Nordio, lo stop alla riforma sulla giustizia? L'eccesso di zelo verso Meloni

La premier ha sconfessato il Guardasigilli con riguardo all'intervento previsto sul reato di "concorso esterno ad associazione mafiosa"

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Giustizia, Nordio "realista": l'eccessivo zelo non piace alla Meloni, che lo frena sul "concorso esterno"

Carlo Nordio, ministro della Giustizia in quota Fratelli d’Italia, è un magistrato in pensione che ha avuto una lunga carriera. Considerato un magistrato conservatore in una magistratura che Berlusconi vedeva tutta o quasi rossa, ha scritto nel 2010 un libro con il più che sinistro Giuliano Pisapia:

“In attesa di giustizia. Dialogo sulle riforme possibili”. Ha svolto poi intensa attività pubblicistica per vari quotidiani tra cui Il Tempo, Il Messaggero e Il Gazzettino. Dal punto di vista strettamente giudiziario Nordio si è occupato molto delle Brigate rosse in Veneto. Durante l’inchiesta Mani pulite negli anni ’90 ha condotto le indagini a Venezia, facendo finire a processo due ministri: il democristiano Carlo Bernini e il socialista Gianni De Michelis. Tuttavia fu fiero avversario del pool di Milano a cui addebitava intenti politici. Sempre in quel periodo si occupò delle inchieste relative alle “cooperative rosse” e indagò su Achille Occhetto e Massimo D’Alema che però furono archiviati. Si occupò in seguito di appalti sul Mose di Venezia.

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Dal punto di vista politico Nordio nel 1967 aveva la tessera dei Partito Liberale Italiano (PLI). Nel 2022 il suo nome fu fatto dal centro – destra per divenire Presidente della Repubblica ma lo scaltro Mattarella bruciò tutti e fu democristianamente riconfermato. Divenuto ministro della Giustizia nel 2022 è anche Deputato avendo vinto nel seggio uninominale Veneto 1 in quota FdI.

La sua carica ministeriale è stata voluta esplicitamente da Giorgia Meloni e con lei quindi che Nordio si rapporta in merito al programma. Da quando è diventato ministro della repubblica Nordio deve avere purtroppo per lui dimenticato la fondamentale frase che il politico francese Talleyrand rivolgeva ai suoi impiegati al ministero degli Esteri: “surtout, pas trop de zèle” e cioè “soprattutto, non troppo zelo”. Ecco, questo è il punto. Nordio in questo tempo che è stato ministro di un dicastero delicatissimo per la coesione sociale di un intero popolo che spesso si lamenta della gestione della Giustizia, è stato indubbiamente troppo zelante proprio nel senso della frase prima ricordata.

Giustizia, l'eccessivo zelo di Nordio non piace alla Meloni. Riforma a rischio

Zelo significa eccesso di realismo magari dettato per compiacere il Principe, il dominus, in questo caso la Regina e domina e cioè Giorgia Meloni che infatti gli deve sempre andare dietro a tirare le orecchie. Il tema della riforma della Giustizia è un argomento assai complesso e soprattutto delicato e questo vale ancor più maggiormente per il centro – destra, dopo decenni di conflitti con la magistratura di Berlusconi. Serve “pugno di ferro in guanto di velluto” ma Nordio usa -come tutti i timidi- un “pugno di ferro in guanto di ferro” e questo una politica navigata e scaltra come la Meloni non lo può permettere.

Ad esempio nella recente polemica sull’attacco che la magistratura starebbe portando al centro – destra anche la stessa Meloni ha esagerato con il comunicato di una “fonte di Palazzo Chigi” di cui ha poi rivendicato la maternità. Ma le serviva un segnale che le è venuto fuori un po’ troppo forte, anomalo ed irrituale. Ma il messaggio è arrivato ed ora si tratta.

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L’errore di Nordio è stato quello di aver voluto a tutti i costi farsi eccessivo vessillifero di questa posizione che non è (solo o più) istituzionale ma è ora puramente politica (come deve essere per evitare pericolosi conflitti tra poteri dello Stato). E la politica la fa la Meloni non Nordio, perché questo è il suo mestiere.

Per questo che sul reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” che il ministro voleva riformare è arrivato lo stop della Meloni. La leader di FdI sa benissimo che se c’è un riferimento alla parola “mafia” che si vuole attenuare o comunque rivedere in senso garantista gli elettori non l’apprezzerebbero affatto. Perché la base di FdI è giustizialista. Non per niente alle prime manifestazioni pro Antonio Di Pietro c’erano Pino Rauti e sua figlia Isabella ora senatrice proprio per FdI. E non per niente la Meloni ha detto di aver sentito lo stimolo a fare politica proprio dopo le vicende di Falcone e Borsellino.

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