Referendum-Amministrative, mistero: per votare serve la mascherina, altrove no

La circolare di Speranza e Lamorgese che impone la mascherina per votare il 12 giugno

di Antonio Amorosi
Enrico letta al seggio
Politica
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Elezioni amministrative 2022 e referendum sulla giustizia, incomprensibile: durante il voto, e solo in quel preciso contesto, scattano le condizioni restrittive della pandemia. Nello stesso istante altrove al chiuso, negli uffici pubblici, le stesse restrizioni non valgono

Per votare al referendum sulla giustizia e alle amministrative il prossimo 12 giugno sarà obbligatorio l’uso della mascherina.

La disposizione vale sia per gli addetti scrutatori sia per gli elettori, spoglio compreso. Lo impone una circolare, la numero 48 predisposta l’11 maggio scorso, a firma dei due ministri, Luciana Lamorgese e Roberto Speranza, rispettivamente dell’Interno e della Salute. La condizione, oltre la circolare, viene riportata da diversi siti di Comuni che stanno predisponendo i seggi.

Il motivo? “Evitare assembramenti nei seggi elettorali”. E chi partecipa al voto, in veste di votante o di scrutatore, deve “mantenere sempre la distanza di almeno un metro dagli altri componenti”.

Letta la disposizione c’è da chiedersi perché lo stesso obbligo di mascherine al chiuso non venga imposto nella Pubblica amministrazione dello Stato, dove invece l’uso è solo raccomandato. Gli uffici e i luoghi di lavoro degli enti pubblici sono nel 99% dei casi al chiuso. Negli uffici pubblici non si sta a meno di un metro di distanza? Non ci sono assembramenti? Non ci sono le medesime condizioni dei seggi o anche peggiori? O i dipendenti dello Stato hanno particolari anticorpi che li proteggono dal Covid? Ci chiediamo che senso abbia l’obbligo delle mascherine ai seggi quando in altri luoghi chiusi dello Stato tale obbligo non c’è. O vale sempre o non vale mai.

Certo, fino al 15 giugno prossimo nel resto del Paese le mascherine sono ancora da usare sui mezzi pubblici di trasporto, al cinema, a teatro, per altri tipi di spettacoli al chiuso, nei palazzetti dello sport, in qualsiasi tipo di struttura sanitaria. L'obbligo dell’utilizzo dopo il 15 giugno dovrebbe decadere anche se è probabile che venga prorogato su casi particolare come i mezzi pubblici a lunga percorrenza. Ma in tantissimi luoghi al chiuso, compresi i luoghi dello Stato, come gli uffici pubblici, non c’è alcun obbligo. E se è ovvio che nessuno vieti ai cittadini di usare la mascherina per proteggersi, va ricordato che le mascherine non sono più obbligatorie per i clienti neanche nei negozi al chiuso.

Perché in Italia durante il voto, e solo in quel preciso contesto, scatta la condizione di piena pandemia? Mentre nello stesso preciso istante altrove, al chiuso, sempre in Italia la pandemia è finita?

Non è chiaro comprendere quali ragionamenti stiano dietro le valutazioni dei ministri Speranza e Lamorgese.

Si scrive nella circolare "i componenti dei seggi, durante la permanenza nel seggio, devono indossare la mascherina chirurgica, dispositivo che deve essere sostituito ogni 4-6 ore e comunque ogni volta risulti inumidito o sporco o renda difficoltosa la respirazione; essi devono, comunque, mantenere sempre la distanza di almeno un metro dagli altri componenti e procedere ad una frequente accurata igiene delle mani”.

E si precisa che le schede dovranno essere toccate con i guanti durante lo spoglio: "l'uso dei guanti è consigliato solo per le operazioni di spoglio delle schede mentre non appare necessario durante la gestione delle altre fasi del procedimento”.

Cosa avranno acquisito queste schede di carta durante lo spoglio che non avevano prima, durante il voto, è un mistero comprenderlo. Si saranno contagiate? Ma non c’è prova scientifica che la carta trasmetta il Coronavirus. E perché prima dello spoglio la stessa carta non era così pericolosa da non dover usare i guanti e subito dopo lo diventa? Un altro mistero.

Sulle mascherine l’Italia è stato il Paese più severo d’Europa. La maggior parte degli altri l’ha eliminate del tutto e da tempo, tranne che nelle strutture sanitarie, dove risiedono soggetti fragili e in alcuni casi nei trasporti pubblici. Alcuni Paesi come la Svezia non hanno neanche mai introdotti obblighi di mascherine. Ma infischiandosene dell’evidenza e delle contraddizioni l’Italia continua sulla solita strada. Che l’irrazionalità domini le decisioni pubbliche non sorprende più nessuno, nemmeno coloro che hanno visto e subito i dati peggiori nella gestione della pandemia a fronte delle misure più restrittive.

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