Meritocrazia, affondo Fornero: "Uno non vale uno, in Italia conta il potere"
Di meritocrazia si parla molto, ma è così poco conosciuta: Affaritaliani.it ne ha discusso con l'economista ed ex ministra del Lavoro Elsa Fornero
Elsa Fornero ad Affaritaliani.it, dal fisco alle pensioni: "Chi ha di più è giusto che paghi di più". Intervista
La meritocrazia… se ne parla tanto, quanto è poco conosciuta. Ne discutiamo con l’economista Elsa Fornero, già ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, con delega alle Pari opportunità, dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013 nel governo Monti.
Professoressa, di recente in un convegno alla Scuola di Economia dove è intervenuta con Michele Boldrin, è emerso un concetto molto interessante: che un approccio meritocratico consente a tutti guardare il mondo in genere, come pure la sfera del lavoro e il percorso personale di ciascuno in modo diverso. E da questa visione deriva un’azione diversa, un modo di agire sulla realtà diverso.
La meritocrazia può essere il sale della democrazia e del progresso. Rischia però di essere una scatola vuota se non ha come riferimento valori condivisi della società. È giusto premiare i bravi, ma la nostra società non fa partire tutti dalla stessa linea. Fin dai primi anni di vita, dalle scuole elementari molti bambini vengono lasciati indietro.
A me sembra che i giovani d’oggi, in particolare nel mondo del lavoro privato – penso in particolare ai settori dell’economia e della finanza – vivano in un contesto sensibile a questi temi; loro stessi lo sono. Forse servirebbero anche gratificazioni economiche che accompagnino il crisma del merito.
Tuttavia ci sono troppi giovani che vivono un senso di spaesamento e di fiducia. Alcuni si impegnano meno, non condividono le motivazioni dello studio. Hanno scarso senso civico, perché si sentono marginalizzati o esclusi dalla società. Bisogna fare uno sforzo per recuperare al futuro tanti troppi giovani delusi. Il Welfare che dobbiamo avere è quello che cerca di livellare i punti di partenza. Solo così la meritocrazia è legittimata.
Il ministero di Viale Trastevere, nell’Esecutivo Meloni, si chiama dell’Istruzione e del merito.
Ho avuto modo di discutere col ministro Giuseppe Valditara e nel nome del dicastero da lui guidato gli ho suggerito di inserire una parolina… io lo avrei chiamato dell’Istruzione, delle Opportunità e del Merito.
Cosa risponde a chi dice che le riforme della Scuola della sinistra hanno abbassato l’asticella di quanto chiesto agli studenti e di fatto reso paradossalmente la società più classista. Arriva in alto solo chi ha una famiglia alle spalle.
Manca un giusto valore dato alla scuola. Un tempo i genitori avevano una grande aspirazione a che i loro figli avessero un’istruzione superiore a quella che avevano avuto loro. Oggi i media danno un peso troppo grande all’apparire, meno all’istruzione basata sullo studio e sull’impegno e molti genitori pretendono voti buoni per i figli senza aver loro insegnato a meritarli.
Stanno partendo le nomine per le aziende partecipate dello Stato. Banale dire che non sempre si segua il merito. Cosa risponde a chi dice che comunque sono macchine rodate e che succede così in tutto il mondo?
È un’asserzione vaga e populista. Nel mondo si dà maggiore valore alle competenze, esattamente il contrario della tesi dei Cinque Stelle: “Uno non vale uno”. In Italia, purtroppo, l’appartenenza o la prossimità ai centri di potere conta ancora troppo nei meccanismi di scelta.
La sua Riforma delle pensioni, quanto è meritocratica? Guardiamo alle proteste in Francia. Possiamo dire che opporsi all’innalzamento dell’età pensionabile sia espressione di una cultura antimeritocratica?
Il principio della formula contributiva, che la riforma del 2011 ha applicato a tutti, collega strettamente la pensione ai contributi versati, e quindi al lavoro. La regola vale per tutti e le eccezioni si giustificano solo nel senso dell’equità verso i meno, non i più, fortunati. E l’equità deve riguardare anche le generazioni giovani e future, che non “meritano” di essere indebitate dalle pensioni dei loro padri.
La riforma del Fisco che è stata avviata dall’Esecutivo Meloni è meritocratica?
Il Fisco deve essere improntato a criteri meritocratici, ma anche di solidarietà. È giusto che, come prevedevano i padri costituenti, chi ha di più, paghi proporzionalmente di più. Abbiamo una società che esclude troppe persone, il Fisco può essere uno strumento per fornire risorse a un Welfare che riduca le differenze di partenza e renda equa la meritocrazia.
Cosa pensa della cosiddetta affirmative action (discriminazione positiva), una cui declinazione, per intenderci, sono le quote rosa?
Sono azioni che possono servire per ridurre resistenze e recuperare ritardi, come è stato fatto anche in altri contesti, penso alla condizione dei neri negli USA. L’importante è creare le condizioni di partenza perché la meritocrazia sia vera.