Sondaggi, "M5s raccoglie voti quando va da solo. Schlein piace ai 50enni"

L'analisi di Livio Gigliuto, vicepresidente dell’Istituto Piepoli, sulla distribuzione del consenso nel centrosinistra dopo "l'avvento" di Elly Schlein

di Paola Alagia
Politica

Sondaggi, come cambiano i numeri tra Pd e M5s dopo l'elezione di Elly Schlein a segretaria dem 

Dopo il voto a Elly alle primarie del professore Domenico De Masi, ci mancava solo l’assist di Beppe Grillo alla neo-segretaria del Pd per dare maggiore forza alla tesi di chi sostiene che il nuovo corso dem finirà inevitabilmente per sottrarre consensi al Movimento. Un’analisi che non è sbagliata soprattutto guardando alla platea di chi vota. Ma questo ragionamento vale anche rispetto al partito degli astensionisti, che rimane il primo in Italia?

Affaritaliani ne ha parlato con Livio Gigliuto, vicepresidente dell’Istituto Piepoli, proprio per provare a capire se lo scenario rimarrebbe lo stesso e, quindi, se di fronte a una ipotetica proposta unitaria targata Pd-M5s ad avvantaggiarsene rimarrebbe sempre e solo il Nazareno, a discapito dei pentastellati. A guadagnare dal non voto sarebbe soprattutto il Nazareno, secondo il sondaggista, ma “un’alleanza probabilmente favorirebbe entrambi”: “Il Pd tornerebbe ad acquisire quella fascia di elettorato persa, ma che poi era la sua. D’altronde, si è visto già come Schlein risulti molto performante rispetto agli ex elettori dem, oltre che in grado di recuperare voti da altri partiti di sinistra e, in parte, proprio dal M5s”.

Ma allora viene da chiedersi quale giovamento trarrebbe Conte da una futuribile alleanza. “E’ semplice - ragiona Gigliuto -: continuerebbe a consolidarsi in un mercato di centrosinistra”. Un po’ pochino, forse. Soprattutto se, perdendo consensi, finisse ai margini di una ipotetica coalizione. E, in effetti, Gigliuto qualche rischio lo intravede: “E’ comprovato che il Movimento raccoglie consensi quando è solo. La sua base si mobilita se lo percepisce come alternativo e antisistema. Nel momento in cui il M5s è stato vissuto dai suoi elettori come parte di uno schema di governo (con l’esecutivo Draghi, per esempio), infatti, ha perso voti, mentre ne ha riguadagnati nella sua corsa solitaria, seppure non voluta, alle politiche”. Ergo? Secondo il sondaggista, “paradossalmente l’unica speranza per i Cinque stelle è che il Pd cambi e che, quindi, la base grillina possa percepirlo meno moderato e governista di come è accaduto fino a ora”.



Tirando le somme, tuttavia, guardando agli astensionisti chi ha più frecce nel proprio arco pare essere il Pd targato Elly, mentre la navigazione per i Cinque stelle è destinata a farsi più complicata. Anche se, a detta del numero due dell’Istituto Piepoli, non è affatto da escludere che non si possa trovare un equilibrio. O meglio, “un punto di congiunzione”. L’ancora di salvezza per il partito di Conte potrebbero continuare a essere giovani, Sud e periferie, vero zoccolo duro dei pentastellati: “Non dobbiamo commettere l’errore di pensare che siccome la segretaria del Pd è giovane automaticamente peschi tra i giovani – avverte Gigliuto –. Dai primi dati che sto raccogliendo emerge non a caso che Schlein, come Giorgia Meloni, piaccia molto sopra i 50 anni e in maniera trasversale a uomini e donne”.

Comunque, di qui a ipotizzare che un asse di sinistra con il Nazareno e via di Campo Marzio come catalizzatori possa raggiungere percentuali tali da competere col centrodestra in uno schema bipolare (dunque senza centristi) ce ne passa. Lo stesso Gigliuto la bolla come “una domanda da cento milioni di dollari”. Una sua analisi però la fa: “Se ragionassimo solo per bacini elettorali - e quindi in termini puramente razionali -, dovremmo limitarci a dire che con un Pd che può riconquistare il suo 20-22% di elettori e un M5s tra il 15 e il 18, insieme non si va oltre il 40. Attenzione però - mette in guardia -. Non dobbiamo correre il rischio di confinare la segretaria dem in un recinto troppo stretto, come abbiamo fatto con Meloni.

Abbiamo a lungo sostenuto, infatti, che la leader di Fratelli d’Italia è troppo di destra e non può dialogare con un elettorato centrista, così come ora in maniera speculare tendiamo a dire che Schlein è troppo di sinistra”. Secondo l’esperto, invece, “non è detto che non sia così, ma non è neanche detto che lo sia. D’altronde, negli ultimi anni gli elettori nelle urne si sono espressi seguendo un solo criterio: la speranza di votare qualcosa di nuovo. E’ stato così già con Matteo Renzi, poi con il M5s e quindi con Matteo Salvini e ora con Giorgia Meloni”. Certo, molto dipenderà da ciò che metterà in campo l’inquilina del Nazareno e se alla narrazione di questi mesi farà seguire pure i fatti. “Ma se così sarà- conclude Gigliuto - non è da escludere un bipolarismo che sotto la leadership Schlein possa contendere la prima posizione al centrodestra”. Il Terzo polo, insomma, è avvisato…

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