Coronavirus
Arriva un nuovo farmaco anti Covid. Ecco come funziona il Molnupiravir
E' un anti-virale che fa “collassare” il virus
La scienza è stata costretta a cambiare obiettivo?
Si è pensato allora di utilizzare gli anti-infiammatori che colpiscono quelle proteine che a loro volta servono per formare le citochine, intervenendo in modo molto generalizzato a monte, non in modo specifico. Questi anti-infiammatori non steroidei, cioè non cortisonici, sono stati oggetto di vari studi, come in India, sull’indometacina, somministrata in soggetti ospedalizzati, ma in fase precoce della malattia.
E cosa si è scoperto?
Rispetto al paracetamolo l’indometacina riduceva la necessità di ossigeno in una percentuale molto alta di pazienti. Nessuno di questi è stato intubato, mentre con il paracetamolo il 34% ha avuto bisogno di ossigeno.
Perché gli studi si concentrano sugli anti-infiammatori?
Perché l’infiammazione è il primum movens della malattia.
Altri studi interessanti?
Un piccolo studio inglese ha mostrato come la promexina, principio attivo contenuto in uno sciroppo anti-tosse, fosse efficace nel facilitare il recupero dalla malattia. Un altro studio, sempre inglese e pubblicato su Lancet, si è concentrato su un trattamento inalatorio con un anti-asmatico, il Budesonide, che faceva ridurre in modo consistente le probabilità di essere ricoverati in ospedale, accorciando i tempi di recupero dalla malattia. Questo glucocorticoide inalato, se preso in fase precoce della malattia, può favorire una guarigione più spedita rispetto al trattamento con paracetamolo e vigile attesa. Infine, è giusto ricordare l’Anakirna, che inibisce l’interleuchina 1 e, se associato ad altra terapia, sembra dare buoni risultati.
Si è discusso molto sull’efficacia o meno di idrossiclorochina e ivermectina, due farmaci anti-malarici. Sono terapie efficaci?
L’ivermectina, utilizzata all’inizio in Australia, ha dimostrato la sua efficacia in vitro, facendo morire il virus. Ma il problema è che già sui piccoli animali era necessario somministrarne una concentrazione eccessiva, che può risultare tossica. Quindi anche sull’uomo si dovrebbero utilizzare dosi troppo elevate. Alla lunga la revisione degli studi in letteratura ha evidenziato che non c’era una conferma univoca sulla sua efficacia.
E l’idrossiclorochina?
Vale la stessa cosa. Anche per l’idrossiclorochina non possiamo dire che ci sia consenso sulla sua efficacia. Ecco perché questi due anti-malarici oggi sono poco considerati.
Il remdesivir ha fornito risultati migliori, vero?
Ci sono dati positivi, perché è un farmaco chiamato terminatore di catena, cioè impedisce alla collana di formare altre collane.
Sono in corso altre ricerche promettenti? Potremo avere presto altri farmaci efficaci e sicuri?
Sono in corso altri studi in tutto il mondo, in fase 2 o a inizio fase 3, ma sono ancora molto prematuri.
Il comun denominatore dei farmaci è che vengono utilizzati nella fase precoce della malattia. Ma quando questa è in fase avanzata?
Per il momento non esistono terapie specifiche, perché la malattia progredisce ed è più facile arginarla quando è in una fase precoce.
I vaccini fanno i conti con le varianti. Anche i farmaci?
No. In generale tutte le terapie farmacologiche prima vengono somministrate, più efficaci sono, perché prevengono le complicanze.
Paracetamolo e vigile attesa sono i capisaldi dell’attuale terapia domiciliare anti-Covid. Secondo lei, è ancora valida o dovrebbe essere integrata, aggiornata, modificata?
Credo proprio che sia venuto il momento di rivedere questo protocollo, alla luce di tutte le numerose conoscenze ed evidenze scientifiche che stanno emergendo. E gli enti regolatori stanno già prendendo in considerazione altre molecole.