‘Gallery’ l’Arca delle tradizioni per innovare l’arte del futuro in cucina
Nell'Arca 'Gallery' a Troia (Fg) per salvaguardare la tradizione, rivisitandola e proiettandola nel presente per darle un futuro più consono alla modernità.
La prima sensazione di piacevole sorpresa, appena entrati, è quella di sentirsi accolti e abbracciati da una sorta di Arca ad un tempo antica e moderna, grazie all’intramontabile sensazione data dal legno: elemento ancestrale, che da sempre ha accompagnato ogni manufatto verso il futuro.
E ben presto la conferma a tale sensazione prende corpo nel benvenuto dei titolari di ‘Gallery’ Bistrot Contemporaneo, Candida Di Pierro e Claudio Nigro, accompagnato dalle prime linee progettuali della loro ambizione: salvaguardare la tradizione, rivisitandola, valorizzandola e proiettandola nel presente per darle un futuro più consono alla modernità delle giovani generazioni.
Incanto e meraviglia. Cos’altro - se non questo - era stato il compito affidato a Noè e alla sua Arca nel difficile passaggio del Diluvio Universale, per garantire i germogli di un nuovo inizio e di un nuovo percorso, dopo l’evento biblico che porterà la colomba e il ramoscello d’ulivo a segnare il ritorno alla calma delle acque e dell’ira divina?
Infatti il primo approccio è sul fronte EVO con una combinazione di scelta tra ‘coratina’ e ‘peranzana’ daunie dell’Oleificio Roccia di Ascoli Satriano, seguito dalla proposta vini che - per coerenza - cade sul ventaglio autoctono della Cantina Placido-Volpone della vicina Ordona.
A muovere la ricerca di un ristorante o locale simile, un tempo, era lo straordinario presupposto della fame, a cui l’arte sapiente di tradizioni famigliari dava forma e sapore corroborati dalle quantità non lesinabili. Oggi non si ha più fame. Il piglio motivazionale è l’esperienza conviviale. Nell’Arca di ‘Gallery’ l’hanno compreso molto bene, per cui i capolavori d’antico lignaggio vivono ora una sorta di Rinascimento, dando libero sfogo a creatività e innovazione.
Prologo con hors-d'oeuvre e amuse bouche che catturano curiosità e palato: dal 'Savarin al topinambur con perlage di tartufo e foglia d'oro alimentare', all'Oliva ricostruita, ai Conetti in farcia di cozze, caciocavallo podolico e cipolla in agrodolce; ma anche al Cioccolatino di peperone sott'olio alla molfettese (ossia la Pric o Pràc), fino alla Ciliegia alla pizzaiola.
L’entrée poi è un vero trionfo di consensi: un elegante ‘Patata, riso e cozze’ in chiave moderna e sapori delicatamente accattivanti.
‘Salviamo il pianeta’, invece, nel proporre un crudo di capasanta al limone, mandorla, alga marina e velo di mela e zenzero, conquista con stupore la sorpresa del piatto di mare in pieno entroterra.
Mentre il Risotto selezione "Carnaroli" in centrifugato di barbabietola, ciliegia, gorgonzola e mandorla, porta l’equilibrio ‘ortolano’ tipico di questo lembo di Puglia.
Quindi, la contaminazione ‘meridiana’ si completa col ‘Petto d'anatra, cima di rapa e bavarese di cavolo verza’, dando un taglio rusticamente raffinato a sentori vagamente transalpini.
Dulcis in fundo, nel vero senso della locuzione, il finale si riassume in un trittico mediterraneo:
- Lingotto di amarena, limone e cioccolato alla liquirizia
- Fava di cacao, marmellata di arance e crumble al cioccolato
- La Passionata al Nero di Troia (Elena).
Nell’Arca di ‘Gallery’ il filo comune è cardato, tessuto, ritorto e intrecciato, per farne trama di tradizioni, usi e consuetudini tra territori adiacenti , nonché metafora quotidiana del gioco di sponda tra mare ed entroterra. Un canovaccio senza tempo, di antica sapienza contadina, capace di raccontare e rivitalizzare l’impronta identitaria di aree e comunità di questa parte d’Italia, che salda il Subappennino Dauno e il Promontorio del Gargano, alla Murgia barese alla Valle d’Itria e alla penisola del Salento.
E’ il filo che si dipana lungo il labirinto tracciato da migrazioni d’ogni sorta: da quelle delle greggi, che dalle altitudini dell’Abruzzo e del Molise scendevano nelle più miti pianure del Tavoliere pugliese, a quelle podoliche e stanziali delle mandrie murgiane o a quelle meno evidenti delle colonie marine, che ravvivano le correnti pescose delle coste pugliesi, fino a quelle della manodopera nomade di donne e uomini, che sciamano tra vigneti, oliveti, campi di pomodori, angurie e carciofi..
In tal modo, il “turismo del sapore” e il “turismo esperienziale” - realtà consolidata a livello nazionale ed europeo - diventa lievito, siero, sale e companatico dei turismi possibili e trova una nuova e, forse, più consona declinazione nelle cosiddette ‘Terre dei tratturi’, nei ‘Cammini e itinerari devozionali’ e nelle nuove rotte dei flussi viaggiatori.
Mangiar sano in una terra come la Puglia, solcata da ogni sorta di tratturi e attraversata da lunghe e cicliche transumanze, baciata dal sole e da una luce senza eguali, protesa verso un mare denso di sale, di storia e di civiltà, significa mangiare Mediterraneo. Un regime alimentare adottato ormai come modello diffuso. Una filosofia “cafona” con l’idea del cibo come cultura. Perché dietro l’alimentazione contadina c’è tutta la storia di una comunità locale, regionale o nazionale. Perché la cucina di un territorio, con tutte le sue variopinte declinazioni, è pietra angolare della sua più intima identità.
Le premesse per una narrazione suggestiva e coinvolgente ci sono tutte, ben presto un programma di attività ‘eno-evo-gastro-culturali’ prenderà corpo. A presto.
(gelormini@gmail.com)