Qatar-gate, Benifei (Pd): "Emissario Marocco? Panzeri me lo chiese: non andai"
L'eurodeputato e capodelegazione dei dem, rimanda al mittente le accuse: "Io eletto senza aiuti, dall'ambasciatore non ci mandai neanche il mio assistente"
Qatar-gate, Benifei (Pd): "Ora capisco perchè Panzeri insisteva tanto"
Lo scandalo del Qatar-gate si allarga dopo le dichiarazioni durissime del principale imputato Antonio Panzeri, che nel suo interrogatorio ha fatto diversi nomi, mettendo nei guai soprattutto eurodeputati del Pd. "Né io né il mio assistente abbiamo incontrato l’ambasciatore marocchino Atmoun". Brando Benifei, 37 anni, eurodeputato dal 2014 e capo delegazione del Pd al Parlamento europeo dal 2019, - si legge su La Stampa - tirato in ballo nello scandalo del Quatar-gate da Antonio Panzeri, respinge ogni connessione. Di fronte ai magistrati di Bruxelles, Panzeri ha riferito che come altri europarlamentari Benifei è stato eletto nel 2019 grazie ai voti decisivi della comunità marocchina. "Posso tranquillamente affermare che non ho mai inviato il mio assistente a Roma per partecipare a quella riunione. Era stato Panzeri a insistere affinché ciò avvenisse, ma a me la cosa pareva del tutto inutile. Non mi interessava affatto e ora comprendo il perché di tutta la sua insistenza".
"Antonio Panzeri - prosegue Benifei a La Stampa - è un criminale reo confesso ed è stato lui stesso a spiegare ai magistrati che voleva creare una relazione, un link, tra i pagatori marocchini e chi aveva un ruolo in Europa. Era lui che aveva un interesse ad accreditarsi presso il Marocco. Ma questo non significa che sia vero anche il resto della sua versione. Perché sfido chiunque a dimostrare che il mio assistente partecipò a quell’incontro di Roma o che io abbia mai incontrato questi rappresentanti delle comunità. Lo scarto tra me e Mercedes Bresso, prima dei non eletti dopo di me, è stato di 7 mila voti. Non mi pare di aver avuto bisogno dei voti di questa comunità, con cui non ho alcun contatto, per passare".