Foto e post social da nababbi, è Cassazione: sono prova per accertare tenore di vita e reddito. Influencer e esibizionisti sono avvisati
La sentenza 38800 del 22 ottobre degli ermellini dà l'ultima via libera alla quantificazione del reddito tramite i post social: “Sono prove documentali legittime”
Occhio ai social e alle immagini che pubblicate, perché non solo l'Agenzia delle Entrate può spiarvi e spedire un accertamento fiscale deducendo il tenore di vita dallo “stile social”: ora anche la Corte di Cassazione ha sentenziato che è “legittima l’acquisizione come prove documentali, ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen., delle fotografie, tratte da internet e dai social media”.
Siete influencer e ricevete compensi anche in “cambio merci” e non li dichiarate ma li mostrate al vostro pubblico? Ostentate foto delle vacanze in località costose e a bordo magari di yacht sui quali siete salito magari come ospiti? Dal 2017 la Guardia di Finanza nell'esecuzione delle verifiche, dei controlli fiscali e delle indagini di polizia economico-finanziaria finalizzate al contrasto dell’evasione, dell’elusione e delle frodi fiscali” come da circolare dell'e Entrate, ha incluso i social. E sempre la Gdf con la circolare 1 del 2018 ha affermato “che le informazioni desunte dalla rete internet possono essere fonte di innesco per verifiche”.
Entrate e Guardia di Finanza ora supportate da una sentenza che fa giurisprudenza
A dar manforte alle attività dell'Agenzia delle Entrate e alla GdF, arriva quindi una sentenza penale della Corte di Cassazione che stabilisce che è da considerarsi legittima”. La sentenza numero 38800 è stata depositata dalla Terza Sezione Penale lo scorso 22 ottobre e, seppur riferita ad un caso relativo ad una società dilettantistica che ha goduto illegalmente dell'esenzione sull'Iva, costituisce una precedente giuridico per gli accertamenti delle Entrate e della Guardia di Finanza che nei diversi gradi di giudizio potranno utilizzare non solo come fonte ma anche come prova certa sia nell'individuazione della capacità contributiva e quindi dell'evasione fiscale. Insomma, foto di viaggi, auto di lusso come si dice in termini tecnici, “ne provano la capacità contributiva”.
Chi rischia e come difendersi dalla presunta ricchezza
Chi rischia? Chi dichiara poco o niente va quindi incontro ad accertamenti tributari. E per difendersi non resta altro che fornire le prove del proprio tenore di vita. Quindi documentare che non è tutto oro quello che luccica. Se invece sui social c'è la verità non resta che prepararsi a pagare. D'altronde vige la regola dell'onere invertito della prova.