Pd, dopo la vittoria di Schlein i vecchi volponi si riposizionano. La mappa

Domenica ci sarà l'assemblea nazionale per votare la direzione, il tesoriere e il presidente. Tutti i nomi

di Paola Alagia
Politica

Pd, verso l'assemblea nazionale: la segreteria Schlein prende forma

“Come si cambia per non morire” canta Fiorella Mannoia. Ed è un refrain azzeccatissimo al momento in casa dem, soprattutto dalle parti dei progressisti battuti ai gazebo. Tra questi tantissimi big che non hanno paura di “capire che domani è un altro giorno”. Un domani che è già arrivato e che prenderà una forma ancora più definita proprio in questa settimana.

Già domenica prossima il volto del Pd targato Schlein sarà molto più nitido. Si riunirà infatti l'assemblea nazionale per votare la direzione, il tesoriere e, naturalmente, il presidente. Sarà Stefano Bonaccini oppure no? Una questione per nulla secondaria per iniziare a tratteggiare il nuovo corso. Un conto infatti è un Bonaccini nei panni di vicesegretario, e quindi molto più imbrigliato nella linea dettata dalla segretaria, un altro nei panni di presidente, posizione che gli concederebbe una maggiore autonomia.

Ma non c’è solo questo ruolo da definire, ovviamente. Dagli spazi nella stessa direzione e poi in segreteria, passando per quelli nei gruppi parlamentari, ci sono innanzitutto da piazzare i fedelissimi della nuova segretaria. Da Chiara Gribaudo a Chiara Braga, passando per la consigliera del Lazio Marta Bonafoni, Alessandro Zan, Marco Furfaro (per lui in ballo ci sarebbe la casella da vicesegretario) e Francesco Boccia.

Intanto i sostenitori della mozione Bonaccini sono in modalità stand by. Un’attesa che però non significa immobilismo. Nella galassia degli sconfitti alle primarie, che conta una lunga schiera di amministratori locali oltre che di big storici del partito, infatti, i riposizionamenti sono già scattati.

Anche se il carro del vincitore, c’è da dire, non fa gola a tutti. Dopo l’addio di Beppe Fioroni, sull’uscio c’è pure l’ex capogruppo dem al Senato Andrea Marcucci. Non ha ancora preso una decisione, ma le prossime scelte del Nazareno sull’Ucraina potrebbero essere dirimenti, soprattutto se si dovesse cambiare rotta sul piano internazionale. Per un Carlo Cottarelli che nelle ultime ore non le ha di certo mandate a dire a Elly, senza nascondere dubbi e perplessità sul nuovo corso che si apre, c’è invece un Giorgio Gori che diventa dialogante. Il sindaco di Bergamo, infatti, a primarie ancora lontane, aveva lanciato il suo avvertimento: “Se vince Schlein potrei lasciare il Pd”. Oggi, invece, la sua postura è più morbida, tant’è che afferma che dipende da Schlein “se il Pd sarà ancora il mio partito”.

Tra i sindaci di peso non si può non menzionare Dario Nardella, che è stato il coordinatore nazionale della campagna di Bonaccini e che è molto corteggiato proprio dal fronte Schlein quale cerniera con i riformisti. Non a caso è considerato un nome in pole per la presidenza del partito. Il primo cittadino di Firenze, intanto, si è ritagliato il ruolo, non del tutto disinteressato, di mediatore tra le anime: “Il Pd è nato 15 anni per tener insieme radicali e riformisti: dobbiamo tenere insieme i riformisti dentro il Pd e sono convinto che Schlein abbia questa sensibilità”, ha detto nei giorni scorsi su Rai Radio 1.  



Ben disposto nei confronti della neo segretaria, poi, appare l’ex ministro Graziano Delrio che su Repubblica ha elogiato la scelta di Schlein di andare in piazza a Firenze, ma soprattutto ha riconosciuto la capacità della giovane leader di accendere l’entusiasmo. Non senza però avvertire: “A me non preoccupa certo se il Pd si sposta a sinistra sui migranti e sulla pace, ma la nostra scommessa deve essere di attrarre la società tutta, non solo la parte più radicale".

Un profilo basso sta tenendo un big come Lorenzo Guerini, anche in ragione del delicato ruolo di presidente del Copasir che riveste. Ovviamente l’ex ministro della Difesa, come gran parte della pattuglia di Base riformista, attende al varco la nuova segreteria sull’impostazione atlantista in politica estera.

Guerini, in ogni caso, manterrà la sua poltrona. Che per altri, invece, a cominciare dalle attuali capogruppo dem alla Camera e al Senato, Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, vacilla.

Nardella non si stanca di ripetere che la preoccupazione non sono i posti, ma “far vivere le nostre posizioni dentro il Pd” e sarà vero. Ma, si sa, le prebende aiutano. Serracchiani ha scelto un profilo basso e nessun commento sulla segretaria. Anzi, ha fatto il beau geste di dichiararsi pronta al passo indietro. Toccherà a Schlein ora decidere se mantenerla alla guida dei deputati. Anche se dal fronte di Bonaccini preferirebbero continuare a presidiare con un riformista la guida dei senatori. In ogni caso in pole per la carica di capogruppo a Palazzo Madama, come accennato, ci sarebbe Boccia.

Poi vanno considerati i due pezzi da novanta che governano al Sud e che si erano schierati con Bonaccini. Il presidente della Puglia Michele Emiliano si è subito riposizionato: “Elly ed io – ha detto al Quotidiano di Puglia - abbiamo la stessa posizione sulle alleanze. Siamo molto scettici sulla buona fede di Renzi e Calenda, e vogliamo costruire un Pd largo e forte che occupi tutto lo spazio possibile dialogando con il M5S”. Dalla Campania, invece, Vincenzo De Luca non ha dato mostra di alcun entusiasmo. Qualche frase di circostanza tipo: “Che ci sia una donna è sempre un fatto positivo”, ma nulla di più. C’è da scommettere, però, che la battaglia sull’autonomia potrà essere il terreno giusto per un avvicinamento, senza intaccare l’orgoglio del governatore con l’aspirazione del terzo mandato.

Intanto, quel pezzo di establishment che da tempo si era schierato con Schlein adesso spera di passare all’incasso. Qualcuno tra loro per la verità si schermisce. Ad esempio, l’ex ministro Andrea Orlando, accusato di far parte della vecchia nomenclatura che ora dovrebbe farsi da parte, replica al Corriere: “Non ho alcun incarico specifico, né di partito né parlamentare. Per cui sarebbe più corretto chiedere se voglio fare un passo avanti”. Invece, il demiurgo Dario Franceschini, che sulle sorti di Schlein ci aveva visto lungo, se la gode in silenzio. Mentre la moglie, Michela Di Biase, è in predicato di entrare nella nuova segreteria.

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