Veltroni fa il film sul buonismo ma è un plagio: il ritorno della Sx è un flop
Veltroni ha girato un film dal titolo "Quando", tratto dal suo omonimo libro del 2017, ma è una terribile imitazione di Good bye Lenin di Wolfgang Becker
Veltroni presenta "Quando", ma la carriera cinematografia dell'ex vicepremier già arranca
Ieri a Non è l’arena (La 7) da Massimo Giletti erano di scena storie interessanti, che hanno contribuito a fare luce su dati ancora poco noti, come il caso di Ruby che ha raccontato la sua versione dei fatti sulle note vicende ed ha scritto anche un libro (pure lei!). Veltroni invece ha fatto addirittura di più, ha girato un film, Quando, tratto dal suo omonimo libro del 2017. Il clima è quello delle grandi occasioni con il ritorno della saggia sinistra moderata del buon tempo che fu, solo che ora ha i capelli completamente bianchi.
Atmosfera testaccina, anzi tardo monteverdina morettiana, fatta di album di figurine Panini, videocassette di film cult, tanta Nutella, maritozzi con la panna e naturalmente tanto rassicurante buonismo. La carriera letterario – cinematografica dell’ex vicepremier però arranca. Il film è in maniera terribilmente imbarazzante simile all’ironico Good bye, Lenin! girato nel 2003 dal regista tedesco Wolfgang Becker, in pratica si tratta di un plagio dato che la storia è identica.
Nel film di Veltroni, Giovanni, un militante del Pci presente alla commemorazione di Enrico Berlinguer nel 1984 a Piazza San Giovanni, ha un malore e si risveglia nel 2015 quando è tutto cambiato. Analogamente nel film di Becker, Christiane, una attivista comunista della Germania est, si “addormenta”nel 1989 e si risveglia dopo la caduta del Muro, quando è tutto cambiato e il comunismo, “il Dio che ha fallito”, è crollato. In entrambi i casi Giovanni e Christiane si risvegliano in un mondo completamente diverso, stravolto, cambiato e irriconoscibile. Il comunismo non c’è più e il capitalismo ha vinto.
Veltroni -che non è laureato- è stato bocciato in quarta ginnasio al liceo Torquato Tasso di Roma per poi finalmente diplomarsi all’Istituto Statale Roberto Rossellini di Roma in cinematografia, dovrebbe quindi conoscere bene un film identico al suo come Good Bye, Lenin! Certamente si possono fare film identici all’originale però si deve avere l’accortezza e l’onestà intellettuale di dirlo perché altrimenti si sta solo sfruttando il lavoro degli altri. Però, incredibilmente, pare che nessuno si sia accorto di questo particolare così imbarazzante da domandarsi che senso abbia copiare film altrui, a parte le problematiche di copyright che se non sanate emergeranno inevitabilmente. Ed è strano che un giornalista così informato come Giletti non si sia accorto di niente oppure, più semplicemente, non lo abbia voluto dire.
Ma non è solo il film che suona come una nota falsa, come un falso movimento. L’intera comparsata di Walter il Buono è stata segnata da una immersione melensa nel passato con l’inevitabile epifania di Roberto Benigni in versione guitto comunista che si spupazza Enrico Berlinguer sul palco di una festa de L’Unità. Nella foto mostrata da Giletti si vede, dietro un palo, Veltroni che si gode la scena radical – chic. Poi ci narra che lo stesso Berlinguer gli racconterà di aver avuto paura del blitz del comico toscano.
Veltroni che viene chiamato ironicamente “l’Africano” perché aveva annunciato la sua andata nel Continente Nero in caso di sconfitta politica ma è invece ben saldo da noi, ha spanso la sua melassa buonista fatta di tanta comprensione per i diversi, gli ultimi, coloro che sono rimasti indietro e sul grande ruolo che la politica dovrebbe avere nel cambiare il mondo. Un quadretto agiografico che poco ha a che fare con i rischi di catastrofe nucleare che stiamo correndo.
Insomma, non solo il film, ma lo stesso messaggio veltroniano pare essere rimasto a decenni fa. Certo, vedendo i suoi epigoni, tra cui la Schlein, ad uno gli viene voglia di tornare al Veltroni che perculava il mondo dicendo, dopo la caduta del Muro di Berlino, che lui non era mai stato comunista ma poi ci si accorge che il presente sgangherato della sinistra è anche il frutto avvelenato proprio del veltronismo.