Qatar-gate? Una tragedia anche per la Meloni. E la guerra sarà ancora lunga

Intervista a Nathalie Tocci, direttrice IAI, sullo scenario internazionale: "Biden contro Zelensky? Non è vero niente. L'atomica è lontana, ma anche la pace"

Di Lorenzo Zacchetti
Nathalie Tocci
Politica

Qatar-gate, Nathalie Tocci: "Più che un problema dell'Ue è un disastro per l'immagine dell'Italia"

 

 



L'Europa si appresta a vivere un Natale in tempo di guerra. Non accadeva dal 1944, eppure l'attenzione mediatica sul tema si è decisamente raffreddata. Un po' è il risultato dell'assuefazione, un po' è lo specchio di una situazione di stallo sul campo di battaglia. Per fare il punto sul conflitto e sullo scenario internazionale (anche alla luce dello scandalo Qatar-gate), affaritaliani.it ha intervistato la politologa Nathalie Tocci, direttrice dell'Istituto Affari Internazionali.

Dopo dieci mesi di guerra, in che fase ci troviamo ora?

"Da un punto di vista militare, siamo in una fase di inevitabile rallentamento dovuto più al fango che al freddo. Entrambe le parti stanno preparando i rispettivi tentativi di controffensiva. Gli ucraini quasi certamente attaccheranno a fine gennaio e già di parla del luogo geografico, anche se l'ultima volta hanno sorpreso tutti partendo da nord, invece che da sud come si pensava. I piani per la controffensiva russa non sono certo un mistero, visto che Mosca stessa ne parla. Direi che siamo in una fase di quiete prima di una nuova tempesta".

E sul piano politico?

"Non si intravedono spiragli per la fine di questa guerra nel 2023". 

Perché?

"Da parte russa non c'è nemmeno un minimo segnale di presa d'atto di quello che per loro è già oggi un fallimento strategico. Qualche settimana ero negli Emirati, ad un incontro a cui hanno partecipato anche esponenti del governo russo, e mi ha colpito moltissimo sentirli dire che il loro obiettivo è ancora quello iniziale: eliminare gli 'anti-russi' in Ucraina. Questo si traduce nella volontà di imporre una 'soluzione cecena', lo hanno detto proprio così, letteralmente. Questo significa la permanente volontà di sostituire il governo di Zelensky con un governo-fantoccio nelle mani della Russia. La loro posizione non è cambiata di una virgola: questo è il dato politico, altro che negoziati!".

E sul fronte ucraino?

“I loro obiettivi sono consolidati. Se inizialmente era in dubbio il fatto che Kiev si potesse salvare, adesso puntano a liberare i loro territori. E più territori liberano, più cresce in loro la voglia di andare avanti, giustamente. Ormai c'è la convinzione che l'unico modo per mettere fine a questa guerra sia mettere fine alle ambizioni imperialiste della Russia. In fondo, la transizione da Impero a Stato non si è verificata ne' con la nascita dell'Unione Sovietica, ne' con il suo crollo. E una nazione che si considera ancora Impero, invece che Stato, rappresenta una minaccia non solo per l'Ucraina, ma per tutti i paesi che le stanno vicini. Anche per questo, oltre agli obiettivi che stanno conquistando, gli ucraini sono determinati ad andare avanti fino alla fine".

Però si dice che gli USA stiano cercando di ammorbidire la posizione di Zelensky...

“Si dice, ma sono tutte strategie di pr. Non è vero niente. E' un gioco delle parti, nel quale da un lato gli Stati Uniti giustamente non vogliono dare l'idea di una possibile escalation militare, ma dall'altro c'è pieno allineamento tra le posizioni di Zelensky e quelle di Biden. Se le elezioni di mid-term americane avessero dato un altro risultato, allora sarebbe stato possibile un cambiamento, ma alla luce dei fatti è chiaro che il sostegno militare all'Ucraina proseguirà fino al 2024, la politica estera di Washington non cambierà. Ecco perché dico che, sia sul piano militare che su quello politico, non vedo la possibilità che la guerra finisca a breve, con una delle due parti che decide di fare un passo indietro". 

Cosa può succedere, allora, perché la guerra finisca?

"Se non sarà la volontà politica, sarà la capacità di andare avanti. È impossibile prevedere quando, ma a un certo punto può succedere. E, tra i due, a me pare evidente che sia la capacità bellica russa a corrodersi sempre di più. Tuttavia temo che questo non porterà a una fine del conflitto nel 2023. Credo che la guerra continuerà ancora a lungo, magari con tempi diversi. Non vedo una fine in tempi brevi, a meno che non si verifichi qualcosa di molto caotico, come l'implosione della Russia. In ogni caso, lo scenario non è particolarmente rassicurante". 

Ma peggio ancora sarebbe uno scenario atomico. Mi pare, però, che la posizione della Cina abbia ricondotto la Russia a più miti consigli. È così?

"Bisogna sempre tenere la guardia alta, senza escludere nulla, ma francamente non vedo probabile il conflitto atomico. Ad oggi non ci sono segnali in questa direzione. Sì, c'è stato un momento in cui Putin ne ha parlato apertamente, ma in effetti Xi Jinping gli ha fatto capire che non era proprio aria". 

Invece si dice che Putin abbia una certa influenza sulle crescenti tensioni tra Serbia e Kosovo: è una lettura che si sente di confermare?

"Si, ma non esagererei. Intendo dire che calcare troppo la mano sul rapporto tra Putin e Vucic secondo me è sbagliato. Vucic è simile a Erdogan: un opportunista, che però non è vicino a Putin ne' sul piano ideologico, ne' su quello personale. Anzi, quei due non si sopportano. Vucic è interessato al suo potere e quindi fa qualunque cosa gli convenga per consolidarlo. Quando gli conviene avvicinarsi alla Russia lo fa, ma quando serve è pronto anche a fare un passo indietro. Putin ha chiaramente un interesse a creare zizzania un po' ovunque, a partire dai Balcani, anche perchè la Russia sta attraversando una fase storica nella quale il suo ruolo è fortemente indebolito. Anche in Asia centrale, ad esempio". 

In questo difficile quadro internazionale non è che l'Unione Europea abbia particolarmente brillato. Oggi, dopo lo scandalo Qatar-gate, che ruolo può giocare?

"In realtà l'Europa ha fatto molto, prima nella gestione della pandemia e poi anche in questa guerra: nove pacchetti di sanzioni, allargamento dello status di candidato all'Ucraina, protezione temporanea per quasi nove milioni di rifugiati ucraini, l'ultimo pacchetto da 18 milioni di euro di aiuti finanziari... Insomma, l'Europa c'è ed interviene, poi ognuno può avere la sua legittima opinione politica sul fatto che queste azioni siano giuste o meno. Però ci sono e questo è un dato di fatto".

Eppure sul tema cruciale della crisi energetica ogni Paese ha proceduto un po' per conto suo, almeno fino alla decisione finale sul Price Cap....

"Beh, le politiche energetiche sono una competenza delle singole nazioni, non dell'Ue. Non possiamo giudicare l'Europa con gli stessi criteri con i quali giudichiamo uno Stato. L'integrazione funziona così: arriva una crisi, i singoli stati non riescono a gestirla da soli perché ha una natura transnazionale e a quel punto il focus si sposta sull'Ue, anche in assenza di una specifica competenza, intesa nel duplice senso di competenza giuridica e di competenza tecnica. Magari l'Ue si arrabatta, ma poi una soluzione la trova ed è così che l'integrazione europea fa un ulteriore passo avanti. Vale per qualsiasi tema e anche sull'energia è andata così. Pur essendo competenza nazionale, l'Europa è riuscita a coordinare i livelli di stoccaggio intorno al 95-96% (il 98% nel caso della Germania), in soli 10 mesi è passata da una dipendenza del gas russo pari al 40% del totale a quella attuale tra l'8 e il 9%, ha coordinato una riduzione della domanda del 30% e poi, seppure in maniera confusa, è arrivata a una quadra sul Price Cap. Tra l'altro, personalmente questa ultima decisione mi lascia anche un po' perplessa, ma oggettivamente... è una decisione. Anche su questo, quindi, direi che l'Europa si è comportata bene. Infatti, Putin pensava di metterci in ginocchio usando l'energia come arma di ricatto, ma tutto questo non è successo e non succederà".

Torniamo al Qatar, che dai mondiali di calcio alle mazzette sembra proprio intenzionato a comandare anche nel resto del mondo?

"A mio avviso il vero problema del Qatar-gate non riguarda tanto la delegittimazione del Parlamento Europeo, che non ha poi così tanti poteri. Il vero dramma è per l'Italia, perché la nostra immagine nazionale ne esce devastata. In un contesto nel quale già non godevamo di una altissima reputazione, questa vicenda spinge gli altri paesi a dire: 'Rieccoli qua, i corrotti del Sud'. Era l'ultima cosa della quale l'Italia aveva bisogno, in questo momento". 

Si, anche se bisognerà poi capire bene i confini di questa vicenda corruttiva. È sensato pensare che una potenza straniera corrompa solo parlamentari di una nazionalità e di una forza politica, quando la maggioranza in Europa è ben più composita?

"Certo, il tema è questo. Bisognerà approfondire. Però intanto chi vuole strumentalizzare la vicenda non si ferma a quei confini: gli euroscettici ne approfittano per dire che tutto il Parlamento Europeo è screditato, mentre gli anti-italiani puntano il dito sul fatto che quasi tutti i personaggi coinvolti sono nostri connazionali. Questo è il vero veleno di questa vicenda e sbaglia di grosso chi sostiene che il fango sul PSE possa trasformarsi in un vantaggio per Giorgia Meloni: al contrario, ragionando in ottica-Paese, è un enorme problema per l'Italia nel suo complesso, che deve trattare con i partner internazionali da una posizione davvero molto difficile".

 

 


 
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