Attilio Mastromauro: una vita dedicata
I cent'anni al dente di Mr. Granoro (di A. Gelormini)

Attilio Mastromauro il Mr. Granoro, ambasciatore italiano sulle tavole del mondo intero, con un’unica credenziale: la pasta.

Antonio V. Gelormini
PugliaItalia

Tempra mediterranea, gusto della sorpresa, attitudine al problem solving e rigore professionale, questa la trafila quotidiana che per cent’anni ha fatto di Attilio Mastromauro il Mr. Granoro, ambasciatore italiano sulle tavole del mondo intero, con un’unica credenziale: la pasta.

Attilio Mastromauro è uno dei pionieri dell’industria della pasta in Italia. Nato a Corato (Ba) il 10 maggio 1913, a otto anni emigra con la famiglia nella New York degli anni Venti, dove resta per circa 12 anni: un’esperienza importante, per aver segnato profondamente la sua formazione.

Al ritorno in Italia, all’età di 19 anni, entra nell’attività artigianale per la produzione di pasta, iniziata da soli 4 mesi dal padre assieme ad alcuni esperti pastai che conoscevano da molti anni i metodi produttivi meccanizzati. Fino ad allora i pastifici erano ancora attività artigianali, non esisteva automazione, la pasta veniva essiccata sventolando a mano grandi ventagli.   

“Io seguivo attentamente il processo produttivo di essiccazione”, racconta lo stesso Mr. Granoro, “cercando di trovare sempre migliorie qualitative: infatti scoprii che durante l’impasto  di semola e acqua calda a circa 80° gradi, quest’ultima non bagnava equamente e in tempi brevi tutti i grani di semola, ma soltanto dopo oltre 10 minuti di impasto. Presi una lamiera zincata, la curvai a forma di bacinella installando due sostegni sulle due spalle dell’impastatrice e con chiodi e martello creai circa 1.000 fori. Ed ecco la sorpresa del successo: svuotando il secchio d’acqua in questa bacinella forata a mo’ di pioggia, con l’impastatrice che ruotava, tutti i grani di semola venivano irrorati equamente, per cui l’impasto avvenne completamente in 1 solo minuto, anziché oltre 10 minuti utilizzati da tutti i pastai d’Italia all’epoca della prima meccanizzazione con impastatrice in gramole e pressa idraulica”.

Nel 1955 il matrimonio con Chiara Clemente, la compagna che lo sosterrà per tutta la vita, e la morte del padre Leonardo. Nei tre anni successivi la nascita delle due figlie Marina e Daniela, oggi alla guida di una realtà industriale all’avanguardia nel settore, e nel 1962 la separazione dai fratelli, per divergenze sulle prospettive innovative di una visione aziendale lungimirante e di processi produttivi decisamente “creativi”.

Nel 1967 il salto qualitativo e l’installazione dei primi impianti produttivi automatizzati, con due linee: una di pasta lunga e una di pasta corta. E il 21 gennaio dello stesso anno è Aldo Moro ad inaugurare il nuovo pastificio di Corato.

“L’On. Aldo Moro ci onorò del taglio del nastro d’ingresso del Pastificio”, ricorda Attilio Mastromauro. “A quell’epoca mia moglie Chiara aveva già avuto il pre-pensionamento per avere più tempo possibile da dedicare al Pastificio. Fin dai primi tempi mia moglie Chiara dimostrò di avere grandi iniziative nel realizzare e divulgare i piani di espansione di mercato, per poter acquisire sempre nuova clientela. Si dedicava a tempo pieno al Pastificio, con la sua presenza attiva, dimostrando una capacità intellettuale molto profonda, per affrontare e risolvere tutti i problemi. Ancora oggi, dopo diversi anni dalla sua scomparsa, sento fortemente la sua mancanza affettiva, e mi manca ancora il suo prezioso aiuto, sempre spontaneo, fornito all’azienda”.

“I primi anni della direzione del Pastificio furono durissimi”, aggiunge Attilio con immutata lucidità e un pizzico di commozione,  “a partire dalle lotte di mercato con i miei fratelli, che possedevano il marchio Pasta “Riscossa”, sin dal 1932 impostato da mio padre.

Dopo due anni fu costruito un secondo capannone, dove venne installato un silos di stoccaggio per la pasta corta. La produzione aumentava gradualmente con la partecipazione attiva di mia moglie Chiara. Ogni pomeriggio si recava qui, in azienda in mio aiuto, per seguire il mercato di vendita della pasta nelle varie zone d’Italia, nonché la selezione molto accurata dei nostri agenti per la vendita della pasta verso i dettaglianti, che venivano tutti giorni visitati con abilità convincente nel divulgare la qualità della mia pasta, che fu denominata: “Granoro”. Nome scelto soprattutto da mia moglie Chiara. Successivamente furono aggiunti altri capannoni, che fino all’anno 1992 divennero 6 grandi strutture a ridosso l’una all’altra, in grado di coprire una superficie di circa 25.000 mq.”.

Sotto la guida di Attilio la fabbrica cresce fino a diventare una nuova impresa, la Granoro, realizzata e condotta con l’aiuto delle figlie e di una “famiglia allargata” di fidatissimi collaboratori. E l’instancabile capitano d’industria continua a sorprendere e farsi notare: Proprio nel 1992, nell’avviare il nuovo impianto produttivo della pasta corta, riscontrai che la pasta, dopo l’essiccazione, si presentava un po’ scura e non dal colore giallo paglierino come da contratto di fornitura”.

Ed è qui che l’orgoglio legittimo prende il sopravvento sul ricordo: “Fu in quel momento che scoprii di possedere i requisiti di “pensatore inventivo senza limiti”, in quanto per la prima linea delle tre acquistate, ebbi a contestare al produttore e all’ingegnere progettista esecutore della costruzione degli impianti, di aver commesso degli errori. Il produttore degli impianti per pastifici più importanti del mondo ribatté, affermando che mai nessuno dei tanti clienti, in tutto il mondo, aveva avuto di che lamentarsi. Risposi che la carenza degli impianti derivava dall’essiccazione sottodimensionata. E mi venne in mente in maniera chiara dove fosse l’errore, che procurava il fenomeno della pasta scura e non brillante dal colore giallo paglierino”.

“Consigliai al titolare, un ingegnere meccanico, e ai suoi 4 ingegneri, le migliorie da apportare alla linea. Loro furono costretti ad esaudire la mia richiesta, per non perdere il contratto. Quindi, dopo qualche mese di modifiche, da me consigliate nella prova di produzione, con loro sorpresa, i risultati furono perfetti: la pasta risultava di colore dorato brillante. La Ditta costruttrice di questi colossali impianti della pasta, forniti in tutto il mondo, mi inviò per riconoscenza una lettera manoscritta, con sinceri e profondi auguri per Natale e Capodanno, identificandomi come “l’Imprenditore più in gamba del mondo”, per tutte le importanti correzioni apportate alle linee di produzione”.

Un capitano col piglio da “nostromo”, che continua a presentarsi sulla tolda della sua nave ogni giorno, sabato compreso, dalle 11,00 alle 14,00 e dalle 18,00 alle 21,00. Una costanza e una dedizione gratificati da riconoscimenti ed apprezzamenti, per una qualità della pasta di assoluto rilievo, la cui elasticità e compattezza alla masticazione, ne fanno un prodotto ricercato anche da dietologi e specialisti dell’alimentazione.

“Certo, come quella volta che un blind test (test cieco) di 6 assaggiatori eccellenti mise a dura prova la pasta Granoro”, racconta con soddisfazione Attilio Mastromauro, “Furono creati 8 assaggi di 8 marchi di paste primarie d’Italia, con i piatti numerati da 1 a 8. In tutte le paste furono riscontrati dei difetti, mentre di fianco al pacco della pasta Granoro vi era scritto: “La migliore in assoluto. Perfetto il tempo di cottura, ideale la consistenza, ottimo il livello di collosità, squisito il sapore, buona la porosità e giusto il colore. Alcuni assaggiatori l’hanno giudicata ottima con e senza sugo e ne avrebbero mangiato volentieri un bel piatto”. Uno sprono che, ancora oggi  a 100 anni, mi permette di puntare con convinzione sulla ricerca innovativa applicata alle linee di produzione. Ho provveduto a programmare le mie scoperte sugli impianti produttivi e  inserirle nella rete informatica, affinché i tecnici e gli operatori non possano commettere errori, seguendo i programmi impostati non modificabili”.

Precisione e meticolosità che fanno di Mr. Granoro anche un efficace uomo di marketing, nonché un esaustivo promotore commerciale di un prodotto a cui ha dedicato passione, affetti, emozioni e apprensioni: in pratica, l’intera vita.

“Con rammarico ho constatato l’ignoranza di massa, da parte dei consumatori, nel giudicare la qualità della pasta, spesso attenti nell’acquistare pasta dal basso costo, (la pasta meno costosa varia da 5 a 7 centesimi a pacco da gr. 500), pensando di risparmiare quando invece “il gioco non vale la candela”. Nell’assurda ipotesi di trovare una pasta della peggiore qualità, al costo di 20 centesimi in meno ogni 500 gr., si penserebbe ad un enorme risparmio, quando invece consumando ogni giorno un pacco con 20 cent. di risparmio, per 5 giorni alla settimana si ottengono 100 cent. di risparmio ovvero 1€. Moltiplicandolo per 50 settimane nell’anno, apporterebbe un risparmio pari a € 50. Quindi, alla fine dell’anno una famiglia di 5 persone che ha consumato pasta di scadentissima qualità, con 50 € consumerebbe una pizza ciascuno più bibita, con una spesa di 10€ cadauno. Quindi, è dimostrato che questa famiglia per 50 settimane ha consumato pasta che nell’acqua di cottura lascia molti residui, con la superficie molto patinosa e appiccicosa al tatto delle dita, molliccia alla masticazione e appiccicosa ai denti, senza alcun sapore o profumo, per cosa? Pur una pizza e una bibita!”.

Attilio Mastromauro forse non lo sa, ma il messaggio che decide di lasciare in eredità ai tanti giovani che ne ammirano il percorso di vita e ne intendono emulare le applicazioni concrete nell’innovazione industriale, veste i  tratti senza tempo di una famosa scultura di Auguste Rodin, a cui - per gli imponderabili casi della vita – lo accomuna anche la lunga familiarità con le doti del bronzo: “L’eredità che lascio ai giovani è quella di pensare e riflettere, come ho fatto io, per ottenere risultati e migliorie produttive. Purtroppo, al Sud mancano i pensatori. Ci sono molte spiccate eccellenze nel campo dell’ingegneria, ma spesso i giovani sono ottimi esecutori, ma non pensatori. A loro dico di riflettere sempre profondamente su tutti i campi. E per abituare la mente a riflettere consiglio di giocare ogni tanto al gioco della dama e degli scacchi perché abituano il cervello a prevedere le mosse dell’avversario e anticiparle. Io ho sempre giocato. Inoltre ai giovani dico di educare la propria capacità di pensare e di avere passione in quello che si fa e di concentrarsi in questa passione”.

Il secolo breve di Attilio Mastromauro ha radici lunghe e antiche, ma altrettanti rami decisamente proiettati nel futuro post-moderno di un’intraprendenza senza confini.

(gelormini@gmail.com)

 

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