Inizia l'era Schlein: per la presidenza quasi fatta per Bonaccini ma Prodi...

Tutti i dubbi sul nuovo presidente del partito democratico, carica ora divenuta non più simbolica come in passato...

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Pd, sarebbe paradossale per l’emiliano essere defenestrato proprio da Prodi. L'analisi 

Nel quartiere residenziale dell’Eur voluto da Benito Mussolini, tra i prati verdi di una primavera precoce, si terrà oggi l’assemblea Pd che incoronerà Elly Schlein segretaria. La cattedrale laica è quella avveniristica voluta da Walter Veltroni e cioè la Nuvola di Fuksas. Il Papa, anzi la Papessa incoronanda è invece una che fino a poco tempo fa neppure aveva la tessera del partito, quindi sarebbe più opportuno parlare di una “Papessa nera”.

Ma se il Capo è sicuro ancora qualche dubbio persiste per il vice Capo, cioè il presidente del partito, carica ora divenuta non più simbolica come era stata in passato. Il candidato principale e quasi imbattibile è chi le ha conteso il trono e cioè Stefano Bonaccini ma c’è un convitato di pietra che grava sulla cerimonia e si tratta di Romano Prodi, il fondatore del Partito dell’Ulivo prima e del Partito democratico poi.

Alla fine si tratta del Capo dei capi -nella accezione benevola del termine- visto che per primo ebbe l’idea ma soprattutto la capacità di perseguirla nonostante i continui attacchi e le difficoltà degli sfascisti. Prodi è stato un sostenitore non dichiarato sia della Schlein che di Bonaccini ma i suoi, cioè Sandra Zampa e Giulio Santagata avevano nelle settimane scorse chiaramente dimostrato pubblicamente il loro apprezzamento per Bonaccini.

Per questo sarebbe paradossale per l’emiliano essere defenestrato proprio da Prodi che lo ha sostenuto. Ma la politica è complessa e alla Schlein non mancano capacità analisi e una forte dose di opportunismo. La scelta di Romano Prodi infatti significherebbe non solo pararsi di fronte alle sirene terzopoliste rappresentate da Calenda e Renzi ma anche e soprattutto dare un suggestivo segnale di una rivoluzione nella continuità che potrebbe blindarle il percorso che per i segretari Pd non è mai stato agevole e tutti c’hanno rimesso le penne politiche. 

Dunque la suggestione Prodi c’è davvero anche se la candidatura di Bonaccini sarebbe la scelta più facile e soprattutto più ovvia anche per gli importanti equilibri interni in Assemblea. La figura di Prodi garantirebbe alla Schlein una formidabile carica di coesione unendo futuro e passato e soprattutto garantirebbe ai tanti militanti ancora confusi l’assicurazione che il Pd non stia avviandosi ad essere un “grande partito radicale di massa”, un pericolo che potrebbe indurre soprattutto gli ex democristiani a seguire le orme di Beppe Fioroni per lidi ancora incerti ma pragmaticamente significativi.

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