Ginnastica, Vanessa Ferrari: "Anche io fui ricoverata per problemi alimentari"

La campionessa di artistica: "Spiace vedere ancora questi orrori". Il caso si allarga anche ad altre specialità, oltre alla ritmica

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Ginnastica, Vanessa Ferrari: "Ci ho messo due anni per venirne fuori"

Nuove testimonianze sul caso delle presunte violenze psicologiche ai danni di atlete della ginnastica ritmica. Dopo le accuse delle ex farfalle azzurre, arriva anche il racconto da parte della ginnasta simbolo, la plurimedagliata Vanessa Ferrari, che allarga lo scandalo anche alla ginnastica artistica. "Conosco perfettamente questi aspetti — scrive Vanessa su Instagram —, l’ho detto più volte, come tanti altri ho vissuto sulla mia pelle i problemi alimentari, all’età di 19 anni mi mandarono in una clinica a Verona e grazie al supporto di esperti e dopo un paio di anni di percorso sono riuscita a guarire. Quindi invito chiunque ne soffra a farsi aiutare". Ecco perché quando ha sentito delle denunce delle ginnaste "non sono rimasta sorpresa. All’alba dei 32 anni, di cui 25 nella ginnastica, voglio dire che ho vissuto tante esperienze positive ma anche tante negative".

Vanessa, - riporta il Corriere della Sera - l'ha ripetuto spesso, ha fatto «da apripista». È anche grazie ai suoi risultati e ai suoi problemi che i metodi di allenamento sono cambiati. Lei non ha mai abbandonato il suo allenatore (e ct della Nazionale) Enrico Casella, il loro rapporto si è evoluto negli anni e quando smetterà resterà a lavorare con lui. "Poi sta all’intelligenza dell’allenatore, alcuni negli anni non hanno saputo cambiare», diceva un anno fa. E oggi ribadisce: «Durante la mia carriera fortunatamente ho vissuto anche cambiamenti nel mio ambiente e mi spiace che ancora oggi ci siano luoghi dove si verificano questi orrori". Spuntano anche altre testimonianze di ex ginnaste: "Volevo chiamare il Telefono Azzurro, sapevo che aiutavano i bambini in difficoltà, la nostra insegnante era molto violenta, schiaffi e insulti. Aveva fatto costruire delle barriere alle finestre per non far vedere come venivamo trattate". "A tavola ci veniva vietato di mangiare il pane".

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