Meloni a Kiev vs Macron-Scholz, così Giorgia spariglia l’asse geopolitico Ue

La premier italiana sta dimostrando di avere la capacità e le carte in regola per giocare un ruolo importante negli equilibri che si stanno creando in Europa

di Vincenzo Caccioppoli
Giorgia Meloni e Vladimir Zelensky
Politica

Guerra Ucraina, il viaggio di Meloni a Kiev  e lo scacchiere internazionale. Analisi 

Il viaggio a sorpresa di Biden a Kiev proprio in concomitanza con la prevista missione della Meloni in terra ucraina, rappresenta chiaramente una semplice coincidenza, malgrado i tentativi disperati delle rispettive di diplomazie (magari anche con l’aiuto del fedele alleato polacco) di far incontrare i due.

Ma il fatto invece che sia Biden che la Meloni si siano recati in visita a Varsavia rappresenta, in un certo senso, un cambio di paradigma negli equilibri europei che si sta verificando dopo lo scoppio del conflitto ucraino di un anno fa. Già da prima dello scoppio del conflitto in Ucraina gli Usa avevano instaurato con la Polonia in particolare (ma anche con  altri paesi dell’est europa) una relazione molto stretta, proprio in chiave anti russa.

E questa  scelta, che sarebbe risultata sorprendente qualche tempo fa, di volare in Europa, senza passare da Parigi e  Berlino,  rappresenta bene il fatto che per gli Usa la Polonia e i paesi dell’est ormai sono assai più strategici della storica amicizia ed alleanza con Parigi e Berlino. Il fatto che la Polonia in questi anni sia stata spesso messa all’angolo dalle cancellerie europee, adesso rischia di ritorcersi contro come un boomerang, considerando come per Washington i propri equilibri internazionali non sono certo dettati nè da Bruxelles, nè tantomeno ormai, se ne faccia una ragione il buon Macron, da Parigi e Berlino.

Mentre al contrario la vicinanza politica di Meloni al blocco di Visegrad (usato spesso strumentalmente a sinistra come fattore che avrebbe isolato l’Italia in Europa), ora potrebbe diventare un elemento positivo agli occhi degli Stati Uniti (Biden giunto a Varsavia, ha telefonato alla Meloni dicendosi ansioso di riceverla a Washington).

La Polonia è ormai a tutti gli effetti diventata uno degli interlocutori più affidabili per gli Stati Uniti, proprio a causa della sua ferma e decisa postura di condanna della Russia, per il conflitto in Ucraina. Varsavia, che è stato il primo paese europeo a decidere senza indugio, l’invio di carri armati a Kiev, è  per gli Usa, un partner strategico  in Europa, rappresentando l’avamposto della Nato sul fronte sempre più delicato dell’est europeo. Mentre sia Parigi che Berlino stentano ad assumere un ruolo guida nella gestione del conflitto ucraino, come la goffa cena parigina con Zelensky, prima del Consiglio d’Europa del 9 e 10 febbraio scorsi, ha chiaramente evidenziato.

Ed è in questo contesto che la Polonia di Morawiecki, il cui partito fa parte dell’ Ecr al parlamento europeo di cui è presidente la nostra premier, ha assunto un ruolo che per gli americani è diventato strategico, come appunto viene plasticamente dimostrato con la visita a Varsavia di Biden. Tutto questo si spiega con la ritrovata centralità della Polonia, garantita dalla sua solidità nell'appartenenza alla sfera atlantica e nel suo indiscusso sostegno a Kiev, da decenni agevolata dal partenariato orientale di cui Varsavia è la principale promotrice.

Giorgia Meloni si trova a Varsavia, prima di fare poi tappa a Kiev, proprio per rinsaldare il proprio stretto legame con il premier polacco, che non a caso ha voluto incontrare a margine dell’ultimo Consiglio d’Europa, come prima risposta allo sgarbo istituzionale fatto da Macron. Il fatto che gli Usa inevitabilmente guardino alla Polonia, ma anche alla repubblica ceca  o alla Slovacchia come partner affidabili nella sfida con la Russia di Putin, è certamente una grande occasione per la premier, di smontare, una volta per tutte,  la narrazione della sinistra che vede la vicinanza della premier con i paesi di Visegrad e del blocco dell’est europeo, come un fatto assai negativo per il paese e per la propria centralità in Europa.

Proprio il forte legame con questi paesi, in questo momento, potrebbe invece essere un ulteriore importante passo per accreditarsi ulteriormente a Washington. La missione in Polonia e poi in Ucraina della Meloni, certamente rappresenta un ulteriore tassello del suo chiaro tentativo di spezzare i vecchi equilibri europei, che ruotano da tempo sull’asse franco-tedesco. Il chiaro intento della premier e dei suoi alleati sarebbe quello di arrivare ad una alleanza, a livello europeo,  tra il gruppo dei conservatori dell’ Ecr  e il partito popolare ( a cui da tempo sta lavorando il ministro degli affari regionali Raffaele Fitto).

La Meloni avrebbe già discusso della cosa di recente in un incontro a Roma con il capogruppo dei popolari Manfred Weber, suscitando anche un piccolo moto di invidia nell’alleato Berlusconi. Una simile alleanza potrebbe voler dire la conquista di  una ampia maggioranza di centrodestra al prossimo parlamento europeo, spezzando così l’egemonia di liberali e socialisti di questi ultimi anni. Quasi naturale che un simile scenario vedrebbe la premier italiana, nel suo ruolo di presidente del gruppo dei conservatori, e forte di una chiara maggioranza in patria, come indiscutibile protagonista anche sullo scenario europeo.

A Washington la nostra premier è seguita da tempo con grande curiosità e attenzione (il ministro Adolfo Urso, all'indomani delle elezioni del 25 settembre, era stato spedito nella capitale americana, proprio per aprire il canale diplomatico per la futura premier, nella ristretta cerchia che conta nella politica a stelle e strisce). Ed è altrettanto indubbio che gli americani da tempo guardino con una certa diffidenza sia Macron, a cui non perdonano forse il suo inutile autonomo e vano tentativo di accreditarsi come mediatore a Mosca prima del conflitto, sia il cancelliere tedesco Scholz, tra i più tiepidi non solo sulle sanzioni alla Russia, ma anche sull’invio di armi agli ucraini.

Giorgia Meloni allora potrebbe avere  un'occasione forse unica di diventare, In Europa, uno degli alleati privilegiati  degli Usa. Ed è anche per questo che diventa sempre più fondamentale il  convinto appoggio all’Ucraina, che lei e il suo partito hanno portato avanti senza indugi, anche quando a palazzo Chigi c’era Draghi e Fdi era all’opposizione ( consigliata in questo dal fedelissimo ed ascoltatissimo Giovan Battista Fazzolari, da subito convinto sostenitore della causa ucraina).

Le indecisioni degli alleati, soprattutto Berlusconi, in questa fase, sembrano non scalfire la sua immagine sia a Kiev che a Washington, che giudica il nostro paese sulla base dei fatti e non delle dichiarazioni di questo o quell’uomo politico. La Meloni sembra quindi essersi conquistata, con il suo fitto lavorio diplomatico, sia sullo scenario africano che su quello europeo, una credibilità ed una autorevolezza, che certo non può essere oscurata da qualche estemporanea dichiarazione di un ex presidente del consiglio come Berlusconi, che pare ormai aver perso da tempo il suo fiuto politico e la cui immagine a livello internazionale appare sempre più sbiadita. I recenti attriti con Macron, invece, sono in parte anche il frutto di una sottile battaglia di logoramento per la conquista di quel vuoto di leadership in Europa, creatosi dopo la  fine della lunga era Merkel.

La Meloni, infatti, rappresenta agli occhi dell’Eliseo, forse il pericolo maggiore verso quella leadership europea a cui il presidente francese da tempo aspira e a cui sembrava destinato, più per mancanza di altri validi aspiranti che per meriti propri. Ma ora la premier italiana, in questi primi cento giorni, sta dimostrando di avere la capacità e le carte in regola per giocare un ruolo importante negli equilibri che si stanno creando all’interno di una nuova Europa, con il baricentro sempre più spostato ad est.

Ecco che in questo contesto, come dicono fonti autorevoli vicino alla premier, nei prossimi mesi la pressione sui popolari da parte del gruppo della presidente del Consiglio, si farà sempre più serrata. Avere una chiara maggioranza di centrodestra, con un peso importante del suo partito, ( Nicola Procaccini eurodeputato e fedelissimo della premier è stato nominato nei giorni scorsi copresidente del gruppo Ecr), potrebbe davvero aprire scenari completamente differenti e potrebbe regalare alla premier e al nostro paese quella centralità da troppi anni persa in Europa e nello scacchiere internazionale.

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