Autonomia differenziata, ci vorranno 100 miliardi di euro

Le riflessioni di Pietro De Sarlo sull'Autonomia differenziata e i suoi effetti sul Sud e sul Nord dell'Italia.

di Pietro De Sarlo
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Nella trasmissione ‘L’aria che tira’ del 3 febbraio 2023 Sabino Cassese ha affermato: “L’autonomia è subordinata alla determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni e alla corresponsione delle risorse”.  Sul sito Svimez, 30 gennaio 2023, leggo: “Per calcolarli serve una mappatura dei Lep, che richiede tempo. È credibile che per colmare il gap siano necessari almeno cento miliardi di euro”.

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Se la logica non ha abbandonato del tutto questo Paese, significa che approvata l’autonomia differenziata e i relativi LEP al Sud pioveranno soldi come polpette e nella misura di almeno 100 miliardi di euro l’anno.

Dove si firma? A me pare più una doppia presa per i fondelli: al nord e al sud. I primi perché senza aver trovato questa bazzecola dei 100 miliardi l’autonomia resterà sulla carta e i secondi perché questi 100 miliardi se li possono scordare a meno che Calderoli e il club plaudente della Meloni non dicano chiaramente dove si prenderanno questi quattrini.

E però se Svimez ha ragione tutto questo teatrino non potrà essere lasciato cadere nel nulla, perché significa che le premesse del DDL Calderoli, ossia che i “ diritti civili e sociali devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” come previsti dalla Costituzione, fino ad ora non sono stati affatto garantiti.

Diventa a questo punto indispensabile rivedere tutto il mantra, che giustifica la richiesta della autonomia sul piano culturale, a meno di non credere alla favoletta che si tratti di rispettare la volontà dei Padri Costituenti.

Questo mantra si sostanzia nel fatto che il sud aumenta il divario con il nord per la insufficienza culturale, umana e politica del Mezzogiorno, cioè per un deficit conclamato di ‘capitale umano’.

Occorre considerare che tutti, storici economisti e meridionalisti e persino i più accaniti detrattori del Sud, concordano nel dire che il divario Nord - Sud esisteva al momento della Unità di Italia ma che era minimo e che da quel momento in poi è costantemente aumentato. Di conseguenza tutto ciò che hanno fatto le classi politiche e dirigenti del sud e del nord è stato peggio di quello che fecero i Borbone, almeno sotto il profilo del divario Nord - Sud.

Indro Montanelli affermava che con l’Unione Europea gli italiani sarebbero diventati europei, mentre francesi e tedeschi sarebbero rimasti francesi e tedeschi. La conseguenza è nell’aumento del divario tra l’Italia e i Paesi del nord Europa giacché le nostre politiche economiche sono state fatte almeno da 20 anni sotto dettatura dell’Europa subordinando le nostre politiche ai dettami soprattutto tedeschi, come per il governo Monti.

Mutatis mutandis forse a giustificare il divario crescente Nord - Sud c’è il fatto che, a causa di quello che l’immenso Carlo Levi definiva il complesso di inferiorità dei meridionali, c’è il fatto che con l’Unità di Italia i meridionali hanno fatto gli italiani, mentre piemontesi, lombardi e veneti hanno continuato a fare i piemontesi, lombardi e veneti.

Probabilmente sbagliavano gli ‘eroi risorgimentali’ meridionali nel pensare che i Savoia avrebbero risolto i problemi che con i Borbone erano inchiodati, come sbaglia ora chi crede che i problemi dell’Italia li risolva la Germania, la Francia o l’Europa.

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Sarebbe ora che ci liberassimo da questo complesso di inferiorità e considerassimo che forse a giustificare il divario ci sono proprio quei cento miliardi di LEP mancanti al sud, oltre alle infrastrutture e ai ritardi con cui le politiche fatte al nord si sono trasferite al sud.

Il divario è aumentato forse perché la quotizzazione delle terre c.d. usurpate, promessa da Garibaldi, è avvenuta con la riforma agraria 90 anni dopo, e quando ormai il Paese si lasciava alle spalle il suo passato contadino e iniziava l’industrializzazione, fatta per scelta solo al Nord. O forse perché ancora nel 1902, dopo 40 anni dall’Unità, Zanardelli trovò incredibile che gran parte del Mezzogiorno si dovesse attraversare ancora a dorso di mulo.

Oppure perché le tanto strombazzate risorse della Cassa per il Mezzogiorno non furono aggiuntive ma sostitutive di quello che altrove si faceva con la fiscalità ordinaria.  Forse perché negli anni ’80 si iniziò l’avvio della industrializzazione del sud quando c’era già in corso la globalizzazione.

Forse perché, con l’avvento della Unione Europea, mentre Kohl unificava le due Germanie riempendo di strade e ferrovie la Germania Est e pretendendo l’espansione verso Est dell’Europa al Sud si cancellarono, per entrare nell’euro, importanti progetti infrastrutturali e invece di espandersi verso il Mediterraneo l’Europa da questo mare si è ritirata lasciandolo in mano ai turchi.

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Non posso non ricordare i racconti di Emilio Colombo su come, quasi clandestinamente, insieme a Giacomo Mancini trovavano nelle pieghe di bilancio il sistema per finanziare la Salerno – Reggio Calabria, mentre al nord si asfaltava anche l’uscio di casa.

Ben venga l’autonomia differenziata se porta in dote almeno 100 miliardi anno, ma chi ci crede?

E però non perdiamo l’occasione di una discussione seria e documentata sulle ragioni del disastro al Sud dall’Unità d’Italia a oggi, perché finché saremo vittime al sud del nostro complesso di inferiorità e al Nord spopoleranno le interpretazioni antropologiche, per giustificare tale divario e non andremo a fondo sulle questioni oggettive e misurabili su come si è arrivati a questo punto, non troveremo mai le soluzioni giuste e le cose non cambieranno mai. Andranno solo peggio al Sud e al Nord.

 www.pietrodesarlo.com

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Pubblicato sul tema: Autonomia differenziata, Loredana Capone: 'Un Paese di figli e figliastri'

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