Usa, il viaggio di Meloni è un rischio, Vince Trump? La pagherà

Se vince Trump le chiederebbe conto della sua vicinanza a Biden

Di Giuseppe Vatinno
Joe Biden, Giorgia Meloni e Donald Trump
Politica

Il viaggio di Giorgia a Washington è un grosso rischio

 

La Meloni sarà finalmente ricevuta giovedì prossimo a Washington dal Presidente democratico Usa Joe “Sleepy” Biden.

Ne ha dato notizia un Palazzo Chigi elettrizzato per la passerella internazionale.

Tuttavia, per lei trumpiana doc deve essere dura, ma la real politik impone sforzi e sofferenze.

La Meloni in questi anni ha creato un piccolo gioiello di equilibrio tattico e cioè è stata coraggiosamente fuori dalle coalizioni spurie che la Lega e Forza Italia hanno siglato con il centro – sinistra e poi è passata all’incasso.

Nel frattempo dall’opposizione ha pigiato i tasti del populismo sovranista soffiando voti alla Lega e poi una volta vinto ha compiuto un’inversione a 360 gradi, come direbbe lei.

Da anti – UE e anti - atlantica è diventata improvvisamente pro Ue e filo – atlantica, lasciando gli alleati di destra e i nemici di sinistra con un abbondante palmo di naso.

E poi ha avuto la “fortuna” –come del resto Zelensky- che gli sia scoppiata la guerra “giusta” tra le mani, una guerra per cui si è fiondata a mostrarsi garante di un delicato equilibrio con partiti come la Lega, con Salvini che andava sulla Piazza Rossa con la maglietta pro Putin e Forza Italia con Berlusconi che prestava il lettone sempre  all’uomo forte del Cremlino.

Giorgia ha avuto la scaltrezza di presentarsi come perno inamovibile di una coalizione che altrimenti avrebbe parteggiato per i Russi e così si è resa assolutamente inamovibile.

Se la mandano via l’Italia va con Mosca, visto che il “popolo” di centro – destra e anche i suoi giornali, vedi Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro, sono tutti pro Putin.

Ma la Presidente del Consiglio –dicevamo- ha fatto un capolavoro tattico ma non strategico.

La strategia è una cosa ben più complessa della tattica perché è di lunga durata e prevede una serie di obiettivi intermedi in vista di quello finale.

E deve fare attenzione ai suoi elettori, lo zoccolo duro che l’ha votata per la sua coerenza e che ora potrebbe tornare indietro e cioè alla Lega, visto che Forza Italia sui tempi medio - lunghi dovrebbe evaporare, anche per la presenza interessata di Matteo Renzi.

Per questo ultimamente si è rivista vicino a Viktor Orban e soprattutto a Vox, il partito di estrema destra franchista spagnolo ogni all’esame del voto.

Ma questa politica cerchiobottista potrebbe non bastare perché i suoi elettori sono scaltri e tutti politicizzati.

Ormai il gioco è abbastanza scoperto e c’è una variabile molto pericolosa che si prospetta all’orizzonte: le elezioni americane che potrebbe segnare il ritorno di quel Donald Trump che era il suo idolo nella passata legislatura.

Trump, repubblicano, è la stella polare di tutte le destre mondiali.

Una sua vittoria il prossimo anno significherebbe la fine dell’appoggio Usa all’Ucraina e una marcata benevolenza, diciamo così, filo -  russa.

A quel punto Giorgia non potrebbe più fare un’altra piroetta e tornare come se niente fosse filo - russa abbandonando Zelensky e l’Ucraina al suo destino.

Per questo il premier deve fare molta attenzione quando incontrerà il vecchio Joe, che sembra ormai un pugile sfiatato.

Un eccessivo zelo nei confronti del democratico potrebbe poi essere difficilmente recuperabile con un tipo vendicativo come Trump.

La Meloni si trascina su una lama di rasoio e in Italia si deve guardare attentamente dalla Lega che ha già iniziato la campagna elettorale per le Europee. Una Lega che insiste sul suo stesso elettorato e che ora giocherà all’opposizione interna cercando di sfruttare i guai e le contraddizioni della politica meloniana.

Gli attacchi alla Santanchè, a La Russa e a Delmastro ci sono stati o in forma diretta o in forma velata, come è anche evidente che la Lega stia mettendosi di traverso su tutti i dossier importanti dell’esecutivo, pur professando, naturalmente, la massima coesione e compattezza politica all’alleato.

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