Talpa al Tribunale di Roma, processo Marianera per le intercettazioni vendute
Davanti ai giudici Camilla Marianera e Jacopo De Vivo per rispondere di corruzione in atti giudiziari. I collegamenti col Comune
Al via oggi a Roma il processo Marianera. Il dibattimento sulla talpa in Tribunale, dopo la prima udienza introduttiva che c'è stata in Corte d'Assise lo scorso 7 giugno, vede alla sbarra i due fidanzati che – secondo l'accusa – avrebbero messo in piedi un sistema per vendere informazioni riservate e coperte dal segreto istruttorio.
Camilla Marianera e Jacopo De Vivo hanno ottenuto il giudizio immediato. De Vivo, figlio dell'ex capo ultrà della Roma Peppone, a differenza di Marianera, ha optato per il rito abbreviato. Oggi, davanti ai giudici dell'ottava sezione penale, dovranno rispondere di corruzione in atti giudiziari. La Marianera è in carcere dal 14 febbraio scorso.
Nell'udienza sarà ascoltato il primo testimone del pubblico ministero: il responsabile dell'ufficio intercettazioni della Procura di Roma. Il nodo, infatti, è proprio legato all'ufficio ascolto delle telefonate dei telefoni di persone messe sotto controllo. Per i pm, infatti, la praticante avvocato (che da novembre aveva avuto un incarico in Campidoglio e seguiva l'assessore alla Sicurezza Monica Lucarelli) riferiva ai sui “clienti”, che pagavano mazzette con tariffari da 300 a 500 euro a informazione, che quando l'intercettazione, i servizi pedinamento, di osservazione telematica erano terminati nel sistema veniva inserito il termine “cessato” che, dal programma, viene evidenziato con il colore rosso. Un elemento conosciuto però, secondo quanto emerso dalle indagini, solo dalle persone interne all'ufficio intercettazioni e in uso esclusivo inprocura a Roma, essendo stato, a suo tempo, ideato proprio da un appartenente all'ufficio per evitare fughe di notizie. La Presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Giustizia saranno parti civili.
L'atto d'accusa
Secondo l'atto d'accusa dei pm, dal 2021 al dicembre scorso, Marianera, presente in aula, e il compagno "erogavano utilità economiche a un pubblico ufficiale allo stato ignoto, appartenente agli uffici giudiziari di Roma e addetto all'ufficio intercettazioni, perché ponesse in essere atti contrari ai doveri del suo ufficio, consistenti nel rilevare l'esistenza di procedimenti penali coperti dal segreto, l'esistenza di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, atti remunerati mediamente nella misura di 300 euro a richiesta". Ad oggi la talpa non è stata ancora identificata e gli indagati, oltre De Vivo e Marianera, sono in tutto 5.
Gli interrogatori
Durante la sua detenzione in carcere a Rebibbia, dallo scorso 14 febbraio, Marianera si è sempre avvalsa della facoltà di non rispondere dichiarando però che nei dialoghi intercettati aveva "millantato" e che non aveva rapporti con alcun pubblico ufficiale nell'ufficio intercettazioni e che non aveva mai ricevuto e consegnato soldi.