L'Italia brucia: “La differenza tra piromani e criminali per motivi economici”
Avvocato penalista e scrittore, Gianluca Arrighi interviene sulla differenza tra la patologia del piromane e chi brucia perché criminale
Il sessanta per cento dei roghi sono riconducibili a cause dolose. Ma cosa spinge alcuni individui verso l’irrefrenabile desiderio di appiccare il fuoco? E poi, chiunque provochi incendi dolosi può essere definito piromane? La piromania indica l’ossessione patologica verso il fuoco.
La smisurata attrazione per le fiamme e per tutto ciò che ad esse è collegato non si esprime solo nell’accendere il fuoco, ma anche nell’assistere a tutte le fasi successive allo spegnimento dell’incendio, compreso ascoltare a posteriori i notiziari che narrano dell’evento e delle sue conseguenze.
L'Fbi negli States ha tracciato il profilo del piromane
Gli studi più approfonditi sulla piromania sono stati svolti negli Stati Uniti dalle unità dell’FBI istituite appositamente per investigare su questi delitti. L’analisi svolta dai profiler statunitensi, condivisa anche dalla criminalistica italiana, differenzia in modo netto il piromane patologico, ossia colui che appicca il fuoco per provare eccitazione o piacere, da colui che provoca un incendio per scopi dichiaratamente criminali.
Il diritto come individua un vero piromane
È quindi fondamentale definire le situazioni e la finalità con cui si appicca il fuoco. Affinché un individuo possa essere diagnosticato come ‘piromane’ (e quindi possa essere definito come malato psichiatrico) è necessario escludere gli incendi appiccati per un ritorno economico, ossia il novanta per cento dei roghi dolosi.
Bisogna inoltre ricordare come la legge italiana preveda pene molto severe per chi si rende colpevole di questi vili atti criminali: la reclusione fino a sette anni per chi cagiona un incendio e fino a dieci anni di reclusione per chi provoca un incendio boschivo, con pene aumentate della metà se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente.