"Scurdammoce 'o passato", Meloni-Macron: pace fatta, alleanza obbligata
L'incontro a quattr’occhi tra la premier e il presidente francese a Bruxelles è durato un'ora e mezza
Meloni-Macron, l'una ha bisogno dell'altro e viceversa
Alla fine dopo tanti tira e molla, Macron e la Meloni si sono incontrati ieri sera a margine del Consiglio europeo, e il dialogo a quattr’occhi, è durato, la bellezza di un'ora e mezza. Impossibile sapere che cosa esattamente si siano detti i due, ma è chiaro che sia Meloni che soprattutto Macron si siano resi conti che occorreva un riavvicinamento tra i due. Troppo scottanti i temi in agenda a cominciare dai migranti per arrivare agli aiuti di Stato e alla transizione energetica, per poter pensare di continuare in questa stucchevole polemica senza costrutto, se non alimentare i titoloni dei giornali sempre alla ricerca del retroscena. Tra i due chi attualmente appare in posizione più debole è Emmanuel Macron ( che non a caso si è fatto promotore dell’incontro).
L'approvazione della sua riforma delle pensioni sta letteralmente incendiando Parigi e le principali città francesi. Se al presidente francese bisogna certamente riconoscere una certa dose di coraggio in questa volontà di andare avanti a dispetto delle durissime proteste, è chiaro che questa sua mossa, oltre che a mettere insieme in maniera trasversale la destra della Le Pen e la estrema di sinistra di Mélenchon, caso più unico che raro, sta certamente indebolendo ulteriormente un presidente, che già deve fare i conti con una maggioranza rabberciatissima in parlamento.
Ed è proprio a causa di ciò che il presidente ha dovuto forzare la mano e saltare il Parlamento (per evitare il rischio e l’onta di una probabile bocciatura) nell'approvazione della legge sulle pensioni. Certamente durante l’incontro i due avranno affrontato la crisi economica che sta sconvolgendo la Tunisia, in attesa di un provvidenziale aiuto dal FMI e che non può che avere ripercussioni sui flussi migratori verso l’Europa.
Il fronte tunisino, infatti, preoccupa Macron così come la Meloni, ed occorre che i due si uniscano per cercare di ammorbidire, anche su questo tema, quel fronte del Nord, che appare sempre meno compatto da quando alla guida della Germania non c’è più la Merkel. Inoltre il famoso asse franco-tedesco non è mai stato così debole, come in questo momento. Scholz e Macron non fanno nulla per nascondere incomprensioni e differenze, che solo alcuni imprescindibili interessi comuni riescono a dissipare.
La premier italiana può così avere buon gioco per presentarsi come una possibile sponda per il francese per cercare di avere risultati in Europa, non solo in tema di migranti ma anche su quello importantissimo per il francese legato al tentativo di far passare come fonte energetica compatibile con la transizione green, quella nucleare. Gli interessi sono comuni non si fermano qui ma sono anche legati alla questione degli aiuti statali, che inevitabilmente favorisce grandemente la Germania, anche nei confronti della Francia, che come dimostrato anche con la riforma delle pensioni, anch’essa comincia a dovere fare i conti con il proprio bilancio pubblico. Parigi in questo può dare un grande contributo all’Italia, così come quello sulla flessibilità sui fondi del PNNR.
Insomma la ricucitura tra i due, al di là degli screzi avuti, era inevitabile e necessaria, forse paradossalmente più per Macron, che ha necessità di rilanciare la sua immagine sempre più in difficoltà in patria, con risultati concreti a livello internazionale, che per la nostra premier. Prima del lungo incontro con Macron la Meloni ha incontrato il leader polacco Mateusz Morawiecki, per rafforzare un'alleanza sempre più solida con il paese che in questi mesi è diventato forse il più affidabile alleato americano in Europa.
Con lui certamente si sarà parlato anche di Ecr, il comune gruppo europeo, di cui la nostra premier è presidente, che lei sta cercando di riavvicinare ai popolari per arrivare ad una alleanza alle prossime europee, che potrebbe dare al centrodestra una solida maggioranza a Bruxelles. Ma di questo avrà certamente parlato anche durante i colloqui col greco Kyriakos Mitsotakis, premier greco di Neo demokratia, membro storico del Ppe, il cui nuovo segretario, Thanasis Bakolas, è uno stretto consigliere proprio del premier ellenico.
La Meloni insomma sta giocando su più fronti a livello internazionale, per cercare sponde in Europa utili a rafforzare la sua figura anche nei confronti di qualche piccolo malumore all’interno della sua maggioranza. Il suo grande attivismo in politica estera di questi primi mesi di governo, sta certamente pagando in rendendola una figura autorevole e credibile a livello internazionale, al di là delle voci che in Italia la vogliono isolata e debole di fronte ai grandi d’Europa.
La partita che si sta giocando in Europa potrebbe portare tra un anno ad un cambio degli equilibri di potere a Bruxelles, stante anche la debolezza della sinistra, travolta dallo scandalo Qatargate. E pare sempre più scontato che Giorgia Meloni possa giocare un ruolo fondamentale nella nuova ipotetica maggioranza di centrodestra, che potrebbe uscire dalle urne nel 2024. Il suo lavoro incessante di questi mesi in Europa e non solo è rivolto proprio al prossimo delicato passaggio delle elezioni europee, che possano essere forse il definitivo trampolino di lancio per la sua leadership a livello internazionale.