Guardie Reali Savoia: Vittorio Emanuele scrive e disinnesca la bomba Principe
Dopo le dimissioni del presidente delle Guardi Reali, Vittorio Emanuele invia una lettera di chiarimento. Ma fa paura su Netflix la “saga reale”
Vittorio Emanuele di Savoia con un suo messaggio alle Guardie d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon ha cercato di disinnescare la bomba determinata dalle dimissioni del Presidente dell’Istituto, il capitano di Vascello Ugo d’Atri, che sono state provocate, scrive d’Atri, anche dall’arrivo di “disposizioni da un Principe Reale che non condivido e non accetto”.
Questo principe, che si sussurra essere il figlio di Vittorio Emanuele, Emanuele Filiberto, noto alle cronache per la sua partecipazione a spettacoli Tv ed ora come patron di squadre di calcio, avrebbe rampognato più volte anche in pubblico il presidente delle Guardie d’Onore e questo nonostante i tanti e tanti successi di d’Atri quali per esempio le celebrazioni del 145° anniversario della fondazione dell’Istituto che è la più antica associazione combattentistica d’Italia.
Le 2457 Guardie Reali sotto il controllo della Difesa
Ecco il punto. L’Istituto, che conta 2457 guardie, è un “ente” sotto la vigilanza del Ministero della Difesa dello Stato italiano che è una repubblica e che sino a qualche giorno fa aveva un suo presidente (il capitano di Vascello Ugo d’Atri), dunque un organismo che nulla ha più a che fare, se non storicamente e se vogliamo affettivamente, con Casa Savoia.
Chi governa le Guardie del Pantheon
Certamente Vittorio Emanuele ne è il presidente onorario, ma questo non consente, né a lui né a suoi delegati, di dare “disposizioni” ad un ente regolato dalle Leggi della Repubblica Italiana e vigilato da Organi ufficiali della Repubblica. Forse neppure il Presidente della Repubblica Italiana potrebbe inviare “disposizioni” ai vertici di un ente non direttamente sottoposto a lui. Forse però il misterioso principe reale che pretendeva di dare ordini a d’Atri, credeva di vivere ancora nel 1700 quando il Re sabaudo di Sardegna poteva gridare in caso di pericolo:” A me le Guardie” e queste accorrevano, senza discutere, ai suoi ordini.
Qui la questione, ci informa un responsabile di una sede territoriale e che vuole rimanere anonimo, è che il misterioso “principe” di cui parla d’Atri, nella sua lettera di dimissioni, non sopportando neppure lontanamente un suo parente del ramo Aosta di Casa Savoia, pretendeva dichiarazioni di “fedeltà” dal presidente delle Guardie d’Onore e che non si avessero rapporti di alcun genere con questi Savoia del ramo Aosta che pure hanno illustrato con onore la storia Italiana e sia dell’epoca monarchica che di quella repubblicana. Tra l’altro, il presidente d’Atri nella sua lettera di dimissioni si dichiara fedele di Vittorio Emanuele, ma si immagina a titolo personale, non in quanto presidente delle Guardie.
Lo stesso Vittorio Emanuele, pur non rinunciando al ruolo culturale che gli deriva dall’appartenenza al Casato che ha unito l’Italia e che l’ha guidata per 80 anni tra i più drammatici della sua storia, rientrando in Italia ed accettandone il passaporto ha dichiarato lealtà alla presente Repubblica italiana che pur parecchio sgangherata, è pur sempre uno Stato che siede con una certa autorevolezza nel consesso internazionale.
Vittorio Emanuele riconosce l'autonomia dell'Istituto
Ed infatti, forse grazie ad un oculato consigliere, Vittorio Emanuele, nel suo messaggio parla di “autonomia” dell’Istituto. Bene, dunque sembra aver ha compreso la questione. E mentre ci sono state pressioni sul nostro giornale da parte di fedelissimi di Vittorio Emanuele e pare, sui social degli aderenti alle Guardie d’Onore, giudizi pesanti sul l'articolo che annunciava le dimissioni di D'Atri, ora una parte del mondo monarchico fedele a Vittorio Emanuele, guarda con certa apprensione le puntate della docu-serie televisiva di Netflix dedicata alla figura, per alcuni versi controversa, del figlio di re Umberto II.