"Intercettazioni: ha ragione Nordio". L'inatteso assist da sinistra

Mirko Mazzali, noto penalista impegnato politicamente, tende la mano al ministro della Giustizia: "Sa di che cosa parla, certi politici invece..."

Di Lorenzo Zacchetti
Politica

Intercettazioni, 41 bis, Cospito, separazione delle carriere e ergastolo ostativo: sorprendente intervista sui temi della Giustizia

Nella bufera che lo ha travolto, fino a far circolare voci sulle sue dimissioni, Carlo Nordio trova un assist davvero inaspettato, da chi non potrebbe essere più lontano da lui sul piano politico. Mirko Mazzali è infatti un esperto avvocato penalista - si è occupato del G8 e di vari centri sociali, ma anche di Imane Fadil – nonché una figura politica molto nota a Milano, dove è stato consigliere comunale con Giuliano Pisapia, poi delegato di Giuseppe Sala per le periferie e attualmente assessore alla Sicurezza della nona circoscrizione. Eppure è proprio lui a correre in soccorso del Guardasigilli del governo più di destra del dopoguerra: “La politica non c’entra niente, è una questione tecnica. Nordio ha ragione perché parla di cose che conosce, mentre molti politici parlano a sproposito di giustizia, usando espressioni aberranti come ‘reato penale’, una grave ripetizione, visto che non esistono reati civili o amministrativi. Quando a parlarne è chi per tanti anni se ne è occupato professionalmente, la differenza si sente”.

Perché Nordio ha ragione sulle intercettazioni?

“Le intercettazioni sono utili, il problema è l’abuso. A volte le intercettazioni sono una specie di ‘rete’ che viene lanciata per fare pesca a strascico, magari con l’aiuto dei trojan. Ovviamente vengono preventivamente autorizzate dal Giudice, quindi non sono arbitrarie, però nella pratica professionale mi è capitato di vederle utilizzate come unica attività di indagine e unico elemento di prova per addivenire a sentenze di condanna. Le intercettazioni vanno fatte, ma solo in certi casi e a fronte di determinati indizi. Invece spesso vengono effettuate per reati solo ipotetici. Prendiamo il caso del supposto abuso di ufficio da parte della Juventus: erano in corso intercettazioni per un motivo e poi è spuntata fuori un’altra ipotesi di reato”.

Ma se le intercettazioni servono a scoprire dei reati nascosti, perché limitarle?

“Un’intercettazione telefonica, soprattutto se decontestualizzata, lascia il tempo che trova e può trarre persino in inganno. E poi c’è il problema della pubblicazione sui giornali. Bisogna conciliare il diritto di cronaca con la tutela della privacy: spesso vengono diffuse intercettazioni ‘pruriginose’ riguardanti persone che vengono messe alla gogna, pur essendo soltanto indagate. È un meccanismo normato di recente, ma ancora decisamente perfezionabile”.

Quindi, la riforma-Orlando non è sufficiente?

“Beh, questo potrebbe dirlo lei a me! Francamente mi sembra che, alla prova dei fatti, non sia cambiato molto. Una stretta ci vorrebbe, visto anche che le intercettazioni, tra tutto, ci costano vari milioni di euro all'anno".

Anche su questo è d’accordo con Nordio, ma non è che qualcuno della sua parte politica se ne risentirà?

“Ma no: io penso che, su 100 avvocati, 98 la pensino come me e come Nordio. A prescindere dalla politica”.

E se intervistassimo 100 giudici?

“Qui la percentuale scenderebbe, ma almeno la metà, secondo me, ci darebbe ragione”

Qual è la sua opinione sulla separazione delle carriere?

“A mio avviso servirebbe. È vero che numericamente non sono molte e, rispetto al passato, sono stati introdotti dei correttivi come il cambio di distretto per chi cambia carriera. Tuttavia, io preferirei che ognuno, dopo un certo numero di anni, decidesse quale strada prendere per il resto della carriera. Non vedo perché non dovrebbe essere così. Oggi c’è la sensazione che giudici e pm si considerino per certi versi ‘parte della stessa squadra’ e quindi si guardano con vicendevole indulgenza. Non tutti, per carità, ma spesso è così. Invece il giudice dovrebbe essere un arbitro imparziale”.

Il caso-Cospito ha aperto un forte dibattito sul 41 bis, lei come la pensa?

“E’ giusto interrompere le comunicazioni tra un detenuto per mafia e il suo gruppo criminale, ma il 41 bis è strutturato con delle limitazioni della libertà che vanno oltre. Le celle anguste e singole, la luce sempre accesa, la possibilità di avere un solo libro per volta, l’ora d’aria da soli o con una sola altra persona… sono tutte cose che nulla c’entrano con lo scopo di interdire le comunicazioni, ma rappresentano un’afflizione aggiuntiva, sono una forma di tortura. Nel caso di Cospito, poi, da avvocato mi sembra davvero inspiegabile, perché se il problema è la sua corrispondenza con chi sta fuori dal carcere, basterebbe controllarla e censurarla. Ma io sono contrario al 41 bis da molto prima. Mi pare che ci sia un’afflizione aggiuntiva, soprattutto per chi ha l’ergastolo ostativo, che poco ha a che fare con reali questioni di sicurezza”.

Sull’ergastolo ostativo è intervenuta la Corte Costituzionale, dichiarandolo contrario al principio di rieducazione del detenuto… 

“Bene che sia stata fatta chiarezza, ma non bisogna pensare che sia un alleggerimento o un regalo: è compito dei magistrati decidere quando un detenuto può uscire perché non è più socialmente pericoloso. Si fanno delle valutazioni di caso in caso. L’ergastolo ostativo viola un principio costituzionale, quindi non capisco chi polemizza sul punto”.

A lei pare casuale che il dibattito sul 41 bis si riapra pochi giorni dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, sulla quale molti parlano di una sorta di “trattativa”? E di abrogazione del 41 bis si parlava anche nel famoso “papello” di Totò Riina…

“Beh, queste sono dietrologie che possono anche avere un fondamento, ma sulle quali non ho elementi. Che il 41 bis sia avversato da chi vi è sottoposto invece lo do per scontato”.

Ma lei abolirebbe il 41 bis anche per i mafiosi?

“Sì, proprio perché la maggior parte delle afflizioni ha poco a che fare con l’interruzione dei contatti. Noi avvocati siano contrari al 41 bis ormai da tempo e la posizione dell’Unione delle Camere Penali è molto chiara in questo senso”.

Mirko Mazzali, avvocato penalista e assessore del Municipio 9 di Milano
 
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