Autonomia differenziata, il piano Calderoli. Compromesso con FdI su... Inside

23 competenze regionali potranno andare alla regioni, se ne faranno richiesta. Ecco quali

Di Alberto Maggi
Roberto Calderoli
Politica

La contropartita di Fratelli d'Italia: avvio della riforma presidenzialista e Roma Capitale nella legge di Calderoli


L'appuntamento è fissato per domani, giovedì 17 novembre. Il ministro per gli affari regionali e le autonomie, il leghista Roberto Calderoli, presenterà - su richiesta delle Regioni - il progetto di autonomia differenziata come ospite della Conferenza Stato-Regioni guidata dal presidente del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Finora a fare richiesta ufficiale sono stati Luca Zaia, Veneto, Attilio Fontana, Lombardia, e Stefano Bonaccini, Emilia Romagna. Il Piemonte ha approvato un odg in consiglio regionale, ma non c'è stato finora alcun seguito ufficiale. Anche il presidente della Toscana Eugenio Giani si è detto interessato, così come quello della Calabria Roberto Occhiuto e quello della Puglia Michele Emiliano.

Zaia, capofila dell'autonomismo leghista di bossiana memoria, anche sulla spinta del referendum regionale che ormai risale al 2017, ha chiesto per il Veneto tutte le 23 materie concorrenti previste dalla Costituzione. La stessa richiesta è stata avanzata da Fontana, anche se con minor enfasi. Il compito di Calderoli è quello di presentare una proposta di legge dello Stato che implementa l'articolo 117 della Carta per attuare l'autonomia differenziata. I tempi, andando bene, potrebbero essere di circa un anno e quindi arrivare a compimento dell'iter entro il Natale del 2023.

Da più parti in questi giorni è stato scritto che il piano del ministro leghista ed vicepresidente del Senato è "molto leghista", all'insegna del "federalismo spinto". In realtà, semplicemente recepisce in toto quanto previsto dalla Costituzione e cioè dà la possibilità - l'autonomia differenziata non è obbligatoria ma volontaria, cioè può essere chiesta da ogni singola regione a statuto ordinario - di cedere agli enti locali tutte le 23 materie concorrenti scritte nella Carta. Politicamente il Pd e il Movimento 5 Stelle, subito dopo la nascita del governo Meloni, hanno parlato di una riforma del Nord, leghista, quasi padana.

Giocando sulla contrapposizione tra il Carroccio e Fratelli d'Italia, storicamente partito centralista che in passato aveva addirittura avanzato l'idea di una proposta di legge per ridurre (e non ampliare) le competenze delle regioni. Ecco perché Bonaccini ha chiesto solo una parte delle materie, non tutte come Zaia, perché frenato dai vertici nazionali del suo partito. A maggior ragione alla vigilia della sua discesa in campo come candidato alla segreteria Dem del dopo Enrico Letta.

Il progetto del ministro Calderoli è condiviso dal vicepremier e titolare delle Infrastrutture Matteo Salvini. Il segretario della Lega, dopo l'esito deludente delle elezioni dello scorso 25 settembre, ha in qualche modo dovuto rivedere i piani di partito nazionale, pur confermando la presenza nelle regioni del Centro-Sud, rilanciando la proposta autonomista e federalista. Anche su spinta dell'asse del Nord che, oltre ai governatori Zaia, Fedriga e Fontana, comprende il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti.

E' chiaro che la "propaganda" dei Dem e pentastellati ha innervosito il partito della presidente del Consiglio che intende porre tutta una serie di paletti che garantiscano l'unità nazionale e che non vadano in alcun modo a minare la stessa unità nazionale, principio fondamentale e imprescindibile per la destra italiana. La contropartita per Fratelli d'Italia sarà, su iniziativa della ministra per le Riforme istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati, la presentazione prima in Cdm e poi in Parlamento, al massimo all'inizio del prossimo anno, di una proposta di legge di riforma della Costituzione che introduca il presidenzialismo, proprio per bilanciare l'autonomia differenziata.

Meloni è aperta a varie ipotesi, sia il semi-presidenzialismo alla francese sia il presidenzialismo puro all'americana. Purché il Capo dello Stato venga scelto direttamente dai cittadini e non più con faticosi accordi e compromessi di partito come abbiamo visto il febbraio scorso in occasione della rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale. Ma c'è un secondo punto che costituisce una importante contropartita per Fratelli d'Italia ed è l'istituzione per legge, proprio nella proposta Calderoli, di uno status speciale per Roma Capitale, sul modello di Parigi, Berlino, Londra e delle altre grandi capitale non solo europee.



Il progetto esiste da anni e stavolta potrebbe venire alla luce entro dodici mesi, insieme all'autonomia differenziata, garantendo alla Città Eterna una sorta di canale privilegiato per investimenti, soprattutto infrastrutturali. In questo quadro un ruolo importante lo avrebbe la Regione Lazio e, non a caso, tra poche settimane si vota per scegliere il successore di Nicola Zingaretti con FdI in pole position per piazzare un suo esponente. La frizione per la proposta "spinta" di Calderoli, sulla linea Zaia, verrebbe quindi ribilanciata dall'avvio dell'iter per il presidenzialismo e dalla norma speciale per Roma Capitale.

Per capire esattamente quali materie potrebbero passare alle regioni, come detto su base volontaria, basta leggere l'articolo 117 della Costituzione che è molto esplicito e chiaro. "Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale".

Il punto più rilevante di quelli elencati è certamente l'istruzione che, con l'autonomia differenziata, potrebbe diventare su base regionale come ad esempio oggi già accade per la sanità. Fatte salve le regole nazionali decise dallo Stato e l'autonomia di ogni singolo istituto scolastico, l'organizzazione sarà a capo delle regioni che faranno richiesta di questa competenza. Il nodo complicato e forse più difficile da dirimere sarà quello dei soldi. E' chiaro che trasferendo le competenze agli enti locali andranno trasferite anche le risorse finanziarie.

Ed è su questo punto che nel governo, in particolare tra Lega e Fratelli d'Italia, potrebbe aprirsi una competizione e frizioni con il partito della premier preoccupato per l'eventuale penalizzazione delle regioni del Mezzogiorno. Insomma, il progetto è certamente rivoluzionario e assomiglia molto al federalismo spagnolo dove, da anni, è stata introdotta l'autonomia differenziata. Il Veneto potrebbe diventare la Catalogna (senza richiesta di secessione), dunque, ma, come detto, la regione di Madrid è una comunità autonoma con poteri speciali garantiti dallo Stato. Appunto, Roma Capitale.

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