Roma: condannato per omicidio, detenuto italiano 32 enne si impicca in cella
Orrore a Regina Coeli: durante la conta mattutina dei detenuti, la macabra scoperta. Già in passato aveva aggredito gli agenti della Penitenziaria
Ancora un episodio drammatico in un carcere romano. Un detenuto italiano di 32 anni, condannato per omicidio ed incendio a seguito del quale morì un pensionato, ha deciso di porre fine alla propria esistenza impiccandosi nella sua cella, ove era ristretto da solo, del carcere di Regina Coeli. Lo comunica il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
“Purtroppo il pur tempestivo intervento dell’Agente di servizio non è servito a salvare l’uomo”, spiega Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del SAPPE. “L’uomo è stato trovato impiccato alle sbarre della cella al momento della conta. Gli è stato immediatamente tolto il cappio ed era ancora vivo quando sono giunti i soccorsi ma non c’è stato nulla da fare. Il detenuto, noto per le frequenti intemperanze aveva distrutto varie celle all’interno di Regina Coeli nonchè in altri Istituti ove era stato precedentemente detenuto (Rieti, Pescara ed altri). Da ultima, l’aggressione ad un Sovrintendente un paio di settimane fa. Era in attesa di essere trasferito in altro Istituto”.
Il sindacato Sappe: "Non siamo riusciti a salvarlo"
Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, commenta amareggiato Donato Capece, segretario generale del SAPPE, che sottolinea come “il pur tempestivo intervento degli Agenti non ha potuto evitare che il ristretto riuscisse a togliersi la vita”.
Per il SAPPE, “la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”. Capece sottolinea che “il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”.
L'appello a Nordio: "Serve un nuovo modello di custodia in carcere"
Capece si appella al Ministro Guardasigilli Carlo Nordio: “Chiedo al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese. E’ necessario prevedere un nuovo modello custodiale. Ne abbiamo parlato in un recente incontro con il Sottosegretario alla Giustizia Del Mastro, che ci è sembrato particolarmente sensibile. A lui abbiamo ribadito che tutti i giorni i poliziotti penitenziari devono fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori. Mi riferisco alla necessità di nuove assunzioni nel Corpo di polizia penitenziaria, corsi di formazione e aggiornamento professionale, nuovi strumenti di operatività come il taser, kit anti-aggressioni, guanti antitaglio, telecamere portatili, promessi da mesi dai precedenti vertici ministeriali ma di cui non c’è traccia alcuna in periferia. Confidiamo dunque che ora si vedano finalmente fatti concreti”.