Lorenzo Pavolini rievoca il nonno. Alessandro, gerarca fascista. Ma...

Il nonno Alessandro, nato a Firenze, era figlio di Paolo Emilio Pavolini livornese e dotto professore universitario di sanscrito

Di Giuseppe Vatinno
Lorenzo Pavolini
Politica

 

Nuovi Argomenti, dove lavora, rimanda di un anno in Premio letterario e fa infuriare i lettori

«Non era una festa per tutti. La trascorrevamo nel silenzio selvatico delle montagne d’Abruzzo. Era la giornata della reticenza. Avrei scoperto solo alle medie, sul libro di storia, chi era stato il padre di mio padre, e la vera ragione per la quale non si presentasse mai all’uscita di scuola. Non era semplicemente “morto in guerra”. Eccolo lì il suo cadavere, le braccia penzoloni, la corda intorno agli stivali, il cognome a stampatello sulla pensilina di piazzale Loreto»

Così comincia l’articolo che Lorenzo Pavolini ha pubblicato sul Post il 24 aprile a proposito della festa della Liberazione.

Su di lui si legge che è vicedirettore di Nuovi Argomenti, scrive sul Post di Luca Sofri ed è un “fiancheggiatore teatrale”, un lavoro che non si sa bene quale sia, infatti compare solo associato al suo nome.

Ma soprattutto Lorenzo Pavolini è il nipote del gerarca fascista Alessandro Pavolini.

Il nonno Alessandro, nato a Firenze, era figlio di Paolo Emilio Pavolini livornese e dotto professore universitario di sanscrito.

Anche Alessandro cominciò presto ad interessarsi di cultura ma, contemporaneamente, si fece sedurre dalla politica e nel 1920 aderì ai Fasci Italiani di Combattimento di Firenze e fece la marcia su Roma, dove studiava Legge. Fin da giovane si mostrò intransigente difensore dell’ortodossia fascista anche nei confronti del “fascio ufficiale”. Nel 1929 lo troviamo segretario provinciale del PNF di Firenze. Contemporaneamente coltivò interessi letterari e fondò la nota rivista letteraria Il Bargello che collaborò con Solaria, fondata sempre a Firenze dal comunista Alberto Carocci che poi fonderà con Alberto Moravia nel 1953 Nuovi Argomenti, dove lavora Pavolini Jr.

Vedi i giri del destino.

Deputato nel 1934, insieme a Giuseppe Bottai ideò i famosi Littorali della cultura e dell’arte e divenne giornalista al Corriere della Sera. A Roma conobbe Galeazzo Ciano e ne divenne amico. Durante la guerra d’Etiopia Ciano e Pavolini fecero parte de la Disperata, una squadriglia di bombardamento e questo cementò la loro amicizia.

Grazie a Ciano - che lo protesse - fece carriera e nel 1939 fu Ministro della Cultura popolare (dal suggestivo e forse ironico nome di MinCulPop). Perse poi l’incarico ministeriale in un rimpasto voluto da Mussolini e fu nominato direttore de Il Messaggero di Roma.

La svolta il 25 luglio del 1943 dopo la sfiducia del Gran Consiglio e l’arresto del Duce. Pavolini mise al riparo la famiglia da un amico e poi si recò in Germania per combattere con i tedeschi, partendo sotto protezione diplomatica teutonica dall’aeroporto di Ciampino.

Insieme a Vittorio Mussolini organizzò il ritorno del fascismo in Italia del centro - nord e dopo la liberazione del Duce da Campo Imperatore convinse -a Monaco di Baviera- Mussolini a fondare un governo fascista repubblicano e diede così vita alla Repubblica di Salò.

Divenne segretario nazionale del PNFR e fu l’organizzatore dell’unico suo congresso, quello di Verona.

Pavolini ebbe, tra l’altro, un ruolo fondamentale nella condanna a morte l’ex amico Ciano al processo di Verona. Nel 1944 fondò le Brigate Nere.

Catturato dai partigiani di Pier Luigi Bellini delle Stelle, nome di battaglia “comandante Pedro”, mentre si difendeva (l’unico) a colpi di mitra, fu fucilato ed appeso a testa in giù a Piazzale Loreto.

E torniamo ora all’articolo del nipote Lorenzo che nel suo pezzo voleva raccontare una “liberazione diversa” e cioè un 25 aprile raccontato da una famiglia per cui non era una festa ma un ricordo tragico.

L’articolo di Pavolini jr ha uno stile narrativo poco chiaro, involuto, diremmo contorto, che nasce e si sviluppa su un pavimento scivoloso, quello della “ideologia accennata”. Pavolini Jr., si sa, è di sinistra o almeno è proto-antifascista, forse cripto, ma non riesce a enunciarlo apertamente, un po’ come Fonzie quando deve scusarsi. No non ci riesce proprio. Lo accenna, allude e illude, ma non lo dice apertamente. Dice che “la Costituzione è antifascista”, ma questo lo ha detto pure La Russa. Sono gli “altri” che devono dirlo, forse Giorgia Meloni, non lui che è il vicedirettore de Il Post.

L’articolo rovescia un mare di chiacchiere romanzate sull’attonito lettore che legge e si annoia, sembra di trovarsi alla rappresentazione di quegli spettacoli di “teatro off” o alternativo che infestavano l’avanguardia trasteverina degli anni ’70.

Non si capisce dove voglia andare a parare, però è sempre presente un topos narrativo: “io sono il nipote di Alessandro Pavolini e voi, immagino, di no”.

Che Lorenzo Pavolini sia di sinistra o voglia apparire tale, lo dimostra anche che è vicedirettore della rivista Nuovi Argomenti diretta appunto dall’arcirossa Dacia Maraini.

La carriera di Pavolini Jr. sembra in realtà simile a quelli che con il “fascismo ci campano” anche se poi fanno parte del sempre affollato milieu radical chic. Ad esempio Antonio Scurati che con “M. Il figlio del secolo” ci ha fatto la carriera e i soldi. E non per niente anche Lorenzo Pavolini ha collaborato con Massimo Populizio alla drammaturgia del libro di Scurati, che diverrà serie televisiva.

Populizio, ricordiamolo, ha interpretato Mussolini nel film “Sono Tornato”, diretto da Luca Maniero.

L’idea che ci si fa è quella che anche Pavolini Jr. in fondo “sfrutti” suo nonno per lavorare.

Pavolini Nipote ha una mail ma non risponde mai a nessuno, perché questo fa “sintomatico mistero” come cantava Battiato e –come diceva Nanni Moretti: “Mi si nota più se vengo o non vengo?”.

L’articolo termina in maniera banale con la solita foto degli appesi a testa in giù a Piazzale Loreto a Milano.

Si tratta dei corpi di: “un tale Gelormini, Benito Mussolini, Claretta Petacci, Alessandro Pavolini e Achille Starace”.

Colpisce il fastidio dell’intellettuale nipote del gerarca per il “tale” Gelormini.

Voglio informare Pavolini Jr. che il corpo - con grande probabilità - era quello di Giuseppe Gelormini, comandante regionale della Guardia Repubblicana, non certo un “tale”.

Concludo con una riflessione. Nuovi Argomenti è il baluardo di una certa sinistra radical chic, quella degli intellettuali ricchi che vivono nella Ztl ed è edita da Mondadori che è di Silvio Berlusconi.

Una pubblicazione che si crogiola in complessi e narcisistici esercizi ombellicocentrici. Da ultimo ha fatto infuriare i lettori per aver ritardato più volte un fantomatico Premio Letterario senza avvertire.

Non sembra che la rivista sia un business anzi…ma allora perché il Cavaliere non lascia questa roba alla sinistra? Siamo certi che Carlo De Benedetti, sebbene di manina corta, sarebbe ben lieto di accollarsela e così gli intellettuali, o supposti tali, smetterebbero di essere mantenuti da un editore di destra di cui, peraltro, sparlano sempre.

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