Granchio blu, la beffa: Tunisia e Grecia esportano mostri a prezzi stracciati

In alcuni mercati e pescherie di Roma e dell'Adriatico pugliese in vendita granchi d'oltremare. Fuori dall'Italia un'economia in concorrenza

Pesca granchio blu in Tunisia
Roma

Granchio blu, l'ultima beffa: dopo il via libera al consumo dei granchi pescati in Italia, in particolare in Romagna, arriva la concorrenza della Tunisia e della Grecia. Granchi blu giganteschi venduto in alcuni mercati rionali di Roma e del versante Adriatico di Puglia e Molise a prezzi decisamente più bassi di quelli nostrani.

Invece che oscillare tra gli 8 e i 15 euro dopo il raddoppio sull'onda del via libera alla pesca, il mostro che arriva via aereo o nave da Grecia e Tunisia batte l'inflazione italiana posizionandosi intorno ai 7 euro. E in alcuni mercati e pescherie, la beffa dei due concorrenti mediterranei sta mettendo in seria difficoltà la vendita dei “nostrani”.

Alalrme rosso per la pesca in Italia

E per il settore della pesca è un doppio allarme: intanto sulle tavole finiscono solo i maschi pari più o meno al 5% della popolazione che divora i molluschi, ora con la concorrenza di Grecia e Tunisia, il margine per chi vende “made in Italy” si riduce ulteriormente per la mancanza di acquirenti.

Per il ministro Lollobrigida un bel problema

Lollobrigida
 

Per il Ministero della Sovranità alimentare di Francesco Lollobrigida, quello del granchio non “made in italy” sta diventando un serio problema. Se da una parte Italia e Tunisia sono ai ferri corti per la vicenda migranti, quel poco di economia locale che ha resistito alla crisi del Maghreb si è organizzata con una “best pratic” che ha attirato l'attenzione persino del Wwf; dall'altra la concorrenza che si basa sul costo del lavoro decisamente più basso dei pescatori tunisini e greci consente loro di esportare un prodotto a prezzi bassissimi. E così il “piano Granchio Blu” rischia di fallire.

 

 

Il Wwf elogia le best pratics ambientali dei tunisini

 

E il Wwf giustamente esalta il lavoro che si sta facendo in Tunisia, dove “Quella del granchio blu è un’economia solida e una filiera completa che include e dà lavoro a pescatori, donne, trasporto e logistica, aziende di trasformazione e commercianti. L’80% dei pescatori usa le nasse (nel 2014 l’intera flotta pescava con le reti). Un’imbarcazione di 12 metri in Tunisia dotata di nasse pesca in media 500 kg di granchio blu a uscita. Il granchio blu rappresenta il 25% delle esportazioni di pesce del paese: nel 2021 in Tunisia l'export di granchio blu ha raggiunto le 7.600 tonnellate per un valore di 24 milioni di dollari, una cifra raddoppiata rispetto al 2020. Il ‘cliente’ principale è il mercato asiatico a cui si sono aggiunti Italia, Spagna, Stati Uniti e i paesi del Golfo Persico”.

L'etichetta di tracciabilità è l'unica soluzione per "difendersi"

Per chi ha cuore l'autarchia o magari pretende garanzie di tracciabilità del pescato, è bene fare attenzione all'etichetta posta sul granchi blu: quelli made in Italy devono recare l'indicazione FAO 37.1 e 37.2 che coincide con l'area del Mediterraneo nazionale dalla Liguria alla Sicilia, passando per per l'Adriatico sino a Trieste. Sennò il granchio blu che verrà servito in tavola oltre a divorare le altre specie avrà pure preso l'aereo o la nave per giungere sul mercato.

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