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Rocca sbrocca
"Vaccino, ecco perché dico di no": parla un luminare italiano in Florida

Inoltre, visto che il virus ama ambienti acidi, i gargarismi di sale, descritti dai medici peruviani, ai quali si può aggiungere un pizzico di bicarbonato e di acqua ossigenata, aiuterebbero, come rimedio casereccio, sempre nelle fasi infettive iniziali. Erbe come la “artemisia annua” in forma di gocce, che veniva usata come antimalarica e capace di distruggere anche cellule cancerogene, potrebbero essere di aiuto.  Sono tutti rimedi che nelle prime 48-72 ore di infezione possono aiutare certamente a contenerla e possibilmente a superarla se forti di una risposta immunitaria sia cellulare che umorale appropriata. In termini di antibiotici l'Azitromicina è stata scoperta inibire la replicazione virale.  Tuttavia se usata con l'idrossoclorochina  potrebbe aumentare la possibilità di prolungamento del “QTC” e quindi, la sua somministrazione, si dovrebbe decidere da persona a persona. Si potrebbero invece usare altri antibiotici come il Cefdnir assieme ad un antivirale come il Valciclovir o il Famvir, soprattutto per combattere le superinfezioni batteriche e contrastare quella virale.  Un farmaco ad attivita’ anti-infiammatoria come il celecoxib, COX-2 inibitor, si dovrebbe utilizzare nelle fasi iniziali della flogosi delle alte vie respiratorie.  Il dexametasone inizierei ad usarlo nei casi in cui l'infezione clinicamente e’ già avanzata nell'ambito polmonare dove un cambio di sintomi respiratori, come l’incapacita’ di effettuare un respiro profondo o una documentata desaturazione arteriosa lo renderebbero totalmente plausibile.  Lo stesso vale per l’eparina, la terapia del plasma iperimmune, dove studi iniziali ne dimostrano una incredibile efficacia, prodotto a Latina ed esportato in tutto il mondo ma paradossalmente vietata nel Lazio, dove i ricorsi legali sono correntemente pendenti.

Tutti questi trattamenti si potrebbero fare prima ancora che il paziente venga ammesso in ospedali in condizioni critiche di acidosi lattica e di insufficienza respiratoria acuta, dove pazienti sofferenti da sindromi di resistenza metabolica, ne hanno spesso la peggio. Ovviamente, un approccio di questo tipo diminuirebbe l'intasamento ospedaliero, soprattutto delle unità di rianimazione, dove leggo con piacere di medici Italiani che si sono adoperati attivamente e con successo nella terapia “Immediata” di tale infezione virale, dove la terapia unicamente con la tachipirina sarebbe totalmente e criminalmente inefficace. Diverrebbe un atto di negligenza medica usare unicamente la tachipirina dove il paziente non verrebbe protetto.  Di fatto il virus attacca i recettori ACE2  presenti diffusamente nell'epitelio alveolare polmonare dove la tachipirina non avrebbe alcuna azione protettiva. Un altro farmaco di nota, usato in rianimazione a livello sperimentale, è l'adenosina di cui il dott. Pier Paolo Correale ne è i principale investigatore e di cui mi piacerebbe provarlo anche in trattamenti domiciliari, previ studi di ricerca ad hoc, in quanto ne vedo una grande potenzialità di migliorare forme iniziali di coinvolgimento polmonare. Ovviamente ci sono altri farmaci usati in ambito ospedaliero  come il Remdesevir ed ultimamente gli anticorpi monoclonali, come il Regeneron’s antibody cocktail, risultati di grande efficacia. Ultimamente è stata descritta l'ozonoterapia come una possibile terapia per aiutare i pazienti che hanno iniziali  problemi di respirazione.

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