –secondo alcuni- anche molto attivamente alla “politica politicata”, se così si può dire. Cioè ebbe un ruolo che sarebbe più che altro spettato a un segretario di un partito che ad un Presidente della Repubblica. I fatti risalgono ad una probabile “cospirazione” che finì per cacciare il Cavaliere non solo da Palazzo Chigi ma anche dalla politica.

Il Giornale, ripreso poi da Libero, ci fornisce alcune indicazioni eloquenti. Premessa: il 14 aprile del 2008 la coalizione di centro –destra aveva vinto le elezioni dando luogo al quarto governo Berlusconi nella sedicesima legislatura repubblicana.

La vicenda ebbe inizio il 22 aprile del 2010, quando Gianfranco Fini pronunciò il famoso “Che fai, mi cacci?” rivolto a Silvio Berlusconi, che determinò una crisi nel Popolo della Libertà che poco tempo dopo diede luogo alla scissione di Fini stesso e dei parlamentari a lui fedeli che costituirono addirittura un gruppo, Futuro e Libertà (con 34 deputati e 10 senatori), che poi avrebbe costituito il “Terzo Polo” con Francesco Rutelli e Pierferdinando Casini. La ricostruzione si basa su un parlamentare finiano, Amedeo Laboccetta, che allora era il braccio destro di Fini.

La vicenda è narrata nel suo libro del 2015 “Almirante, Berlusconi, Fini, Tremonti, Napolitano. La vita è un incontro”. Si legge: "Berlusconi va politicamente eliminato. E Napolitano è della partita. Il presidente della Repubblica condivide, sostiene e avalla tutta l’operazione". Queste le parole che Fini gli avrebbe rivolto proprio dopo quella famosa direzione nazionale del PdL. Per dare forza a quanto stava riferendo, il leader di Alleanza Nazionale avrebbe chiamato in vivavoce proprio il Presidente della Repubblica Napolitano.

Fini: «Caro Presidente, come avrai visto abbiamo vissuto una giornata campale».

Napolitano: «Più che campale, direi una giornata storica» 

Fini: «Ovviamente caro Giorgio, continuo ad andare avanti senza tentennamenti»

Napolitano: «Certamente, fai bene. Ma fallo sempre con la tua ben nota scaltrezza».

Dunque, secondo Laboccetta, lui avrebbe assistito in diretta “all’organizzazione di un golpe bianco orchestrato dalla prima e dalla terza carica dello Stato”. Berlusconi fu poi informato di questo colloquio telefonico che si sarebbe tenuto alla presenza di ben dodici testimoni, come lo stesso Cavaliere raccontò poi da Vespa. Libero riporta anche l’intervento di un ascoltatore de la Zanzara, il programma di Giuseppe Cruciani e David Parenzo che disse in diretta: "Fini mise in vivavoce il telefono, perché doveva convincere una parte del partito ad allontanarsi da Berlusconi e a fare cadere il governo nel voto di fiducia. Napolitano chiese la disponibilità a Gianfranco Fini di formare un nuovo governo. Gli chiese se se la sentiva".

Dunque ci sarebbe stato un progetto per liberarsi di Berlusconi che prevedeva, almeno inizialmente, il passaggio di consegne del centro – destra direttamente a Gianfranco Fini ma poi qualcosa andò storto. Fini fu sfiduciato il 29 luglio del 2010 dalla maggioranza dell’Ufficio di Presidenza del PdL dal ruolo di Presidente della Camera. Il 30 luglio Fini annuncia l’intenzione di creare un nuovo gruppo parlamentare. Il 7 novembre 2010 la “prova di forza” richiesta da Napolitano. Il Presidente della Camera chiede le dimissioni di Berlusconi e il 15 novembre la sua delegazione lascia il governo che però ha ancora i numeri per governare. Fini è sconfitto e il progetto fallisce. È la fine del supposto “progetto Napolitano” che –in quest’ottica- deve seguire altre strade.

Nel dicembre 2010 Fini chiede a Futuro e Libertà di approvare una mozione di sfiducia a Berlusconi che però non passa neppure dentro al suo partito e Silvano Moffa, vicinissimo a lui, esce da FLI che poi alle successive elezioni prese un misero 0,47% e lo stesso Fini rimase fuori dal Parlamento. Per la caduta di Berlusconi occorrerà aspettare il “golpe dei mercati”, un anno dopo.

Infatti nel novembre 2011 ci fu l’azione “europea” con l’aumento esponenziale dello spread e la conseguente dimissione del Cavaliere -dopo l’approvazione della legge di stabilità 2012- che poi fu pure condannato nel 2013 e dovette lasciare il Parlamento per una legge retroattiva, la legge Severino. Dal 16 novembre del 2011 entrò in carica il governo Monti, chiamato per rassicurare gli investitori e fermare la vendita di titoli di Stato. Le elezioni del 2013 furono vinte parzialmente dal Pd di Pierluigi Bersani. Il centro – sinistra non aveva i numeri per governare e si formò la Grande Coalizione con il PdL che governò con Enrico Letta a cui poi Matteo Renzi soffierà il posto in un clima di …serenità.

Alla fine il Patto del Nazareno si sciolse e Forza Italia passò all’opposizione. In tutto questo Fini rimase con il cerino in mano. Non ottenne la guida del governo e finì sotto processo per la casa a Montecarlo e da allora sparì dalla scena politica, lasciando tra l’altro il campo libero proprio a Giorgia Meloni e al suo Fratelli d’Italia che riuscì là dove Fini aveva fallito, cioè creare un partito di destra europeo di massa, erede del Movimento Sociale Italiano.

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