Premierato, FdI: "Meloni resta premier anche se vince il no al referendum"

Intervista al presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni di Fratelli d'Italia

Di Alberto Maggi
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Alberto Balboni Giorgia Meloni
Politica

Accordo possibile con le opposizioni per evitare il referendum? "In politica mai dire mai"

 

"Il dialogo è sempre auspicabile, soprattutto quando si parla di Costituzione. Ricordo che a mettere la fiducia sulla riforma del Titolo V nel 2001 fu la sinistra e non certo noi. Come ha spiegato anche il ministro Casellati, la disponibilità al confronto di governo e maggioranza c'è. E lo ha affermato anche Giorgia Meloni in conferenza stampa". Con queste parole il presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato, Alberto Balboni di Fratelli d'Italia, risponde alla domanda di Affaritaliani.it se sul premierato, viste le posizioni di Pd e M5S, il referendum confermativo sia inevitabile.

"In politica mai dire mai. Quella che oggi sembra una chiusura, domani può diventare un'apertura, soprattutto quando si ragiona sul merito e si cerca di trovare un'intesa. In questi giorni nella mia Commissione stiamo chiudendo l'esame dell'autonomia differenziata e leggendo le dichiarazioni dei mesi scorsi dei leader di partito sembrava una guerra senza quartiere eppure, basta leggersi i verbali, ci sono stati molti punti di convergenza tra maggioranza e opposizione, con riformulazione di emendamenti e altri che sono stati fusi tra loro. Un lavoro davvero molto costruttivo".

Tornando all'ipotesi referendum sul premierato, Balboni spiega che comunque "stiamo parlando del 2025 o forse anche del 2026. E' vero che sono quattro articoli, di fatto solo due, ma io non ho mai compresso i tempi della discussione. Ritengo comunque che nel giro di due o tre mesi possa terminare il lavoro in Commissione. Se l'iter inizi dalla Camera o dal Senato lo deciderà il governo e in particolare il ministro dei Rapporti con il Parlamento, ma in ogni modo in questo momento c'è la sessione di bilancio e quindi non si può far nulla se non disegni di legge collegati alla manovra come l'autonomia. Conto che per i primi di dicembre finisca la discussione sulla sessione di bilancio".

Che cosa accadrebbe in caso di sconfitta al referendum? Governo a rischio? "A chiedere l'eventuale referendum non è né Meloni né il governo. Ma o 500mila cittadini o cinque consigli regionali o un certo numero di parlamentari tra Camera e Senato. E quindi saranno le opposizioni a chiedere il referendum. Nell'eventualità che io ritengo decisamente remota di una vittoria del no, non sarebbe certo una sconfitta per Meloni bensì per il Parlamento che ha votato la riforma, per la maggioranza che vedrebbe smentita una parte del programma elettorale".

Quindi in caso di vittoria del no al referendum nessuna dimissione di Meloni come accadde a Renzi nel 2016? "Non vedo proprio perché il presidente del Consiglio dovrebbe dimettersi. Fu Renzi a personalizzare quel referendum dicendo 'se perdo me ne vado', ma fu una sua scelta e non vedo perché Meloni dovrebbe commettere lo stesso errore di personalizzare l'eventuale prova referendaria. E' una battaglia di tutta la maggioranza e seguendo questo ragionamento allora a dimettersi dovrebbero essere anche Salvini, Tajani, Casellati e tutti noi parlamentari del Centrodestra. Non è questo il tema. Ci inchineremo di fronte alla volontà popolare e in caso di vittoria del no a essere smentito sarà il Parlamento e non la persona di Meloni che continuerà a fare la premier. Sarà un referendum sul premierato e non su di lei. Poi, comunque, io sono certo che ci sarà un successo senza pari del sì, sempre che non si raggiungano i due terzi in Parlamento evitando così il referendum popolare", conclude Balboni.