Saviano, un cattivo maestro che è meglio non stia in Rai. Ecco perchè
La vicenda della cacciata di Saviano dalla Rai non cade dall’alto, ma è il frutto karmico della legge di causa – effetto e fa seguito al caso Facci. Analisi
Saviano sono anni che insolentisce quotidianamente con i suoi proclami, con le sue boutade, con le sue esternazioni. Il commento
La vicenda della cacciata di Roberto Saviano dalla Rai non cade dall’alto, come sarebbe potuto accadere, ma è il frutto per così dire karmico della legge di causa – effetto e fa seguito alla rescissione del contratto a Filippo Facci che aveva pronunciato frasi inopportune riguardo le vicende del sospetto stupro del figlio di Ignazio La Russa, l’ormai famoso “Apache”.
Una vicenda che è la cartina di tornasole dei veleni d’Italia, ancora robusti, poco carsici e sempre pronti ad esplodere. Saviano sono anni che insolentisce quotidianamente con i suoi proclami, con le sue boutade, con le sue esternazioni. Ha fatto un libro, Gomorra, azzeccatissimo nel titolo e purtroppo gustoso nei contenuti per un popolo spesso eccitato dal granguignolesco.
Gomorra è un romanzo del 2006 che ha venduto 2.500.000 copie in Italia e oltre 10.000.000 nel mondo, tradotto in 52 lingue. La storia, come noto, è ambientata in quel mondo criminale, in quel milieu di sudore, armi, omicidi efferati, sesso e violenza incentrati su Casal di Principe, Giugliano, Napoli e la Campania in generale.
Uno spaccato di una popolazione spesso connivente che vede nella camorra un modello realizzativo di società alternativa a quella dello Stato democraticamente costituito. Il problema di Gomorra è che alla gente è piaciuto così tanto da identificarsi con tutti i valori negativi che nel romanzo sono codificati e descritti. La “costituzione di Casal di Principe” diviene così una “costituzione altra” rispetto a quella italiana. Gomorra ha sdoganato ulteriore violenza. E con i film è andata pure peggio. Del 2008 è “Gomorra” di Matteo Garrone e dal 2014 al 2021 ha imperversato la serie Tv, ideata dallo stesso Saviano con una pletora di registi e prodotta principalmente da Sky Italia.
In tutti questi anni non c’era sera che aprendo la Tv non ci si imbattesse in un atto violento, un omicidio, una sparatoria. L’allora Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho (ora parlamentare), criticò la terza serie TV come diseducativa, come del resto fecero altri magistrati di primo piano impegnati nella lotta alla mafia e alla camorra. A tal proposito disse: “Credo che evidenziare i rapporti umani come se la camorra fosse un’associazione come tante altre non corrisponda a quello che realmente è, la camorra è fatta soprattutto di violenza”.
Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro, invece così si espresse: “Chi produce, chi scrive si deve preoccupare di quello che è l’effetto sulla collettività. Non voglio assolutamente polemizzare con nessuno e non parlo mai di cose specifiche. Dico che la cinematografia e la televisione fanno arte e non mi metto a disquisire su questo. Il senso dei film, dei docufilm e dei libri è quello di educare. Se davanti alle scuole vediamo dei ragazzi che si muovono, si vestono e usano le stesse espressioni degli attori e dei personaggi di questi film che trasmettono violenza su violenza, mi pare che il messaggio non sia positivo. Bisogna riportare parte di ciò che accade nelle mafie, però dobbiamo all’interno dello stesso film o libro inserire qualcosa di alternativo, un messaggio che questi non sono invincibili e forti”.
Dunque Saviano, con le sue opere, ha finito per fare un danno all’Italia della legalità. Un danno non voluto, una conseguenza tuttavia prevedibile come i magistrati hanno fatto giustamente notare. Il genere ha un precedente famoso, quello dei “poliziotteschi” degli anni ‘70 e ‘80. Il Camorrista –ad esempio- è la storia di Raffaele Cutolo ed è un film ambientato ad Ottaviano del 1986 di Giuseppe Tornatore che sdogana scene molto crude, come ad esempio l’esecuzione dell’amante di un delinquente che viene calata completamente nuda in una buca di calce viva mediante una gru a cui è appesa.
Quindi lo scrittore partenopeo in Rai è giusto che non ci stia anche se le quattro puntate di “Insider, faccia a faccia col crimine” sono già state registrate. La reazione di Saviano è stata, come al solito, scomposta, spropositata e fuori dalle righe. “È chiaramente una decisione politica. Hanno elaborato un codice etico che risponde ai desiderata di chi – Salvini – nel 2015 scriveva: ‘Cedo due Mattarella per mezzo Putin'”.
E poi, oltre il blasfemo paragone alimentare che tira in ballo il Presidente della Repubblica: “Impossibile portare il programma altrove, appartiene alla Rai dove non c’è più spazio per fare antimafia “. E qui Saviano gioca sporco, anzi sporchissimo. Chiama la piazza, fa il masaniello e si aggancia all’anti-mafia cercando di far passare l’idea che lui la rappresenta e che negandogli il programma significa che chi glielo nega è conseguentemente pro mafia.
In realtà, come abbiamo visto, è vero l’esatto contrario, nel senso spiegato dell’emulazione. La lotta alla camorra e alla mafia la si fa anche non mandando in onda i film e le serie che fanno proseliti tra i giovani disperati di quartieri come quelle delle Vele di Scampia. E questo lo hanno detto magistrati impegnati proprio nella lotta al crimine organizzato. Che poi si sia sfruttato il caso Facci per regolare i conti è solo una di quelle benefiche casualità di cui a volte è costellata la Storia.