Regionali: il flop del Terzo Polo. Che batosta per Renzi e Calenda!
Il progetto del "doppio forno" è clamorosamente fallito e ora il peso politico di Azione-Italia Viva crolla verticalmente
Le regionali in Lombardia e Lazio e i riflessi sul governo della Meloni
Dai dati che emergono per queste regionali nel Lazio e in Lombardia si deducono tre cose:
1) Che il centro – destra vince
2) Che Conte perde
3) Che Calenda – Renzi perdono e che la Moratti è addirittura fuori.
Il sedicente Terzo – Polo ha preso una tranvata coi fiocchi.
A Roma, il suo candidato e cioè Alessio D’Amato, è stato ampiamente sconfitto. Si badi bene che D’Amato non è il candidato del Partito democratico ma è stato imposto quasi con la forza proprio da Calenda leader di Azione, infatti Renzi dalle parti del Colosseo non si è mai (saggiamente) visto.
Ricordiamo che D’Amato ha avuto una causa penale per truffa aggravata caduta in prescrizione ed è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti a ridare alla Regione Lazio ben 270.000 euro che aveva avuto per una sua Onlus per l’Amazzonia.
Tra l’altro, proprio questo contenzioso con la giustizia ha portato Conte a correre da solo, senza il Pd, come invece ha fatto in Lombardia.
Dunque il risultato negativo, la sconfitta peraltro prevista, è tutta da imputare al Terzo Polo e nello specifico al romano Carlo Calenda che ha dichiarato: "La scelta degli elettori" nelle elezioni regionali 2023 in Lazio e Lombardia "è stata chiara e inequivocabile: vince la destra ovunque. Il centro e la sinistra non sono mai stati in partita, neanche uniti, neanche nell’ipotetico formato del campo largo. Letizia Moratti è stata coraggiosa e si è spesa moltissimo, ma fuori dal bacino di voti del Terzo Polo non siamo riusciti ad attrarre consensi. Stessa cosa è accaduto a Alessio D’Amato, a cui vanno tutti i nostri ringraziamenti, rispetto al bacino dei voti PD-Terzo Polo".
In pratica si tratta di un vero e proprio autodafé in cui l’ex ministro riconosce di avere sbagliato tutto, ma proprio tutto.
Le regionali in Lombardia e Lazio e i riflessi sul governo della Meloni
Ha sbagliato a candidare nel Lazio “mister Covid” imponendolo allo stesso Pd e a Nicola Zingaretti che è stato sul Presidente ed ha sbagliato ad appoggiare Letizia Moratti in Lombardia che è attualmente stimata al 9,25% ben lontana da Majorino e Fontana e che così sarebbe anche fuori dal Pirellone.
Qui l’operazione doppia preventivata, e cioè sottrarre voti al centro–sinistra che avevano optato per il “campo largo” con i Cinque Stelle e contemporaneamente erodere consenso a Fontana nel centro – destra, è clamorosamente fallita. E il Terzo Polo nella veste di Doppio Forno, non ha sfornato alcuna pizza ma un aborto di scadente focaccia pure malandata che ora ciancicano in due sul Tevere e sull’Arno.
E tutto questo ha anche un riverbero nazionale, data tra l’altro l’importanza di Lazio e Lombardia, con Milano capitale economica e Roma capitale politica della nazione. Infatti, agli analisti più attenti, non è sfuggito un calo in Lombardia di Fratelli d’Italia di cui ha beneficiato la Lega. Frutto evidente della riforma delle autonomie varata in extremis in Consiglio dei ministri. Quindi una Lega che dà segnali di ripresa non può non preoccupare Giorgia Meloni che già in passato ha dimostrato di considerare il Terzo Polo come una sorta di ruota di scorta della sua maggioranza in caso che la Lega e/o Forza Italia facessero le bizze.
E proprio ieri Silvio Berlusconi ha assestato un altro calcio negli stinchi a Giorgia Meloni, esprimendo contro Zelensky ed irritando non poco la premier e Kiev. Del resto lo aveva fatto pure il 23 settembre scorso, proprio alla vigilia delle elezioni politiche.
Ora il potere contrattuale, diciamo pure dissuasivo del duo Calenda–Renzi, è molto diminuito dopo queste regionali e rappresenta una alternativa piuttosto sgonfia alla eventuale sostituzione di qualche alleato riottoso. Considerando poi che Forza Italia scende e la Lega sale la conclusione logica è che Giorgia Meloni
deve cominciare a preoccuparsi di nuovo di Matteo Salvini.