Pd, Elly Schlein è la sintesi delle contraddizioni dem: ecco perchè

La sinistra italiana, nonostante il nuovo arrivo di Elly Schlein, non sarà mai più quel fronte progressista della politica ma solo "illusionista"

di Maurizio De Caro
Politica

Pd verso le Primarie, Elly o l’impossibilità della sinistra di essere di “sinistra”. L'analisi 

Ha tre cittadinanze, ma è nata vicino a Lugano, due genitori di altissimo lignaggio, e due fratelli dello stesso livello accademico e diplomatico, ha lavorato per Obama (ovviamente da volontaria) e ha lasciato il Partitone dopo l’imboscata ferale a Prodi, scegliendo la frangia più chic del momento, quel Civati, da qualche decennio enfant prodige inespresso della left italica.

Elly Schlein se non fosse reale sembrerebbe progettata dall’intelligenza artificiale, da un algoritmo che potrebbe portarla addirittura alla segreteria del Bottegone ma contemporaneamente relegarla a un ruolo di politico, espressione della più gigantesca costruzione scientifica dell’antipatia nazionale.

Oltre ad avere tutti i santi e santini giusti in paradiso, orientamenti sessuali fluidi, eloquio forbito ma antico, tra Asor Rosa e Mario Brega, un melange tra il post-salottismo alla Concita de Gregorio e la lettura di gruppo dell’Unità clandestina nel circolo di Centocelle, dunque perfetta nello sguardo tagliente, rigido e intelligente pieno di “certezze contraddittorie”.

Certo perché alla sua età, è giovane ma non giovanissima, dopo molti anni di pratica, si è lanciata nella presa del potere con la P maiuscola, e contro tutto quello che di più vecchio e stantio si possa immaginare, quel Bonaccini, prima suo sodale e Presidente dell’Emilia Romagna, poi immagine di tutto il peggio dell’Occidente e cioè Matteo Renzi, l’ultimo brontosauro con i Ray Ban da vista.

Elly è molto abile nel rilasciare dichiarazioni misurate, poco incendiarie ma molto incisive per il suo stesso mondo narcotizzato e scombussolato dalle scoppole elettorali recenti e passate, ma il suo capolavoro è sembrare di sinistra senza esserlo, scambiare la parola con gli “atti”, nel senso che basta dirle le cose che magicamente appaiono nell’immaginario dei pochi iscritti rimasti.

Salari adeguati, assenza di discriminazioni di qualsiasi “genere”, accoglienza indifferenziata, transizione ecologica, occupazione giovanile, sicurezza nelle città e diritto alla casa, eliminazione della povertà, ritorno agli ideali di libertà, eguaglianza e giustizia giusta.

Insomma una favola dei Fratelli Grimm, buona per tutte le stagioni e per qualsiasi partito dell’arco costituzionale, ma questa impostazione estetica che presuppone l’impossibilità di entrare nel merito e nel profondo degli enormi problemi e squilibri del paese, se rende questa idea della sinistra debole e forte allo stesso modo, potrebbe portarla a vincere le Primarie il 26 febbraio.

Elly ti guarda come se non ti vedesse e non riesce a capire perché non hai capito, come i suoi adepti, che questa è la strada maestra, e che “il sol dell’avvenire” esiste davvero e che solo questione di tempo, perché l’orribile Meloni e i meloniani, brutti sporchi e cattivi, e francamente provinciali e privi di glamour, imploderanno.

Siamo al “post-Capalbio”, dove oltre ad essere ricco, bello e potente devi essere scelto e cooptato per l’appartenenza al neo-comunismo che ha scambiato Grillo, col Marchese del Grillo, e crede di poter eliminare le truppe poltroniste del partito semplicemente rendendole inadeguate: “noi siamo migliori più del Migliore ma, alcuni sono migliori di tutti”.

Finalmente l’anima elitaria e classista del vecchio partito risorge nel suo ologramma perfetto, una donna sintesi di tutte le contraddizioni insanabili del sinistrismo italico, dove per vincere devi fingere di essere vincente, in un paese con un popolo profondamente e inesorabilmente di destra, democristiano.

La distanza tra Lugano di Elly e la Subburra meloniana è incolmabile, come la realtà rispetto alla realtà virtuale, sembra vera ma è solo apparente, ma questo basta a rendere credibile una sinistra che non sarà mai progressista, ma soltanto “illusionista” perché basta immaginarlo quel sole per vederlo splendere.

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