Governo, svolta moderata di Salvini: l'ultima chance per conquistare elettori
Sembra che Lega si sia quasi inconsciamente un po’ "giorgettizzata": il calo nei sondaggi non è più la principale preoccupazione del leader del Carroccio
Governo, monito di Romeo: "La Lega dovrebbe cominciare ad agire politicamente, senza dare troppo peso ai sondaggi"
Il capogruppo al Senato, fedelissimo salviniano, e suo ascoltato consigliere, Massimiliano Romeo, due giorni fa, ha detto apertamente che la Lega dovrebbe cominciare ad agire politicamente, senza dare troppo peso ai sondaggi. Al di là del fatto che questa raccomandazione, di fronte al dilagare quotidiano dei sondaggi, dovrebbe cominciare forse a diventare un piccolo mantra un pò per tutti i partiti, fa specie che a dirlo, sia stato proprio un uomo vicinissimo al leader della Lega, che sui sondaggi e sulla comunicazione volutamente caricata nei toni e nei messaggi, ha fatto gran parte delle sue fortune, fa certamente maggiore effetto.
Ed in effetti sembra ormai palese che Matteo Salvini, al di là di quello che alcuni suoi detrattori di professione ancora pensano, abbia fino ad ora avuto un atteggiamento assai più moderato e controllato, rispetto agli eccessi del passato. Il calo costante nei sondaggi (che sembra nelle ultime settimane, forse non a caso, frenare) sembra non essere più la sua preoccupazione principale.
La sua parabola discendente ha avuto il suo inizio, proprio con quella mossa azzardata di mandare a gambe all’aria il governo Conte 1, nata forse proprio dalla eccessiva rassicurazione che gli davano i sondaggi del tempo, che vedevano la Lega abbondantemente come primo partito italiano. L’ambizione di provare il grande salto a Palazzo Chigi, unita alle indiscutibili difficoltà a governare insieme ai Cinque Stelle, hanno portato il leader leghista a fidarsi di chi gli aveva assicurato elezioni anticipate, per poi fregarlo sul filo di lana. Da lì è stato un lento ma inesorabile calo di consenso, sia del partito, che suo personale, fino al modesto risultato ottenuto alle ultime politiche.
Giorgia Meloni, in questo, è stata sicuramente più abile e coerente nel continuare in quel percorso di fiera ma responsabile politica all'opposizione, senza farsi troppo coinvolgere od esaltare dai sondaggi, che invece in proporzione quasi perfettamente inversa rispetto alla Lega, la premiavano di settimana in settimana. L’errore di Salvini nei mesi successivi, alla caduta del governo Conte 1, è stata quella di farsi troppo coinvolgere dagli eventi e di voler arrestare il calo nei sondaggi.
E’ via subentrata forse una sorta di ansia da prestazione per cercare di recuperare il terreno perduto, ma in realtà i suoi tentativi si sono rivelati vani, perché la Lega così facendo perdeva a mano mano un pò di della sua identità e di quel attivismo proattivo, che lo avevano reso il primo partito italiano. L’ingresso nel governo Draghi, che all’inizio lo vedeva recalcitrante, è stato sentito dai suoi elettori come l’ennesimo tradimento allo spirito leghista, che da sempre non si trova troppo a suo agio con i compromessi e le ambiguità.
Ora con il governo Meloni, Salvini è forse di fronte alla sua ultima chance, stretto com'è tra due fuochi, tra le critiche all’interno del partito da un lato, e le pulsioni di visibilità, anche a scapito della lega, di Forza Italia e ora terzo polo dall’altro, che sembra pronto a fare ad eventuale ( anche se i numeri sembrano dare poco spazio a qualsiasi tentazione in questo senso) stampella al governo Meloni.
Il fatto che durante la formazione dell’esecutivo e in questo primo mese dall’insediamento dello stesso, il leader leghista sia stato molto attento a non alimentare polemiche, al di là di quelli che pensavano sarebbe stato la spina nel fianco della premier, rappresenta bene forse il fatto che anche lui si sia reso conto che occorre un vero cambio di passo. L’opera della Lega deve essere adesso quello di recuperare la fiducia degli elettori che lo hanno sostenuto in questi anni, che stretti tra mille difficoltà, non hanno voglia di assistere a risse e polemiche quotidiane sterili e inutili.
Anche il tema dei migranti, cavallo di battaglia storico di Salvini e della Lega, sembra essere stato silenziato. Dimostrazione chiara è che Salvini è stato molto parco nel commentare la vicenda del deputato di sinistra Soumahoro, travolto dagli scandali delle coop gestite dalla suocera e dalla moglie. Sarebbe stato facilissimo rivendicare il fatto che da sempre la Lega accusa molte delle onlus e delle coop che gestiscono il flusso dei migranti nel nostro paese, di farlo in maniera certo non del tutto trasparente, per usare un eufemismo. La Lega e Salvini devono pensare a governare a farlo molto bene, considerando che grazie a questo atteggiamento responsabile, hanno ottenuto dalla premier Meloni, molto di più in termini di peso nell’esecutivo, rispetto all’alleato forzista, malgrado un risultato elettorale assai simile.
Ed anche Salvini stesso che sembrerebbe essere uscito sconfitto dalla sua aspirazione ad occupare la casella di ministro dell’interno, in realtà ha ottenuto per sé un ministero assai importante, considerando che da lì passeranno una bella fetta di fondi del Pnnr e al Viminale siede ora un suo stretto ex collaboratore, che non a caso sembra proseguire sulla stessa politica delle fermezza inaugurata proprio da Salvini nel 2018. Ecco perché allora si sta assistendo ad un Salvini e ad un Lega che adotta un profilo più basso, rispetto agli eccessi del passato.
Sembra che la Lega si sia quasi inconsciamente un po’ "giorgettizzata" dal nome del ministro dell’economia, che da sempre viene considerato da tutti come il più moderato e responsabile, soprattutto al di fuori della Lega, e che in questi anni ha spesso mal sopportato gli eccessi leghisti. Ma forse invece il fatto è che Salvini e la Lega hanno in questo momento capito che, come dice Romeo, bisogna lasciar perdere i sondaggi e lavorare sodo per conquistare credibilità e quella identità persa in questi ultimi tre anni, due cose che possono benissimo andare a braccetto e possono di conseguenza portare la Lega a ristabilire quel rapporto di fiducia con gli elettori, imprescindibile condizione per risalire, in tutti i sensi e non solo nei sondaggi.