Schlein arma segreta di Meloni: il Pd deve trovare un vero leader riformista

Meloni ha un’alleata di ferro ma nessuno ne parla, si chiama Elly Schlein, proprio lei che dovrebbe essere la sua principale contendente

di Simone Rosti
Meloni vs Schlein
Politica

Schlein arma segreta di Meloni (finchè il Pd non troverà un leader davvero riformista)

Meloni ha un’alleata di ferro ma nessuno ne parla, si chiama Elly Schlein, avete capito bene, proprio lei che dovrebbe essere la sua principale contendente. I motivi sono tanti, mi limito alla cronaca dell’ultima direzione del Pd dove Schlein ha detto che le prossime elezioni europee sono una spartiacque ma non saranno una conta. Schlein, ma le elezioni a che servono se non a contarsi?

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Anzi dovrebbero essere il momento per mettere in campo idee distintive e creare consenso. Idee invece che languono e quando vengono esposte sono generiche, poco più che slogan (in questo destra e sinistri sono simili). Schlein ha poi detto che la “priorità è costruire un’alleanza vincente”. Si, ma per fare cosa? E con chi? Conte? Quando è evidente che un’alleanza con gli eredi del grillismo non porta da nessuna parte? Ancora ieri si è professata riformista, peccato che abbia rigettato una delle principali riforme fatte dal Pd ovvero il Job’s Act, le uniche alternative proposte da Schlein sono state fino ad ora solo un elenco di principi (dignità, stipendi, ecc.). Vogliamo poi parlare del grande tabù della produttività?

Qui buio pesto, ignorando che parlare di lavoro e diritti senza infrangere questo tabù significa solo non avere in mente nessuna nuova riforma. La solidarietà agli operai di Crevalcore della Magneti Marelli è cosa buona e giusta, peccato che gli operai abbiano allontanato Calenda che ha promosso una delle riforme più importanti degli ultimi anni come il Piano Nazionale Industria 4.0, ma dalla Schlein silenzio. Anche continuare a fare il megafono della CGIL forse è poco da riformisti, vi ricordate gli scenari apocalittici rappresentati da Landini e soci quando finirono i divieti di licenziamento post covid?

I numeri della catastrofe che non c’è stata sono sotto gli occhi di tutti. Ieri la leader del Pd ha anche detto che “non è possibile costruire politiche sul clima se si sostengono i rigassificatori”, anche qui ignorando che, quando si parla di ambiente, non si può prescindere da traiettorie graduali (per evitare proprio quella macelleria sociale a cui Schlein dovrebbe tenere) e contesti (guerra, inflazione, ecc.), altrimenti i proclamati principi diventano fumo negli occhi. Dopo le elezioni europee, all’interno del partito si dovrà fare una riflessione seria individuando un leader che sappia davvero coniugare i principi con una visione riformista di governo.

E chi potrebbe essere questo leader? Buttiamo nella mischia un nome: Giorgio Gori. Un politico maturo, con esperienze professionali di rilievo, un eloquio affilato che non si perde in voli pindarici, non divisivo, non compromesso con il passato e il presente del Pd e non invischiato nell’alone dell’antipatia come Renzi e Calenda. Se invece non cambierà nulla, Meloni potrà continuare a fare sonni tranquilli con Schlein come sua principale “alleata”.

 

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