Berlusconi rinnova Fi, Ronzulli (semi) trombata: ma che fine faranno i suoi?

Con l’elezione di Paolo Barelli capogruppo di Forza Italia alla Camera oggi prenderà il via ufficialmente il nuovo corso azzurro, più filo-meloniano

di Paola Alagia
Politica

Forza Italia si rinnova: per Ronzulli lasciare gli azzurri è forse troppo presto, Alessandro Cattaneo è il vero sconfitto del nuovo corso. Analisi 

Con l’elezione di Paolo Barelli capogruppo di Forza Italia alla Camera oggi prenderà il via ufficialmente il nuovo corso azzurro, più filo-meloniano. In sostanza l’ala moderata e governista, incarnata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha avuto la meglio su quella più critica rappresentata da Licia Ronzulli e dai suoi, usciti con le ossa rotte dalla rinnovata geografia interna disegnata dal Cav, sotto la regia della compagna e deputata Marta Fascina e della famiglia.

Ed è proprio Tajani ad archiviare in fretta e furia il caso, cercando di allontanare lo spauracchio di scissioni e addii. Ma è davvero così o c’è della brace che brucia sotto la cenere? In molti tra le fila azzurre credono che si tratti di una pace armata e che, dunque, la resa dei conti da parte dei ronzulliani delusi sia solo rimandata. Tant’è che a Palazzo continuano a rincorrersi le voci su cosa faranno adesso la capogruppo di Fi al Senato (che però ha perso il ruolo di coordinatrice del partito lombardo) e i suoi (Alessandro Cattaneo in primis defenestrato da capogruppo del partito alla Camera). Resteranno nel partito o abbandoneranno Berlusconi?

La presunta telefonata di Matteo Renzi a Ronzulli, riportata da Repubblica ieri, ha accresciuto il tam-tam sulle sorti della minoranza interna. Reso ancora più insistente poi proprio dalla smentita della stessa senatrice (“La telefonata non c’è stata, l’ho letta sui giornali”, ha detto). Una cosa è certa: sono solo due i partiti a cui la presidente dei senatori di Forza Italia potrebbe guardare. Da una parte la Lega, visti i buoni rapporti che ha sempre avuto con il leader Matteo Salvini, e dall’altra, appunto Italia Viva, “anche solo nell’ottica di rafforzare un centro fuori dai confini di FI e vendicarsi così del trattamento che le è stato riservato dentro Forza Italia”, come prova ad argomentare una fonte azzurra.

Due scenari che, però, sia ambienti terzopolisti che leghisti tendono a escludere con nettezza. “E’ ancora troppo presto per ipotizzare un addio di Ronzulli a Forza Italia - ragiona con Affari una fonte del Terzo polo -. Innanzitutto perché comunque un incarico istituzionale di peso lo ha mantenuto. Ma anche perché dovrà prima trovare una casa pronta ad accoglierla e a darle qualche garanzia, oltre che capire chi sarà disposto a seguirla”. Comunque sia, “l’approdo più naturale per lei sarebbe la Lega, di certo non noi”.

E l’ipotesi di un suo approdo in Italia Viva? “Non regge. Anche perché - mette subito in chiaro il terzopolista - vorrebbe dire che il partito unico non si fa più”. Insomma, Renzi è avvisato. Ma del resto non è davvero ipotizzabile che Mariastella Gelmini, ora esponente di Azione, e l’ormai ex braccio destro del Cav possano tornare a convivere sotto lo stesso tetto. Senza contare poi che oltre a Gelmini ci sono anche Mara Carfagna e Osvaldo Napoli, tutti e tre oggi in forza a Calenda e tutti e tre andati via da FI proprio perché dichiaratamente anti-ronzulliani. A meno che il calcolo del leader di Rignano non sia quello di far naufragare il partito unico. Un’ipotesi che in ambiente centrista non prendono neppure in considerazione: “Non gioverebbe neppure a Renzi spaccare gli equilibri interni al suo partito”, tagliano corto.

Neppure nell’ottica di diventare determinante per la maggioranza di governo? Dalle parti di Italia viva sono liquidatori: “Il caso non esiste. Lo ha detto Ronzulli che non c’è stata alcuna telefonata”. Dalle parti di Azione, invece, non lesinano analisi: “Meloni ha benedetto l’operazione di Berlusconi per depotenziare Licia e poi se la ritroverebbe a puntellare il governo dalle fila di Iv? Ma siamo seri”.

Archiviato il discorso sull’ex regina di Arcore, resta da capire il destino degli esponenti azzurri a lei più vicini. In casa centrista a superare l’esame sarebbero in pochi. Non deputati come Roberto Pella o il presidente della commissione Bilancio della Camera Giuseppe Mangiavalori, considerati “troppo schiacciati su Ronzulli”. Discorso diverso invece per Alessandro Cattaneo, il vero grande sconfitto dal nuovo corso berlusconiano, che “potrebbe suscitare qualche interesse” o per Alberto Barachini che addirittura “potrebbe esser preso al volo”. Fuori dai giochi, infine, il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè, “non per questioni di spessore, bensì di carattere. Due personalità forti come Calenda e Renzi, infatti, bastano nel Terzo polo”.

Al contrario, dell’attuale numero due di Montecitorio non disdegnerebbe l’apporto per esempio la Lega: “Sono ragionamenti futuribili, ma quello di Mulè, che ha una sua storia lavorativa e istituzionale, è un profilo interessante”, dice ad Affari un leghista di lungo corso. Paradossalmente, dalle parti del Carroccio chi avrebbe meno chance è proprio l’ex fedelissima del Cav: “La Lega ha chiuso con l’epoca dei cerchi magici - è la battuta che affidano al nostro giornale -, accogliere una persona che viene da un cerchio magico quindi sarebbe davvero fuori luogo”. Neppure il legame con Salvini regge: "Ronzulli è stata sempre definita salviniana, è vero. Ma solo perché vicina a Berlusconi e delegata a parlare con Matteo al suo posto. Tutto qui”.

Va ancora peggio guardando alla Lombardia: “Qui Licia ha fatto una guerra di potere, qual è però il suo reale consenso elettorale? Non solo, ma da queste parti già gli spazi sono pochi, si sono ridotti quelli in consiglio regionale. A che pro, dunque, scontentare un sacco di parlamentari?”. Insomma, un futuro non proprio roseo all’orizzonte per la ex plenipotenziaria di Arcore. Un motivo in più forse per rimanere sottocoperta per un po’, in attesa di tempi e congiunture politiche migliori.

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