Schlein e Meloni, le "nemiche-amiche": Giorgia subisce il fascino di Elly

La premier, per il discorso dell'8 marzo, ha ripreso la citazione della neo-segretaria dem. Ecco perché i punti di contatto sono più numerosi del previsto

Di Giuseppe Vatinno
Politica

Giorgia Meloni affascinata da Elly Schlein

C’è un indizio rivelatore che qualcosa è cambiato da quando Elly Schlein ha vinto la corsa alla segreteria del Pd: Giorgia Meloni, per il discorso dell’8 marzo festa della donna, ha ripreso pari pari una citazione che aveva in realtà fatto la Schlein stessa nel suo discorso di insediamento alla segreteria e cioè che “le donne hanno un vantaggio perché non le vedi arrivare”. Questo tipo di frasi per la Meloni hanno la stessa potenza iconica di un mantra tibetano perché la psicologia della Meloni è complessa e non banale e può essere conosciuta e soprattutto riconosciuta solo da chi conosce bene la sua storia.

La leader di Fratelli d’Italia, infatti, viene da una storia molto diversa da quella usuale. È, per sua stessa ammissione, una “underdog”, una “che non ce la poteva fare”, perché troppo tutto: troppo sfortunata, troppo sola, troppo grassa (da giovane e quindi bullizzata), troppo bassa, troppo a destra, troppo donna, troppo intelligente, troppo ambiziosa: insomma una “anomalia del sistema” direbbe Morpheus in Matrix. Il suo carattere si è forgiato nella lotta dura e selvaggia, non per niente i suoi interessi sono i romanzi di J.R.R. Tolkien, in primis Il Signore degli anelli e il regista Quentin Tarantino con il film preferito Kill Bill che la dice lunga sulla sua visione della vita.

Come la dicono lunga i suoi interessi per l’horror, dove il suo scrittore preferito è Stephen King dei cui film è tutt’ora ghiotta divoratrice insieme a pochi amici, con la fedele compagnia di patatine fritte e qualche caramellina che sgranocchia avidamente ipnotizzata dallo schermo. Anche nella musica i conti tornano, visto il suo interesse per il metal duro con i Rammstein, gli Iron Maiden, i Metallica e i Depeche Mode, questa passione condivisa anche con la madre Anna Paratore. E poi c’è un altro fattore da tenere presente per spiegare alcune apparenti ambiguità. 

Ad esempio il suo amore –non ricambiato- per Francesco Guccini, icona pop della sinistra estrema e l’assenza di un padre ateo Francesco Meloni emigrato alle Canarie, materialista e di sinistra, uno che alla Garbatella votava Rifondazione Comunista. Tutto questo restituisce un quadro psicologico complesso e variegato e cioè quello di una ragazza prima e di una donna poi, che ha dovuto (e deve) costantemente lottare contro tutto e tutti per emergere. Quindi una visione che si potrebbe classificare come “eroica”, appunto nello stile del fantasy tanto apprezzato. Dall’altra parte abbiamo Elly Schlein, portatrice del nuovo: donna, bisessuale, ricchissima, socialmente agli antipodi della Meloni. Una donna con la forza di una valanga d’acqua che ha fatto saltare i precari equilibri di un partito, il Pd, avviato da tempo malinconicamente verso l’estinzione, rivitalizzandolo con l’argento vivo della giovinezza impudente.

La Schlein ha lavato come un maremoto le incrostazioni dei vecchi signori delle tessere avviando una rottamazione che sa molto di Renzi, ma è agli antipodi culturali e politici del senatore fiorentino. Ed ecco che –forse per la prima volta nella sua esistenza- Giorgia Meloni non si è sentita più sola. È sorto un nemico, ma un nemico che nell’ideologia di destra, ancora profondamente nietzschiana, ha dimostrato di essere nobile e coraggioso e quindi degno di stima. La Meloni sta subendo una fascinazione da questa sua avversaria che forse le ricorda i suoi inizi, la sua purezza ideologica, la sua voglia di vero cambiamento, iniziato quando era studente.

E proprio la Schlein è riuscita in questo piccolo miracolo e cioè risvegliare e stimolare contemporaneamente molti punti sensibili della leader di destra, tra cui uno insospettabile e cioè un orgoglio femminile, declinato più generalmente come orgoglio di essere una minoranza che l’ha portata a ripetere quella frase che l’ha veramente colpita. Quel “non ci vedono arrivare” ha il potere magico e taumaturgico di destare ataviche energie nascoste, numinose e potentissime, nell’inconscio del premier. È come se in una botta sola Tolkien, Tarantino, il Metal e Stephen King si fossero uniti per fare “il miracolo di una cosa sola”.

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