Mario Sechi, l'uomo che dà e toglie la parola. Male la prima a Cutro

A Cutro flop del capo ufficio stampa di Giorgia Meloni che va anche sopra la voce della premier

di Gabriele Penna
Mario Sechi
Politica

Mario Sechi, ritratto del Capo Ufficio stampa di Giorgia Meloni

Male la prima per Mario Sechi. L’ex direttore dell’Agenzia giornalistica italiana ha steccato alla grande la prima uscita da Capo Ufficio stampa di Giorgia Meloni, in occasione del Consiglio dei ministri celebrato a Cutro, dopo il naufragio che ha causato la morte di 73 migranti. Sechi è il Rocco Casalino di Giorgia. La figura che dà e (soprattutto) toglie la parola ai cronisti durante le conferenze stampa. È quello che redarguisce i colleghi della stampa quando i protocolli saltano. Come è successo ieri. Quando la Meloni, con a fianco i ministri Nordio, Piantedosi, Tajani e Salvini, ha inanellato un paio di inesattezze sul racconto del naufragio. Sbavature a cui giornalisti si sono aggrappati per incalzarla.

Non è un debutto facile per il navigato Sechi. Meloni, per la prima volta da quando è al governo, è seriamente in difficoltà. Alza la voce, balbetta, sbaglia date, attacca i media, abbassa la testa, si gratta la fronte. Giorgia è nervosa. Tanto nervosa. La platea che la ascolta sbotta. È più propensa a ribattere piccatamente ai cronisti che a fornire risposte precise sui tanti punti interrogativi che dal giorno della tragedia si susseguono.

Si attiva “il cordone di sicurezza”, la segretaria Patrizia Scurti, scrive Il Fatto Quotidiano, presente a Cutro, si rivolge a Sechi: “Mario, ferma i giornalisti”. E parte l’offensiva. “Scusate colleghi, però così non va”, “ordine”, “È una conferenza stampa, non un dibattito”, “non funziona così”, “dai, per favore su”, “facciamo le cose perbene” e “in maniera professionale”.

Sechi non ne azzecca una: introduce la conferenza stampa dei maggiorenti del governo dicendo che si svolge a "Curto" invece che a Cutro. Quel che si dice un inizio non proprio entusiasmante. 

La conferenza stampa di Giorgia Meloni. Dal minuto 50 in poi i momenti salienti

Poi Sechi, tra un placcaggio verbale e l’altro, va anche sopra la voce della premier, restituendo l’immagine di una conferenza che è andata a farsi benedire. E la premier è costretta a intervenire per riportare ordine. "Scusa Mario" si sente dire al minuto 54 della conferenza stampa. Inaudito. Ma d'altronde l'ex direttore dell'Agenzia Italia è abituato a far parlare di sé. 

Ha fatto notizia nelle redazioni il “discorso di arrivederci” che ha fatto al suo team dopo aver accettato l’incarico offerto da Palazzo Chigi. “Io non sono Mario Sechi perché sono venuto all’Agi. Io ero già Mario Sechi. E lo sarò anche dopo. L’Agi resta mia, io non mi sento un esule, non vado al confine”. E già, perché (parla in terza persona) “il sottoscritto – nei 4 anni di direzione - ha ottenuto 170 ore di visibilità televisiva, di cui 150 sempre in proprio. E poi passaggi in streaming, sempre dal sottoscritto”.

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Si chiama Sechi come Lamberto, quello che ha fatto la storia del giornalismo italiano. Direttore di Panorama tra gli Anni ’60 e ’70 che trasformò un settimanale italiano in un grande tabloid dal taglio innovativo. Mario, invece, è stato ex direttore dell’Unione Sarda e del Tempo. È considerato un fiero liberale.

Il Foglio racconta che colleziona i libri di George Steiner (scrittore francese che nei suoi saggi affronta il problema del ruolo dell'intellettuale in Occidente) e le bretelle come Winston Churchill. Ama i cocktail “ma mai prima delle 18”. Ha visitato il Pentagono e la Nasa. In molti si chiedono come abbia potuto lasciare la direzione dell’Agi (agenzia stampa dell’Eni) per il lavoro duro da portavoce della premier. “Guadagnerò di meno”, ma “quando la Patria chiama le persone serie rispondono”, dice.

Nella maggioranza avanzano anche l’ipotesi di una candidatura alle prossime elezioni politiche. Sechi per Meloni è fondamentale per rinsaldare il rapporto con i conservatori americani che potrebbero prendere la Casa Bianca nel 2024. “Ha un rapporto privilegiato con i conservatori americani, con i think tank”, spifferano da FdI. Ma le origini non sono borghesi. I contatti se li è costruiti nel tempo. Sechi è figlio di un elettrotecnico e di una casalinga.

Vittorio Feltri, il suo “scopritore”, lo notò all’Indipendente. Le voci che girano raccontano di un giovane che dormiva in treno perché povero e senza alloggio. Lui ha fatto sapere che era vero, ma perché faceva avanti e indietro tra Milano e Piacenza (dove gli affitti costavano meno). Oggi è un uomo potente. Che comanda. Che dà e toglie la parola.

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