Sallusti si scusa con Bersani per le foto da Louis Vuitton, ma non c'è motivo

Il principale problema della sinistra mondiale è proprio quella di una evidente eterogenesi dei fini

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Sallusti si scusa con Bersani? Ecco perfché non dovrebbe

Il direttore di Libero, Alessandro Sallusti, noto per le copertine e i titoli sagaci e pungenti, si è inaspettatamente scusato ieri con Pierluigi Bersani per una foto pubblicata in prima pagina qualche giorno fa che ritraeva il politico intento a fare acquisti in un noto negozio di Louis Vuitton, nel centro di Roma. Come dicevamo, ieri le scuse ufficiali dopo che Bersani –povera stellina- ha inviato un messaggio a Sallusti ringraziandolo ironicamente di aver rovinato la sorpresa del regalo natalizio alla moglie.

A quel punto per un intero giorno il direttore di Libero ha pensato al da farsi e poi si è scusato pubblicamente, cedendo al senso di colpa anche perché in passato c’era stato un buon rapporto con l’ex segretario del Pd. Un atto nobile quello di Sallusti, a cui va riconosciuto un comportamento d’altri tempi. Tuttavia il suo atto, apprezzabile dal punto di vista umano, non era affatto dovuto per un motivo politico di una certa rilevanza. Infatti, il principale problema della sinistra mondiale è proprio quella di una evidente eterogenesi dei fini e cioè formalmente è per la difesa degli ultimi, dei poveri e dei diseredati e dell’uguaglianza e poi praticamente fornisce ogni giorno esempi che contraddicono radicalmente questa bella visione del mondo. Partiamo dalla attualità.

Ad esempio lo scandalo che è scoppiato in queste ore a Bruxelles in cui si stanno continuando a trovare sacchi e mazzi di denaro nelle abitazioni di esponenti della sinistra, come i 600.000 euro di Antonio Panzeri ex PCI, DS, PD e CGIL. Non da meno Eva Kaili, vicepresidente dell’Europarlamento (con la E maiuscola, in omaggio al denaro), nella cui abitazione sono stati rinvenuti “sacchi” di euro come in un film di Totò e Peppino, con il padre, socialista anch’esso, in rapida fuga notturna imbottito di soldi. La bella politica greca è stata espulsa immediatamente dal partito socialista ellenico come Panzeri è stato cacciato da Articolo 1 di Roberto Speranza. Ma anche il clamoroso caso dei Soumahoro, lautamente finanziati con più di 60 milioni di euro, su cui sta indagando la procura di Latina, aveva già dato un altro colpo micidiale alla immagine della sinistra.

Tra l’altro, la moglie del deputato compariva in fotografia con borse Vuitton, deve essere una griffe contagiosa per i progressisti. Detto questo, Bersani non c’entra con queste vicende, ma per lui non si sentiva il bisogno di allegarlo al pantheon delle scarpe fatte a mano di Massimo D’Alema, dei maglioncini in cachemire di Fausto Bertinotti e chi più ne ha ne metta. Non ci sono reati è vero, ma il danno di immagine che fanno queste cose alla sinistra è quasi peggio dello scandalo di Latina e di Bruxelles. Infatti è lecito chiedere a Bersani un comportamento coerente con i suoi ideali. Fa parte di Articolo 1, come Panzeri poi espulso, ascoltiamo ogni giorno le lamentazioni di Roberto Speranza loro segretario sui poveri e sulla lotta alla povertà e poi si fa beccare con le mani nella marmellata gustosa di Piazza di Spagna a comprare un costosissimo regalo di Natale per la moglie? E poi si rammarica pure per la sorpresa rovinata?

Pensa forse che uno di quegli operai di cui si proclama paladino si possa permettere un regalo simile? Suvvia, dov’è la coerenza? Sarebbe lui che dovrebbe scusarsi con Sallusti e con gli italiani e non certo il contrario. Questa volta, usando le sue famose metafore, si potrebbe dire che non c’è una “mucca” nel corridoio ma un bel vitello griffato proprio come quello di quei ricconi che a parole il buon Pierluigi dice di schifare. Quindi tornando a Sallusti, se possiamo dare un consiglio al direttore di Libero, non si lasci prendere da inutili sensi di colpa perché ha fatto benissimo a sbattere l’immagine in prima pagina e speriamo che continui a farlo ogni volta che i radical chic si epifanizzano in una boutique del centro storico per fare costosi regali di natale alla moglie. È un’opera di igiene ideologica a cui l’Italia le è e le sarà sempre grata.

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