"Il terremoto dopo le trivellazioni": nuova scemenza degli ambientalisti

Le trivellazioni nell'Adriatico non sono ancora iniziate, ma c'è chi le collega al terremoto nelle Marche

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Terremoto nelle Marche, ora anche i no-triv: l'estrazione di gas nell'Adriatico e il collegamento con il terremoto 

Provvidenziale il terremoto per i “no triv” che contestano il decreto di Giorgia Meloni che autorizza, con un emendamento al decreto Aiuti, il rilascio di nuove concessioni per l’estrazione del gas che porterebbe al raddoppio della produzione. Ovviamente tale azione non è stata certo iniziata e chissà quando il decreto sarà operativo, dati i tempi della burocrazia italiana, ma per chi non lo vuole, il decreto agirebbe tachionicamente e cioè ancor prima dei suoi effetti concreti, provocando appunto terremoti. La portavoce dei Verdi, Eleonora Evi, è stata la prima a cinguettare: “Scossa di terremoto in Adriatico. E il governo Meloni vuole ricominciare con le trivelle. Non solo è idea assurda per crisi climatica gravissima in atto ma anche per i potenziali danni ambientali sul piano della sicurezza in una area sismica”.

Ricordiamo, anche solo per dovere di cronaca che gli slavi, specialmente la Croazia, che ci stanno di fronte sul mare Adriatico trivellano a tutta manetta e non gliene frega niente né di terremoti né, soprattutto, dell’Italia, l’unico obiettivo è salvare famiglie ed imprese dal caro energia e quindi dalla povertà. Peccato che un super esperto abbia smentito tutto come fake news: il presidente dell'Ordine dei Geologi delle Marche, Piero Farabollini, ha dichiarato ieri: "L'ipotesi che il sisma sia stato causato dalle trivellazioni in mare alla ricerca di gas e idrocarburi sono da escludere. Il terremoto è un evento che possiamo considerare normale per la nostra regione: la fascia costiera e marina è infatti una delle tre zone sismo-tettoniche delle Marche".

Ma a dare manforte alla verde è giunta rapida la capogruppo 5 stelle nel consiglio regionale delle Marche Silvia Piccinini che ha dichiarato: “Continuare a fare investimenti sulla ricerca di fonti fossili di certo non risolverà il nostro problema riguardo all’emergenza energetica che stiamo vivendo ma rischia di provocare dei danni ancor di più irreparabili all’ambiente. La scelta del governo Meloni è semplicemente assurda”. Al che il povero Farabolini non sapendo più a che santo votarsi ha aggiunto:

“La trivellazione di per sé non comporta alcuno scuotimento sismico, sono semmai le attività di estrazione e stoccaggio che possono farlo. A ogni modo, i terremoti legati a queste attività sono di magnitudo più contenuta, generalmente mai oltre 4,5-5 e profondità massime di 3-4 chilometri". Però non è solo la sinistra sfascista a strillare contro le trivelle. Sorprendentemente apprendiamo anche il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia è un “notriv”. Ieri si è lanciato nell’agone con una intemerata:

«Nel referendum del 2016, io avevo sostenuto il no alle trivelle, come quasi l’86% dei veneti e degli italiani. E oggi, confermare quel no non è soltanto una questione di coerenza». E qui il problema è di natura politica. Senza tanti giri di parole la questione è: Zaia sta parlando per sé o per la Lega, che fa parte dello stesso governo guidato dalla Meloni che ha voluto la ripresa delle trivellazioni? Cioè, per essere ancora più chiari, dietro Zaia c’è Salvini o non c’è nessuno? Noi pensiamo che Salvini non possa aver ispirato l’uscita di Zaia perché appunto fa parte dello stesso consiglio dei ministri che ha varato il decreto. Piuttosto si può pensare ad un fatto interno della Lega con Zaia determinato a farsi valere, soprattutto dopo il risultato non troppo esaltante del partito alle ultime elezioni.

In ogni caso le trivellazioni sono fondamentali ad un Paese come l’Italia quasi totalmente dipendente dal gas russo, nazione che come noto ha embargato l’Europa e specialmente proprio noi. Il capo di Eni Claudio Descalzi a tal proposito è intervenuto sulla vicenda: "Nei prossimi due anni e mezzo-tre, se tutta la parte di permessi ha una velocità ragionevole, potremmo raddoppiare il gas che stiamo producendo adesso in Italia". Quindi ha fatto bene la Meloni a sbloccare una fonte sicura di approvvigionamento e resta la perplessità sul “fuoco amico” di Zaia. Gli altri li consociamo.

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