Milano, (askanews) - L'Italia è la patria del buon cibo, e i nostri ristoratori sono riconosciuti come eccellenze nell'arte culinaria. Ma se si cambia prospettiva e si guarda ai ristoranti come a delle imprese ci si allontana da questi livelli. Il settore, che lamenta una bassa produttività e spesso difficoltà nella gestione del personale, sconta un'eccessiva polverizzazione che fa il paio con un ritardo nel processo di digitalizzazione. Del tema si è parlato durante la tavola rotonda R-evolution animata da Metro Italia, che ha raccontato il proprio impegno per la trasformazione digitale del settore: "La cultura enogastronomica italiana - spiega Manuela Mallia, head of marketing, branding and innovation Metro Italia - si basa sulla differenziazione, sulla grandissima numerica degli esercenti che garantiscono la diversità, e noi vogliamo che sopravvivano, che non soccombano nel tempo alla crescita delle grandi catene".La fotografia del comparto racconta una scarsa percezione del rapporto costi/benefici rispetto alle soluzioni digitali, tanto nel back end quanto nel front end, anche se in quest'ultimo caso c'è una maggiore consapevolezza dell'importanza di questi strumenti: "Il 47% dei ristoranti non ha ancora nessuna presenza sul web, neanche sui social, però c'è una buona fetta dei ristoratori che ha capito che gli strumenti digitali accuratamente selezionati possono portare valore". Metro oltre ad offrire ai propri clienti la possibilità di utilizzare gratuitamente una piattaforma web per creare e gestire i propri siti e ad aver implementato dal 2015 un acceleratore di start up digitali dedicate all'ho.re.ca, sta portando avanti da un anno il Pilota Metropolitano, un progetto su Milano che consente a un centinaio di ristoratori di testare i servizi di alcune start up per un anno: "Il ristoratore in questo momento pensa al digitale soltanto come strumento per gestire il front end, quindi per la ricerca di nuovi clienti, la gestione di campagne di marketing. In realtà le evidenze ci dicono che il vantaggio è anche molto sul back end cioè sulla gestione dell'organizzazione del locale".Chi per ora ha scelto di innovare partendo proprio dal back end è una imprenditrice che viene dal risparmio gestito e che con la crisi finanziaria del 2008 ha scommesso sul fattore umano e sulla autenticità, aprendo a Milano Sciatt à Porter, un angolo di Valtellina in zona Porta Garibaldi: "Per ora - racconta Emma Marveggio Sciatt à porter - ho sperimentato e ho gestito usato la digitalizzazione nel back office ma ho intenzione di utilizzare questo per parlare alla gente, ma la mia esigenza è di non togliere mai il rapporto umano". Chi invece opera soprattutto sulla relazione col cliente è PassBot una start up che sfrutta la tecnologia delle chatbot attraverso Messenger, la chat di Facebook, per offrire servizi al ristoratore, dall'ordinazione ai tavoli al delivery fino a marketing rielaborando i big data raccolti: "Noi non vogliamo sostituirci al cameriere - spiega Filippo Greco responsabile marketing Passbot - noi vogliamo aiutare il cameriere a dare un sevizio al cliente veloce agevolante per l'attività commerciale in termini database anagrafici. Passbot non ha bisogno di istruire il cliente perchè è su Facebook. E' una chat che si trasforma in un carrello virtuale che poi diventa realtà davanti agli occhi del cliente".